La comunità ebraica alessandrina tra Settecento e Ottocento [Alessandria in Pista]

di Mauro Remotti

 

 

Nei primi giorni del mese di dicembre 1798 le truppe francesi, al comando del generale Barthélemy Catherine Joubert[1], occuparono il Piemonte costringendo il re Carlo Emanuele IV di Savoia ad abdicare e intraprendere la via dell’esilio in Sardegna. I valori propugnati dalla Rivoluzione francese – sintetizzati nel celebre motto repubblicano Liberté, Égalité, Fraternité – vennero estesi anche agli ebrei. Come rileva Aldo Perosino: “Agli ebrei furono concesse tutte le libertà: libertà di adire alle cariche pubbliche, di far parte dell’esercito, di accedere ad ogni grado di studi, compresa l’Università […]Ebbero il diritto di acquistare immobili, di uscire dal ghetto e naturalmente di non usare il segno giallo.” [2]

Qualche mese più tardi, il generale di brigata Bertrand Clauzel[3], su ordine di J.M. Mousset, commissario politico e civile del governo francese in Piemonte, nominò i membri della nuova municipalità alessandrina, che per la prima volta comprendeva una persona di religione ebraica: Lelio Vitale fu Salomon[4] facente parte della Società patriottica[5] e della Commissione per raccogliere fondi a beneficio dell’armata francese[6].

Il governo favorì la partecipazione attiva anche di altri esponenti della comunità ebraica cittadina, tra i quali, come ricorda sempre Perosino: Abram Vitale (membro del Comitato delle requisizioni e impresario delle caserme militari); Bonaiuto, Israel e Jacob Pugliese, Abram Raffaele della Torre (tra i maggiori contribuenti nelle sottoscrizioni); Samuel David Pugliese (traduttore, giurato, commissario ai convogli militari e cancelliere del tribunale civile); Abraam  Montel (segretario di Stato maggiore del generale Colli, esattore delle imposte e dei dazi municipali).

Tale municipalità ebbe però vita brevissima. Il 26 maggio 1799 Alessandria venne assoggettata dall’esercito austro-russo che pose l’assedio alla cittadella: i 1.800 difensori si arresero di lì a poco tempo. Il comando della città fu assegnato al conte di Sonnanz. Il re sabaudo ripristinò le vecchie disposizioni oppressive nei confronti della comunità ebraica, multandola con una grossa somma di denaro. Inoltre, furono stilati elenchi di polizia in cui vennero iscritti come accusati numerosi giudei piemontesi, tra i quali diversi alessandrini.

Dopo la vittoriosa battaglia di Marengo i francesi ritornarono a impadronirsi del territorio alessandrino. Agli ebrei vennero confermati i diritti commerciali a fronte però di un notevole contributo finanziario che nel 1803 assommava a ben 50.000 lire.

Un prospetto statistico dell’epoca, comprendente le relazioni familiari e la professione, testimonia la presenza di 92 famiglie di religione ebraica per un totale di 550 persone, con soli nove nomi diversi: Amar, Debenedetti, Della Torre, Foa, Levi, Montel, Pugliese, Torre e Vitale.

Il vecchio ghetto venne urbanisticamente ristrutturato secondo criteri di funzionalità e decoro edilizio. “Tra le più vistose modifiche viarie si ebbe l’apertura del tratto di via Vochieri situato tra piazzetta della Lega e via Trotti; fu ampliata la parte di via Migliara (allora detta strada dell’Oratorio) che va da via Vochieri a via Milano, con relativa soppressione della strettoia […]; fu rettificato e allargato anche il primo tratto delle vie Milano e Migliara. Inoltre, con l’apertura del nuovo tratto di via Vochieri, fu chiusa la viuzza che tagliava in due il ghetto e andava dall’ang. di via Trotti all’inizio di via Milano [7]

Nel tentativo di riconoscere agli ebrei il diritto a essere rappresentati, ma soprattutto per porre le istituzioni giudaiche sotto il proprio diretto controllo, l’imperatore francese convocò nel 1806 a Parigi un’assemblea di 111 notabili di cui tredici piemontesi. Le conclusioni furono sottoposte al vaglio di un sinedrio convocato nel febbraio dell’anno successivo. Le delibere finali vennero poi trasposte in norme che disciplinavano dettagliatamente la nuova organizzazione e sancivano l’ebraismo come terza religione ufficiale[8].

