Oggi, sulle pagine di ALlibri, la gradita presenza di Alex Rebatto, un autore che, a sentire lui, ha “collaborato nei limiti della legalità” con Renato Vallanzasca, oltre ad essere stato coautore del romanzo biografico Francis (Milieu Editore), dedicato alle gesta del boss della malavita Francis Turatello, testo ormai giunto alla quarta ristampa. Dopo aver pubblicato il romanzo Nonostante tutto (per mesi in classifica Amazon) nel 2016 ha pubblicato per Algama Edizioni il romanzo utopico 2084.
L’estratto letterario di oggi si riferisce al recentissimo Napoleone e la bufera pubblicato da Algama Edizioni proprio in questo mese di ottobre.
La storia si sviluppa nella provincia di Modena. Una violenta bufera di neve si scatena su Roncolo quando una donna viene ritrovata morta a due passi dall’osteria di Napoleone. Il commissario Veniero comincia ad indagare sul passato oscuro della vittima. Le voci di paese si rincorrono, riportando a galla misteri sopiti dagli anni. Intanto l’oste, assieme ai suoi amici, il reverendo, il dottore ed il barbiere discutono sul caso assaporando un piatto di stufato fumante davanti al camino. La bufera imperversa. Investigatori privati giunti dalla città, un rapimento risalente e a vent’anni prima, uno strano triangolo amoroso…
I quattro amici ascoltano, seguono le tracce. Si ritrovano a passare una notte prigionieri della neve, all’interno dell’osteria, e la loro amicizia diventa complicità. Rivangano il passato, ricordano la precedente terribile bufera, bevono come spugne e, alla fine, risolvono il caso. Ma siamo certi che sia andata proprio così?“.
Napoleone e la bufera non è un romanzo poliziesco. E’ la storia di un legame tra quattro amici. Questo manoscritto, recuperato in maniera alquanto insolita, nasconde un terribile segreto. Cosa avvenne, realmente, durante quell’indimenticabile bufera?
“Era lì, in disparte, che seguiva a debita distanza la cerimonia. Non sembrava particolarmente affranto o qualcosa del genere. Solo curioso. Naturalmente potrei anche sbagliarmi. Ad un certo punto ha fatto dietrofront, forse perché si è accorto che lo stavo guardando con insistenza, e si è fermato a lasciare un fiore su una tomba. Poi se n’è andato. Chi vuole ancora due patate?”
Il medico sollevò una mano, pensieroso, e si riempì il bicchiere di Sangiovese.
“E tu hai controllato il nome sulla lapide, vero?”
“Ovvio” rovesciò una manciata di patate novelle sul piatto “Carlo Paolini, diceva.”
Il medico sgranò gli occhi e poi batté una manata sul tavolo. Una patata saltò fuori e trovò asilo sul pavimento.
“Carlo Paolini!” ridacchiò scuotendo il capo “Non capite?”
Il reverendo e il barbiere scossero la testa, perplessi.
“Carlo Paolini e Paolo Carloni, non ci arrivate, dannazione?!” svuotò il bicchiere in un sorso “Ma vi rendete conto? Potrebbe esserci proprio il vecchio Carloni, suo padre, là sotto!”
Il barbiere si grattò la nuca con una smorfia.
“E’ un po’ grossa” commentò.
“Ma plausibile” il reverendo si alzò “E c’è un modo molto semplice per scoprirlo.”
Sul tavolino accanto alla porta c’era uno di quegli antichi telefoni grigi a disco. Un reperto ormai introvabile ma sempre affascinante.
Fece un numero, tenendosi la cornetta sospesa tra l’orecchio e la spalla, e si rivolse agli altri due.
“Il Rodolfo si occupa del cimitero da almeno trentacinque anni. Lui di sicuro riuscirà a dirci…”
“Un attimo. Rodolfo, sono Don Biagio. Ti disturbo?”
Dall’altra parte un’assonnata voce rauca esordì con una straordinaria e fantasiosa imprecazione.
“Stavo dormendo, reverendo. Uno dei comandamenti non dice di non rompere le scatole a quelli che dormono?”
