Coronavirus, la ricerca medico-farmaceutica italiana si conferma un’eccellenza [Piemonte Economy]

di Cristina Bargero

 

 

La  città di Whuan, che conta oltre 11 milioni di abitanti  (per farsi un ordine di grandezza circa un milione in più dell’intera Lombardia),  e molte regioni della Cina sono isolate e messa a dura prova  dalla diffusione del 2019-nCoV, un nuovo ceppo virale appartenente alla famiglia dei coronavirus  precedentemente mai identificato nell’uomo, che provoca febbre, tosse, difficoltà respiratorie, e, nei casi più gravi,  polmonite  e insufficienza renale, con esiti che possono essere anche letali.

Ad oggi, secondo i dati divulgati dall’Istituto Superiore di Sanità, i casi confermati in Cina sono 17.383, in Europa 25, in Italia 2. I decessi avvenuti tutti nella Repubblica popolare cinese ad oggi sono 362.

Il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie nel risk assessment del 31 gennaio considera “moderata/alta in Europa” la probabilità di nuovi casi  importati di  2019-nCoV, mentre tra molto bassa e bassa un’ulteriore trasmissione uomo-uomo in caso di diagnosi precoce  corretto trattamento assistenziale dei casi importati.

Più veloce del contagio si sta diffondendo la psicosi, per cui nelle farmacie dello Stivale è quasi impossibile trovare una mascherina.

Ma altrettanto velocemente la scienza si sta prendendo una rivincita nei confronti dei suoi nemici. All’Istituto Spallanzani di Roma, così come al Pasteur di Parigi e in Australia è stato isolato il coronavirus da parte di diverse equipe di ricercatori, il che lascia ben sperare nella possibilità di trovare una cura o un vaccino adatti a debellarlo.

I metodi di ricerca si stanno evolvendo da anni grazie a una forte interazione tra il settore pubblico e quello privato. Proprio a tal proposito la spesa in ricerca e sviluppo dal 2000 ad oggi è più che raddoppiata. A livello mondiale nella pipeline vi sono 15.000 nuovi farmaci di cui ben 7.000 già in fase clinica; inoltre il settore Life Science risulta il primo per Ricerca e Sviluppo con investimenti tra il 2019 e il 2024 stimati per 1.000 miliardi di dollari.

In Europa tra le 1000 aziende che più investono in R&S, 191 sono da annoverare nel settore health care e pharma; tra le cinque italiane vi è anche Diasorin, con più di 40 milioni di euro di investimenti tra il 2017 e il 2018. Del resto anche nel nostro paese le imprese del farmaco nel 2018 hanno investito in Ricerca e Sviluppo 1.650 miliardi di euro (il 7% sul totale in Italia): la ricerca italiana è specializzata in particolare nei farmaci biotech e orfani e nei vaccini.

La Regione in cui le aziende spendono di più in ricerca sono Lombardia e Emilia: il Piemonte è al 7° posto con 33 milioni di euro.

 

Investimenti in Ricerca e sviluppo nella farmaceutica (valori in milioni di euro)

  Ricerca e sviluppo farmaceutica Peso sul totale dell’economia
Lombardia 440 9,2%
Emilia Romagna 407 13,5%
Lazio 319 10,2%
Toscana 275 18,6%
Veneto 77 3,9%
Abruzzo 44 13,7%
Piemonte 33 1,2%
Campania e Sicilia 22 1,1%
Friuli Venezia Giulia e Trentino 22 2,1%
Marche 11 2,6%
Totale 1.650 7,1%

Fonte Federfarma 2018

La ricerca, oltre a rendere più competitivo un paese, dà un contributo enorme nel debellare virus letali e la pandemia, oggi forse più pericolosa, il rifiuto della scienza.