«Mi uccideranno ma non sarà una vendetta della mafia, la mafia non si vendica. Forse saranno mafiosi quelli che materialmente mi uccideranno, ma quelli che avranno voluto la mia morte saranno altri»
Paolo Borsellino, saltato in aria il 19 luglio 1992
Al termine dell’audizione alla Commissione Antimafia, Fiammetta Borsellino, figlia del giudice ucciso in via D’Amelio, ieri ha fatto questa dichiarazione: «Sono stati buttati via 25 anni, anni di pentiti costruiti con lusinghe o torture». E ancora: «La mia famiglia ha vissuto una solitudine che è stata confermata dal fatto che la maggior parte di quelle persone, gli amici e i colleghi che per anni hanno frequentato la nostra famiglia, ora si sono dileguati».
Ma alla cerimonia per la commemorazione dei 25 anni dall’attentato, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella fa un discorso in cui dice, testualmente: «La sua tragica morte deve ancora avere una definitiva parola di giustizia. Troppe sono state le incertezze e gli errori che hanno accompagnato il cammino nella ricerca della verità sulla strage e ancora tanti sono gli interrogativi sul percorso per assicurare la giusta condanna ai responsabili di quel delitto efferato». Mattarella è uno che ci pensa mille volte, prima di parlare.
Non mi risulta che, di fronte alle incertezze e agli errori (compiuti, si presume, da magistrati e investigatori) che il Presidente della Repubblica evidenzia così apertamente, qualcuno tra gli “incerti” abbia pagato per le proprie mancanze. Non mi risulta che, almeno, siano stati riconosciuti errori e omissioni dai magistrati o dalle forze dell’ordine impegnati nel fatidico “accertamento della verità”.
Afferma ancora la figlia di Borsellino: «Dopo via D’Amelio, riconsegnata dal questore La Barbera la borsa di mio padre pur senza l’agenda rossa, non hanno nemmeno disposto l’esame del Dna. Non furono adottate le più elementari procedure sulla scena del crimine. Il dovere di chi investigava era di non alterare i luoghi del delitto. Ma su via D’Amelio passò la mandria dei bufali».
E sui processi relativi alla strage, così si esprime la signora Fiammetta: «Questo abbiamo avuto: un balordo della Guadagna come pentito fasullo e una Procura massonica guidata all’epoca da Gianni Tinebra che è morto, ma dove c’erano Annamaria Palma, Carmelo Petralia, Nino Di Matteo, altri…».
Presidente, ci pensi lei, per cortesia. Sopprima queste ipocrite cerimonie, che uccidono per l’ennesima volta il diritto e la dignità. Lasci soffrire in pace la figlia del giudice Borsellino, insieme con i figli e le mogli dei poliziotti della sua scorta.
Si dovrebbe morire una volta sola, non le pare?