Rodolfo Bellipiani, il becchino del paese, aveva ereditato il mestiere dal padre. In trentasei anni aveva seppellito personalmente centinaia di persone. Morti di vecchiaia, di malattia, di omicidio.
La sua vita si alternava tra una cassa da morto ed un bicchiere al bar del Sabbia.
Viveva all’interno del cimitero, in un modesto ma confortevole bilocale accanto all’ingresso. Un luogo ameno e inquietante per chiunque ma non per lui. A memoria d’uomo nessuno l’aveva mai visto accompagnarsi ad una donna, né ad alcunché di paragonabile.
Era sposato con la sua pala, i suoi lumini e i fantasmi con cui credeva di poter parlare.
In sala, davanti alla poltrona logora, aveva posizionato una tv da 24’ in bianco e nero. Prendeva solo quattro canali, di quelli che proiettavano notte e giorno film degli anni quaranta e cinquanta.
Probabilmente il vecchio Rodolfo neppure si era mai reso conto di avere una televisione in bianco e nero.
“Non credo sia uno dei comandamenti” Don Biagio sorrise ai suoi amici seduti al tavolo “Dovresti farmi un grosso favore, se puoi.”
“Un favore? E che favore?” il nervoso era stato soppiantato dalla curiosità.
“Dovresti dare un’occhiata agli archivi di sepoltura.”
“A quest’ora? Con questo tempo? Ma non sente che tempesta si è scatenata là fuori?”
“Ma saranno cinquanta metri tra il tuo appartamento e l’ufficio!”
“Cinquanta metri sotto l’acqua che nessuno mi pagherà.”
“Dio te ne renderà merito”
Il becchino scoppiò in una risata interrotta solo da un cavernoso colpo di tosse.
“Ho seppellito brave persone, donne e bambini” tirò su col naso “Tenga fuori quel mucchio di stronzate da queste orecchie.”
Il reverendo minimizzò con gli altri facendo gesto di pazientare.
“E che ne dici di un bicchiere?” tentò di nuovo.
Qualche secondo di riflessione dall’altro capo del filo.
“Tre bicchieri” trattò il becchino.
“Due” rilanciò il reverendo.
“Due, ma di quelli giusti. Prendere o lasciare.”
Don Biagio annuì.
“Andata. Quanto ci metti?”
“Quindici minuti al massimo. Qual è il nome?”
Il reverendo gli rispose e poi riagganciò.
“Richiama al volo” fece soddisfatto.
Il barbiere si alzò per girare il disco.
“Sta aumentando d’intensità” commentò fermandosi davanti alla finestra.
La pioggia ora era una cascata senza sosta che si rovesciava sulle strade. Non c’era più nemmeno una pausa tra una mitragliata di gocce e l’altra.
“Danno neve, nelle prossime ore” il dottore stava leggendo le previsioni sull’ultima pagina del quotidiano locale “E sembra che debba essere una nevicata di quelle storiche.”
Il reverendo, in cucina a preparare il caffè, spiò oltre la finestrella in alto la tempesta.
La neve, quando arrivava troppo copiosa, non era mai una cosa positiva. Specie in quel paese, costruito in una sorta di conca, che diventava una fossa bianca e gelida.
Ricordò quando, nel gennaio di dodici anni prima, sei persone erano rimaste imprigionate all’interno del bar del Sabbia e per un paio fu necessario un volo d’emergenza, in elicottero, fino in città.
Fortunatamente non fu l’ecatombe temuta, ma il sindaco si beccò la sua fiaccolata di protesta sotto al comune. Gli si rimproverò la mancanza di rapidità nell’affrontare la cosa, il suo noncurante criterio di gestione dei fondi pubblici e la sua provvidenziale partenza per le vacanze nel periodo più sbagliato in assoluto.
In conclusione fu costretto a dare le dimissioni.
Si ricandidò tre mesi dopo e venne rieletto.
I misteri della politica.
“Questo disco è graffiato” annunciò il barbiere sollevando la puntina.
“Il tuo cervello è graffiato” precisò Don Biagio rientrando in sala con un vassoio sul quale vi erano tre tazzine colme, una zuccheriera ed un barattolo di latta pieno di biscotti al burro.
