Chi ha paura di Samara Morgan? [Il Superstite 440]

ATO6: "Crisi idrica, i cittadini siano più parsimoniosi con l'acqua" CorriereAl 1di Danilo Arona

 

Samara Morgan, versione americana del personaggio giapponese di Sadako Yamamura e protagonista dell’universo cinematografico di The Ring (Tre film e un corto), pareva definitivamente relegata nella dimensione della memoria, quand’ecco che in Italia un meccanismo virale quasi di massa e partito ça va sans dire dai social la riporta alla ribalta, stavolta della cronaca, con effetti e considerazioni a loro modo inquietanti. Battezzata (ma da chi?) Samara Challenge, la faccenda vede in azione notturna giovani femmine travestite da Samara (veste lunga bianca ospedaliera e parruccona nera) che compaiono in diverse zone d’Italia, un po’ annunciate e un po’ all’improvviso, con tanto di videomaker sempre presenti, allo scopo di spaventare il prossimo. Sembra che la storia sia partita da Catania per diventare un fenomeno che grazie al web si è moltiplicato a macchia d’olio in diverse zone dello stivale (Roma, Foggia, Catanzaro, Taranto, Lecce, Ciociaria, Civitanova Marche, Andria, Lamezia Terme, Manduria, Latina, San Benedetto, Nocera Inferiore, Bisceglie, Grosseto, Termoli e la finisco qui). Psicosi? Goliardia? Effetto Creepypasta? Di certo, più che paura, in diversi casi la Samara Challenge ha provocato reazioni violente con bande di ragazzotti fulminati lanciate alla caccia del “fantasma” con tanto di mazze e randelli. Interrogato al proposito, il professore Davide Bennato, docente di Sociologia dei processi comunicativi all’Università di Catania, ha ricordato che una classica Challenge è una sfida che viene lanciata in rete con lo  scopo di spingere alla diffusione di modelli di azione onde produrre video, foto, meme eccetera. E la Challenge di Samara ricorda appunto i video del genere Creepypasta, ovvero finti video realistici in cui si usa il soprannaturale per spaventare le persone. Video che hanno preso a circolare in rete, riversando sulle strade gruppi di persone, chi buontempone chi malintenzionato. Secondo Bennato, il tutto fa  parte del meccanismo della Challenge: coinvolgere le persone a diverso titolo, come partecipanti, curiosi, e chi più ne ha più ne metta. «Le violenze contro le ragazze travestite non si sono verificate dappertutto – ricorda il professore –, ma in alcuni quartieri particolari (a Catania, ma non solo) in cui è forte l’appartenenza alla comunità locale e il controllo del territorio. In pratica, le reazioni ostili alla Samara Challenge si spiegano come un meccanismo di controllo dello spazio del quartiere nascosto dalla giustificazione ‘fa paura ai bambini’. In realtà il vero messaggio è: «in questo quartiere non possono accadere cose che non vogliamo/non capiamo senza il nostro permesso». Controllo malavitoso contro i travestimenti horror? Mah…

Ho chiesto al riguardo l’autorevole parere dell’amico Paolo Toselli:

«Il fenomeno, che ricorda le apparizioni dei “clown picchiatori” dell’autunno 2014, è sicuramente, nel suo genere, tra i più interessanti degli ultimi anni e il Ceravolc lo sta seguendo con attenzione. Fa tornare anche alla mente le numerose cacce ai fantasmi che nei primi decenni del XX secolo registrarono le cronache nostrane, con la differenza che ora grazie a Internet e agli smartphone tutto si diffonde più rapidamente, comprese le immagini e i filmati delle comparsate (ormai centinaia in tutta Italia dalla Sicilia all’Emilia, Sardegna compresa). Tutto ciò favorisce l’emulazione, ma anche la voglia di partecipare. Di fatto, sarebbe molto interessante approfondire gli episodi collaterali di veri e propri sciami di persone che si radunano per vedere Samara o che la inseguono, sovente con intenzioni bellicose. Il proliferare di queste psicosi ha causato anche numerosi falsi avvistamenti, oltre alla contaminazione con altre leggende metropolitane come quella dei rapimenti di adolescenti. Ad esempio, a Bagnolo Cremasco, in provincia di Cremona, una giovane ha affermato che lo spettro, accompagnato da una station wagon nera con un uomo a bordo, avrebbe tentato di portarla via: tutto falso. Condivido infine la definizione fornita dall’antropologo e amico Marino Niola: “un gioco collettivo con il terrore, nel tentativo di esorcizzarlo, di trasformarlo in fiction”».

Un fatto mi pare incontestabile: pur essendo un personaggio fantastico degno dell’umana pietà per essere stata scaraventata in un pozzo da viva, Samara nel rapporto fictional tra realtà e fantasia non ha mai incontrato eccessive simpatie. Forse perché evocava un virus (e di conseguenza) la malattia, forse perché il suo look inquietava sul serio e ancor di più la sua genesi (è vera figlia di quel cyber-nulla che tende a controllare spiriti e menti), può accadere (ed è accaduto) che ritrovarsela materializzata di notte in mezzo alla strada sia un evento in grado di scatenare il peggio di ognuno sepolto nell’inconscio collettivo. Se le cose stanno così, purtroppo è il caso di annotare che il Medio Evo, per quanto tecnologico, sta tornando. Alla faccia di un mitizzato progresso.