di Beppe Giuliano
Cifra tonda. Capitolo 13
Quando la nazionale di calcio esordisce all’Olimpiade di Anversa del 1920, primi giochi dopo la Grande Guerra, con un 2-1 non così brillante contro l’Egitto, è Alessandria a risolvere la partita.
Segna infatti il primo nostro gol Adolfo Baloncieri, che ha esordito in azzurro pochi mesi prima ed è (parola di Brera) “uno dei più classici giocatori prodotti a tutt’oggi dal nostro calcio”, mentre Frossi lo reputava anche migliore di De Vecchi, il “figlio di dio” che stabilì il primo grande record di trasferimenti quando nel ‘13 andò dal Milan al Genoa per la folle cifra di 24.000 lire.
E raddoppia Guglielmo Brezzi, allora in forza al Genoa, destinato a rincasare in maglia grigia proprio dopo l’Olimpiade.
Brezzi, nato a Castelceriolo, torna per affiancare in attacco appunto il cugino Baloncieri (e subito faranno 29 gol in due). Sarà breve purtroppo non solo la carriera di Brezzi, che ammalatosi dovrà smettere col fútbol non ancora venticinquenne, ma la sua stessa vita. Morirà infatti a Castelceriolo nell’aprile del 1926. “Imponenti onoranze funebri – scrive ‘La Stampa’ – sono state tributate alla salma del foot-baller nazionale Guglielmo Brezzi: molte corone e molte società sportive tra cui il Torino, il Genoa e la Sampierdarenese e quelle locali al completo”.
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Ad Anversa, dove andiamo grazie a una sottoscrizione della Gazzetta dello Sport che raccoglie 600mila lire per incrementare l’insufficiente stanziamento del governo Giolitti che ne aveva messi 100mila, tra alti e bassi “diamo di capo nel leggendario Zamora e non la spuntiamo proprio” (sempre parola di Brera) dopo quattro partite, e un altro gol di Brezzi. Non va molto meglio a Parigi 1924 perché ci facciamo eliminare dalla Svizzera, che comunque è da rispettare visto che arriva fino a giocarsi la finale e a perderla contro il formidabile Uruguay che ha già in campo il capitano Nasazzi e i vari Scarone, Petrone e Cea, e la “maravilla negra” Andrade.
Saranno proprio gli uruguagi all’Olimpiade di Amsterdam 1928 a batterci 3 a 2 in una semifinale che resta una delle partite più belle giocate dagli azzurri negli anni venti, e il grigio in azzurro in quella edizione è di nuovo molto presente.
A cominciare dall’allenatore che aveva fin dal ‘25 sostituito Vittorio Pozzo. Si tratta infatti di Augusto Rangone: fondatore, dirigente, tecnico dell’Alessandria U.S. ma anche arbitro e più avanti (proprio come il collega Pozzo) giornalista.
Si porta ad Amsterdam Elvio Banchero, attaccante di finezza, tuttora uno dei goleador principi con la maglia grigia, che lascerà proprio dopo i Giochi per passare al Genoa, e che da Amsterdam si congeda con al collo la medaglia di bronzo cui contribuisce segnando una tripletta nella “finalina” contro l’Egitto, contro cui curiosamente inizia a finisce la storia olimpica di Baloncieri, che aveva segnato nel ‘20 e aggiunge due gol otto anni dopo. Il Commendatore era nel frattempo passato al Torino, per una cifra record di ben settantamila lire.
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Il bilancio finale olimpico dei grigi degli anni venti è:
– Adolfo Baloncieri, 3 edizioni, 1 medaglia di bronzo, 11 presenze e 9 gol (uno discusso, perché l’Almanacco del calcio scrive di autogol di Vallana sul suo tiro, nella vittoria 1-0 contro la Spagna a Parigi);
– Elvio Banchero, 1 edizione, 1 medaglia di bronzo, 2 presenze, 4 gol (tripletta nell’11-3 con l’Egitto)
– Guglielmo Brezzi, 1 edizione, 3 presenze e 2 reti.
Questa storia ha un’appendice, quaranta anni dopo Anversa, quando l’Olimpiade approda a Roma, nel 1960. Un’edizione per niente fortunata visto che perdiamo in semifinale, peraltro come ad Amsterdam dopo una partita giocata bene e che meritavamo di vincere, eliminati crudelmente dal sorteggio che risolve l’1-1 finale quando ancora non si tiravano i rigori per decidere la qualificazione.
Durante il torneo il Milan acquista infatti, proprio per girarlo all’Alessandria, il centravanti Giovanni Fanello, che stabilirà subito un record nel campionato di B segnando 26 gol in 38 partite, mentre fa la strada opposta Gianni Rivera, dopo aver disputato l’ultimo campionato in A della storia grigia. Rivera ha compiuto 17 anni ed è la stella indiscussa della squadra olimpica. Inizialmente si pensa addirittura di schierarlo centravanti, anche se usa la testa più per pensare che per colpire il pallone, come scrive Brera (che non lo ha ancora ribattezzato “abatino”). Poi si sceglie di farlo partire all’ala destra con licenza di rientrare e tirare in porta.
Rivera e Fanello segnano tre dei quattro gol nell’esordio vittorioso contro Taiwan, il ragazzo di Valle San Bartolomeo aggiunge un’altra rete quando battiamo 3-1 il Brasile. Peccato per Fanello escluso dalla formazione della semifinale, magari avrebbe potuto risolverla lui contro i futuri campioni.
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Questa storia verrà ampliata nella newsletter ‘5 cerchi quante storie’ https://5cerchiquantestorie.wordpress.com/
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