Dopo averlo appoggiato sul tavolo, trascurando le briciole di pane e le macchie di vino, prese dalla vetrinetta accanto al televisore una bottiglia di nocino e tre bicchierini. “Questo arriva fresco fresco da mio zio, di Solignano” riempì anche questi fino all’orlo e prese il giornale lasciato sul tavolo dal medico.
“Metto Tenco, che vi piaccia o no” il barbiere fermò il dito sul vinile in questione.
“Stavo pensando al povero Napoleone” il dottore versò un cucchiaino di zucchero in una tazzina e lo girò lentamente “E’ una serata infausta per dover stare sotto la pioggia, specie alla stazione.”
“Va’ a veder partire la moglie” il barbiere si accomodò “Non credo gli pesi così troppo, in fondo”
“La moglie è una brava donna, su” Don Biagio sorseggiò il suo decaffeinato “Quantomeno per la pazienza che dimostra nel sopportare quell’uomo.”
“Questo è certo” ammise il dottore.
“Avete visto qui?” il reverendo puntò l’indice su un articolo a pagina sette del giornale “Un tizio a Lucca ha ucciso la moglie dopo vent’anni di matrimonio. E la giustificazione? Non gli permetteva di vedere la partita di coppa. Vi sembra un mondo normale, questo?”
Il barbiere pensò a tutte le volte che avrebbe voluto far fuori la moglie in decine di fantasiosi modi diversi e scosse la testa, imparziale.
“Non capirò mai la gente” mentì “Però bisognerebbe saper distinguere situazione da situazione.”
Il dottore, intento a rompere una noce con l’apposito attrezzo, si fermò per un istante.
“Che intendi?”
“Molto semplice” il barbiere sistemò un lembo della tovaglia rivoltato “Quante volte abbiamo detestato una persona, e non mi riferisco esclusivamente ad una moglie, desiderando quasi di non vederla più?”
“Tra il detestare un altro essere umano e farlo fuori c’è una bella differenza” il reverendo sminuì la questione con un gesto.
“Non lo metto in dubbio. Ma devi considerare la fragilità della mente umana. Il dottore mi sarà di sicuro ragione.”
Questi annuì e disintegrò la noce.
“Quando lavoravo in città mi è capitato di vedere certe cose da far rabbrividire” ricordò “Una volta un padre di famiglia, la classica famiglia perfetta, andò fuori di testa e, da uomo premuroso e di chiesa, si trasformò in un mostro. Un vero e proprio mostro. Una notte, di ritorno dal lavoro, andò in camera da letto dove stava dormendo la moglie. La tramortì con un colpo alla testa e poi l’appese con una corda al collo. E non voglio dirvi cosa fece ai tre figli, tutti tra gli undici e i sedici anni.”
“E che spiegazione diede?” domandò il reverendo.
“Stress” il medico accennò una smorfia “Come se lo stress possa portarti a uccidere quattro persone. Ha ragione lui. Esiste qualcosa di sottile, d’incomprensibile, nell’animo umano che potrebbe trasformare chiunque in un potenziale assassino.”
“Pensate ai casi nei quali una madre ha ammazzato il figlio. Era una persona meravigliosa, dicevano i vicini. Chi l’avrebbe mai detto? Eppure è bastato poco ed ecco che è venuto fuori il demone che aveva dentro.”
“Forse Nadia Benedetti è morta per lo stesso motivo” suggerì il reverendo.
“Non credo” il dottore scosse il capo “Sembra qualcosa di premeditato. Se dovessi scommetterci non punterei sul gesto di un folle, dettato dalla gelosia o dall’avidità, ma su qualcosa di ragionato e calcolato nei minimi particolari.”
“E questo ci porta ancora al Brigola” il barbiere prese dal tavolo mezzo guscio e ne estrasse la noce all’interno “Non capisco proprio perché non l’abbiano ancora messo dentro.”
Il telefono squillò.
“Reverendo, sono Rodolfo.”
Il prete indicò il giradischi e fece il gesto di abbassare il volume.
“Che hai scoperto?”