Una cisterna di Cisterna [Abbecedario del gusto]

Una cisterna di Cisterna [Abbecedario del gusto] CorriereAldi Pietro Mercogliano

 

 

Non si può certo dire che il Cisterna d’Asti sia un vino famoso: non è proprio un vino davvero di nicchia, ma è comune anche fra gli addetti del settore trovare molti che non lo conoscono. Non che sia una colpa, certo: ma un poco è un peccato, perché si tratta di un vino sinceramente gradevole e di profonda tradizione.

La produzione è regolamentata dal disciplinare della Denominazione d’Origine Controllata, istituita quindici anni fa. Questo prevede che tale vino rosso sia composto per almeno l’80% da uva Croatina, mentre l’eventuale 20% rimanente può essere costituito da altri vitigni a bacca nera non aromatici idonei alla coltivazione in Regione; sono interessati sei Comuni nella Provincia di Asti (Antignano, Cantarana, Cisterna d’Asti, Ferrere, San Damiano d’Asti, San Martino Alfieri) e sette Una cisterna di Cisterna [Abbecedario del gusto] CorriereAl 1in quella di Cuneo (Canale, Castellinaldo, Govone, Montà, Monteu Roero, Santo Stefano Roero, Vezza d’Alba); i vigneti devono essere situati in collina, con esclusione tanto dei terreni di fondovalle quanto di quelli che superano i quattrocento metri sul livello del mare. La versione “Cisterna d’Asti Superiore” deve subire un invecchiamento di almeno dieci mesi, mentre il “Cisterna d’Asti” tout court (anche con eventuale precisazione d’origine “Cisterna d’Asti Vigna”) può esser commercializzato già dalla metà del novembre nell’anno stesso di vendemmia; questo rende conto delle due anime di questo vino, come si cercherà di accennare fra breve.

La Croatina, che dunque costituisce la grandissima parte (e molto spesso la totalità) della massa del Cisterna d’Asti, è un’uva molto diffusa in questa zona d’Italia: nota nel territorio di cui stiamo trattando anche come “Bonarda di Cisterna d’Asti”, caratterizza tipicamente le Bonarda dell’Oltrepò Pavese e dei Colli Piacentini e concorre all’uvaggio di altri vini della Denominazione “Oltrepò Pavese” (Rosso e Sangue di Giuda) oltre che del San Colombano e del Gutturnio.

Nell’area che costituisce l’attuale areale del Cisterna d’Asti la Croatina è coltivata da almeno tre secoli, spesso – com’era tradizione – frammista in unico vigneto od addirittura in unico filare con altri vitigni. Con diversa consapevolezza, ma forte legame a quella tradizione, i pochi produttori che si ascrivono alla denominazione in questione lo fanno in esplicito legame con tale storica consuetudine.

Il vino si caratterizza già per una certa concentrazione del colore, che sarà violaceo in gioventú per virare col tempo verso un rubino piú profondo. Ha profumi fruttati e vinosi nella sua versione piú tradizionale, spesso anche innervata da un leggero frizzante; nella versione Superiore il fruttato si fa un poco piú scuro, e si aggiungono sentori di vaniglia e magari di caramello. In bocca, ha una morbidezza e una serie di richiami aromatici che quasi sembrano strizzare l’occhio a una leggere abboccatura; la freschezza e la sapidità bilanciano tale sensazione, garantendo sempre a questi vini un equilibrio di notevole piacevolezza.

Una cisterna di Cisterna [Abbecedario del gusto] CorriereAl 2Esistono dunque, in maniera analoga a quanto spesso avviene per la Barbera, due anime del Cisterna d’Asti: mosso e spigliato da un lato, giovane e croccante; piú complesso e profondo dall’altro, maggiormente predisposto al medio invecchiamento.

Ottimo da abbinare a un tagliere di insaccati, merita di esser provato anche con molte tipologie di pizza. Può essere un ideale coprotagonista di una merenda sinoira.