Un anno di sport [Lettera 32]

Giuliano Beppedi Beppe Giuliano

 
Quando ero ragazzino, e di sport in tivù se ne vedeva molto meno (non era necessariamente un male), il programma di fine anno che in un’ora raccontava per immagini tutti i fatti dell’anno lo aspettavo e facevo di tutto per non perdermelo (non c’erano neanche i videoregistratori, pensate!).

Ecco, lo dovessi preparare oggi queste sono, per ogni trimestre, le storie che possono raccontare il nostro anno di sport (e anche noi e la nostra società, mi pare).
Primo trimestre: Roger e Serena Un anno di sport [Lettera 32] CorriereAl 1  

Gli Australian Open non sono il torneo più importante dell’anno né il più seguito, ma quest’anno ci hanno dato una doppia storia, umana prima che sportiva, unica.

Roger Federer non vinceva più un grande torneo dal 2012. A trentacinque anni e mezzo lo tenevamo lì come una specie di testimonianza. L’ultimo giocatore di classe pura in uno sport peggiorato e reso più noioso dalla tecnologia. Era uscito dai primi dieci al mondo dopo quindici anni, ci preparavamo insomma con mestizia alla sua festa della pensione. Invece, boom!, vince la finale battendo il solito rivale Nadal, segnale della sua stagione migliore in un decennio, in cui va pure a prendersi, come un re che torna trionfalmente dall’esilio, una volta ancora il “suo” Wimbledon.

Tutti i titoli sarebbero per lui se non fosse che Serenona (copyright Gianni Clerici) Williams, vincitrice del singolo femminile, annunciandoci qualche mese dopo (naturalmente sui social dove è protagonista) che doveva fermarsi per via della gravidanza, fatti due conti ci fa pure scoprire che quando ha vinto a Melbourne Park già aspettava, confermando una volta ancora di essere un po’ più che umana.
Un anno di sport [Lettera 32] CorriereAl 2Secondo trimestre: il portierino e Fausto l’immortale

Lo scherzo del primo aprile, purtroppo venuto benissimo, nel 2017 lo ha fatto il portierino a tutta una città, o almeno a tutto il popolo grigio, che alle sofferenze è pure abituato ma quest’anno ne ha vissuta una che difficilmente dimenticheremo, e che a oggi non abbiamo certo superato. È stato uno stillicidio il 2017 grigio ma il simbolo, il momento in cui quel che stava succedendo è stato evidente e inevitabile, ci si è palesato davanti agli occhi al maledettissimo nono minuto del secondo tempo della partita del primo di aprile quando (come sta scritto sul loro sito web: sì, davvero, ne hanno uno!): “la Giana raddoppia in maniera pazzesca: il portiere dell’Alessandria, pronto per il rinvio dal fondo, appoggia palla a terra ma attende, credendo che il gioco sia fermo; Bruno approfitta dell’incertezza di Vannucchi e…”.

A maggio una tappa del Giro d’Italia è partita da Castellania. Ho avuto modo di vedere quanto il Giro, quanto il ciclismo siano ancora straordinariamente popolari, nel senso più proprio del termine, ho visto le migliaia di persone radunarsi lì, per una festa, un affollatissimo picnic sull’erba, nel nome di campioni e di gregari amati per il grande sforzo che ogni giorno fanno, avvertiti come normali “vicini di casa” in un’era in cui per esempio i grandi del calcio o dell’automobilismo sono distanti come divi del jet-set. Mentre, quasi sessant’anni dopo la sua fine terrena, resta unico l’amore sconfinato nel ricordo davvero immortale, e trasmesso di generazione in generazione, di Fausto Coppi.
Terzo trimestre: Leo, lo zar e UsainUn anno di sport [Lettera 32] CorriereAl 3

Il grande colpo di luglio è stato, a sfogliare le prime pagine dei giornali sportivi, letti più durante il calciomercato che negli altri mesi, il passaggio di Bonucci al Milan dalla Juventus, dove era considerato il più forte dei difensori (Bonuccembauer), per venire subito declassato a principale colpevole della pesante sconfitta nella finale della Champions (una ferita che ancora fatica a rimarginarsi). Una operazione di mercato che, per ora, ha visto perdere tutti quanti.

Negli stessi giorni, sfogliando le pagine interne, era un chiaro segno dei tempi l’esclusione dalla nazionale del nostro più forte pallavolista, lo zar Zaytsev. Fuori dagli Europei per una decisione non tecnica, dovuta a una diatriba sulla sponsorizzazione dei suoi scarpini da gioco. E quindi fuori l’Italia molto male dagli Europei. Figuraccia il titolo dei giornali dopo la débâcle contro il Belgio. Una sconfitta cercata, per ragioni meschine, in un anno che come vedremo si chiuderà per il nostro paese con la più meschina delle sconfitte sportive.

Ma noi siamo solo “un’espressione geografica” (copyright von Metternich) nel mondo.

Mondo ad agosto tutto concentrato a guardare l’ultima passerella di Usain Bolt, forse il più grande corridore veloce della storia. Che a Londra doveva salutarci voltandosi ancora una volta indietro a osservare gli avversari battuti, ed invece se ne è andato zoppicando, incapace di tagliare il traguardo dell’ultima gara. Le mitologie si basano anche sulle sconfitte, d’altronde.
Un anno di sport [Lettera 32] CorriereAlQuarto trimestre: la Zanda e “Sventura”

Cecilia Zandalasini, una ragazza di ventun’anni nata a Broni, neanche troppo alta (1 metro e ottantacinque) ha vinto il titolo della NBA femminile, il massimo risultato per un cestista. Simbolo la Zanda di tante giovani ragazze che, lontano dalla luce dei riflettori, con grande sacrificio, ogni giorno si allenano per ottenere risultati eccezionali.

Mentre gli azzurri del calcio riuscivano a non qualificarsi ai campionati mondiali, dopo quattordici edizioni consecutive di cui due vinte. Sotto l’ineffabile guida del duo Tavecchio e Ventura, due anzianotti evidentemente lì per relazioni (poco chiare) e non per meriti. Infatti prima ancora dell’imbarazzante spareggio coi mediocri svedesi, la partita del Bernabeu in cui la Spagna ci ha umiliato dimostrava che avere vinto anni fa un campionato con l’Entella palesemente non fa sufficientemente curriculum per allenare in modo competitivo una delle nazionali più quotate del mondo.