Le comunità ebraiche piemontesi furono divise in due dipartimenti (in ogni dipartimento dovevano risiedere almeno 2.000 persone) rette da un concistoro composto da un gran rabbino, un rabbino e tre notabili di nomina elettiva. L’Università[9] di Alessandria venne annessa al concistoro del Monferrato, insieme alle comunità di Casale, Vercelli, Torino, Biella, Ivrea, Moncalvo, Asti, Nizza Monferrato, e Acqui. Dal 1812 l’alessandrino Moise Zecut Levi Deveali divenne rabbino capo del concistoro del Monferrato.

A seguito della caduta di Napoleone Bonaparte, il nuovo sovrano sabaudo, Vittorio Emanuele I (detto il Tenacissimo), sottopose i semiti alle usuali vessazioni: espulsione dalle scuole pubbliche, proibizione di costruire nuove sinagoghe e di tenere domestici cristiani, oltre a un ingente prestito forzoso. Per di più, ripristinò il ghetto (sebbene molte famiglie cristiane avessero nel frattempo comprato casa proprio in quell’area) e vietò il possesso d’immobili. L’espansione economica ebraica negli anni precedenti aveva però creato situazioni difficilmente reversibili. Pertanto, le proprietà acquistate dagli ebrei durante il periodo napoleonico saranno mantenute per evitare il loro deprezzamento sul mercato.

Sino alla promulgazione dello Statuto Albertino nel marzo 1848, che sanciva la piena emancipazione civile degli ebrei nel Regno di Sardegna, le uniche disposizioni finalizzate all’integrazione e al conferimento di diritti alla popolazione ebraica furono l’abolizione definitiva del segno distintivo e la facoltà per i notabili di acquisire titoli nobiliari. Nel successivo mese di giugno, la legge Sineo dispose il pieno riconoscimento anche di quelli politici[10]. L’acquisita parità si tradurrà in una proficua partecipazione alla vita sociale con un forte impegno nel processo risorgimentale.

 

 

[1] Barthélemy Catherine Joubert (Pont-de-Vaux, 14 aprile 1769Novi Ligure, 15 agosto 1799) generale francese che morirà nella battaglia di Novi.

[2] Aldo Perosino, Gli ebrei di Alessandria, Isral, 2002, pag.21.

[3] Bertrand Clauzel o Clausel (Mirepoix12 dicembre 1773 – Cintegabelle21 aprile 1842), militare e politico francese, fu uno dei fedelissimi di Napoleone Bonaparte.

[4] Con l’avvento della Restaurazione, Lelio Vitale, che era stato un sostenitore del governo francese, si convertì al cristianesimo insieme al figlio, molto probabilmente per ragioni di natura economica.

[5] La Società patriottica era un circolo avente sede nella chiesa dei Santi Lucia e Paolo.

[6] Lorenza Lorenzini e Marco Necchi, Alessandria Storia e Immagini, Il quadrante, 1982.

[7] Claudio Zarri, Alessandria da scoprire, Ugo Boccassi Editore, 1994, pagg.132-133.

[8] Duecento anni dal Sinedrio di Napoleone, articolo pubblicato su Bet Magazine Mosaicom il 15 luglio 2007, www.mosaico-cem.it

[9] L’Università era l’ente che provvedeva al culto e alla beneficenza, vigilava sui propri aderenti e li rappresentava di fronte allo Stato.

[10]Legge 29 giugno 1848, n. 735 con cui si stabilì che “la differenza di culto non forma eccezione al godimento dei diritti civili e politici e all’ammissibilità alle cariche civili e militari”.