Giorgio Merula: un umanista alessandrino alla Corte Sforzesca [Alessandria in Pista]

di Mauro Remotti

 

 

Giorgio Merula[1] nasce ad Alessandria, sul finire del 1430 e gli inizi del 1431, da Giovanni appartenente alla nobile famiglia dei Merlani. In seguito decide di latinizzare il cognome in Merula, una gens romana da cui ritiene discendano i Merlani.

Poco si conosce a proposito dei suoi primi anni di vita; sin da subito l’esistenza di Merula è caratterizzata da frequenti spostamenti sia per motivi di studio sia per soddisfare i numerosi committenti.

Dal 1444 al 1446 frequenta corsi di filosofia e filologia a Milano sotto la guida di Francesco Filelfo[2], il quale avrà una notevole influenza sulla sua formazione umanistica.  Si sposta quindi a Mantova per seguire le lezioni dell’ellenista Gregorio Tifernate[3], accrescendo le già notevoli competenze nelle lingue e nelle letterature classiche; più tardi è a Venezia dove apre una scuola privata per poi approdare a quella più prestigiosa di San Marco.

Di carattere litigioso con il gusto per l’invettiva, peraltro in linea con un costume diffuso all’epoca, viene coinvolto in molteplici polemiche con vari umanisti. In particolare, dopo aver curato un’edizione degli epigrammi di Marziale, riceve le critiche accese da parte di Domizio Calderini[4]. Merula replica con un opuscolo, Adversus Domitii commentarios in Martialem, e si scaglia anche contro il letterato Galeotto Marzio[5] che aveva conosciuto durante il giubileo del 1450.

Successivamente attacca con violenza Filippo Beroaldo il Vecchio[6] nelle Annotationes in Beroaldum  e Poliziano[7], accusandolo di aver plagiato i suoi scritti nei Miscellanea.

Il periodo veneziano è comunque molto significativo per la sua attività di erudito e filologo, attentissimo a esaminare e interpretare le opere degli autori classici latini e greci. Allestisce varie edizioni, tra le quali, alcune di Marziale, De finibus bonorum et malorum di Cicerone, lavora sugli Scriptores rei rusticae (Catone, Varrone, Columella e Palladio) e  intorno a venti commedie di Plauto (tratte da un volume da lui ritrovato a Firenze). Commenta, altresì, vari testi quali le Satire di Giovenale.

Su invito di Ludovico il Moro[8] si trasferisce a Pavia, dove risiede dal 1483 al 1485, insegnando nello Studium locale. Il duca lo incarica di redigere una storia della famiglia Visconti intitolata Antiquitates Vicecomitum o Historia Vicecomitum, in merito alla quale l’amico Ermolao Barbaro[9] gli raccomanda di usare prudenza. Purtroppo Merula non riesce a portarla a termine: scrive soltanto la prima decade e i quattro primi volumi della seconda. La storia inizia con la fondazione di Milano e arriva sino alla battaglia di Parabiago del 1339 , ossia quasi cent’anni prima dell’estinzione della dinastia con Filippo Maria. L’opera ha il grande pregio di utilizzare fonti, cronache e documenti ora scomparsi, e viene considerata tra le più importanti che abbia prodotto la storiografia del XV secolo.

Nell’occasione, può pure compiere approfondite ricerche nel territorio del ducato di Milano e quindi presso la sua città natale che commemora nella Descrizione del Monferrato.

Poco prima di morire è protagonista, insieme all’amanuense Giorgio Galbiate, di una sensazionale scoperta nel monastero di San Colombano a Bobbio: ritrova, infatti, settanta componimenti greci e latini, ora noti con il nome di Epigrammata Bobiensia, che entrano a far parte della sua ricca biblioteca. Attraverso un atto testamentario, Merula manifesterà comunque la propria volontà di lasciare parte della sua collezione libraria (i testi latini) alla chiesa di San Marco[10] di Alessandria; la restante parte (i volumi greci) a Ludovico il Moro. In realtà, per volontà ducale, tutti i libri verranno messi a disposizione del continuatore dell’opera storica, l’allievo Tristano Calco[11].

Merula rimane presso l’Accademia milanese fino al 1494, anno della sua scomparsa a causa di un cancro alla lingua.  Esequie solenni vengono celebrate nella chiesa di sant’Eustorgio; al discepolo Lancino Corte[12] spetta il compito di scrivere l’epitaffio scolpito sul sepolcro[13] presso l’altare maggiore della medesima chiesa.

“A questo più illustre dei suoi figli Alessandria” – come sottolinea ironicamente Fausto Bima[14] – “ha dedicato un vicolo”, che si trova tra piazza Marconi e via Lanza[15].

 

 

 

 

[1] Ferdinando Gabotto, Angelo Confalonieri, Vita di Giorgio Merula, Tipografia Jacquemnd, 1893.

[2] Francesco Filelfo (Tolentino, 25 luglio 1398Firenze, 31 luglio 1481) contribuisce a diffondere la cultura umanistica nell’ambiente lombardo. Tra le sue opere più importanti, le Satyrae.

[3] Gregorio Tifernate, noto anche come Gregorio da Città di Castello (Cortona, 1414Venezia, 1462), filologo, grecista e umanista.

[4] Domizio Calderini (Torri del Benaco, 1446Roma, 1478), segretario apostolico di papa Sisto IV. Cura un’edizione delle Silvae di Papinio Stazio e redige alcuni commenti alle opere di autori latini.

[5] Galeotto Marzio (Narni, 1427Boemia, 1490), umanista.

[6] Filippo Beroaldo, il Vecchio, (Bologna, 14531505), professore di retorica e poesia. Appronta diverse edizioni di testi classici ricche di erudizione antiquaria.

[7] Agnolo (Angelo) Ambrogini, detto Poliziano (Montepulciano, 14 luglio 1454Firenze, 29 settembre 1494), poeta e filologo. La sua opera più nota s’intitola: Stanze cominciate per la giostra del magnifico Giuliano di Piero de’ Medici.

[8] Ludovico Maria Sforza detto il Moro (Milano, 27 luglio o 3 agosto 1452Loches, 27 maggio 1508) , duca di Bari, poi reggente del Ducato di Milano affiancando il nipote Gian Galeazzo Maria Sforza, infine duca dal 1494 al 1499.

[9] Ermolao Barbaro, detto il Giovane, (Venezia, 21 maggio 1454Roma, 14 giugno 1493), umanista e filosofo. Patriarca di Aquileia e diplomatico al servizio della Repubblica di Venezia.

[10] Risale al XIII secolo. A seguito dell’occupazione napoleonica, è adibita a magazzino militare. Nel 1805, dopo l’abbattimento del vecchio duomo, viene ristrutturata, ampliata e destinata a massimo tempio cittadino.

[11] Tristano Calco (Milano, 1455).  La sua opera più nota è il Mediolanensis historiæ libri XX.

[12] Lancino Curti, citato anche come Corte, (Ducato di Milano, … – Ducato di Milano2 febbraio 1512) , poeta in lingua latina e autore di epigrammi.

[13] “Vizi aliit inter spinai mundique procella. Nunt hospes caeli Merula vivo mihi”

[14] Fausto Bima, Storia degli Alessandrini, Tipografia Ferrari-Occella & C., Alessandria, 1965

[15] Vicolo comunque noto a generazioni di alessandrini perché sede del mitico locale “Il Buco” dove si poteva mangiare la “bellecalda”. Secondo la vulgata popolare, Savino Toschi arrivò dal pistoiese in Alessandria ai primi del ‘900 insieme al fratello gemello Michele. Il primo aprì un negozio in via Bergamo, il secondo in via Merula.