di Pier Luigi Cavalchini
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Un “Settanta per Cento” che dà forza…
Difficile capire quali saranno le linee guida della prossima strategia renziana. Di certo esce da un successo “doppio”, ottenuto grazie alle “primarie”. Prima di tutto per il risultato (il 70 per cento è davvero ragguardevole) poi per la dimostrazione di forza e compattezza che le “primarie” stesse sottendono. Far andare a votare, obolo compreso, un milione e ottocentomila persone non è uno scherzo. Su questo il commento del “Foglio” è più che chiaro: “Con oltre il 70 per cento delle preferenze, Renzi è il primo segretario del Pd a essere rieletto alla guida del partito e al netto dei dati sull’affluenza (primarie Pd 2007: 3.554.169 al voto; 2009: 3.102.709; 2013: 2.814.881; 2017: circa 2 milioni) non è secondario che il più grande partito progressista europeo abbia scelto di non seguire la strada della nostalgia (modello Labour con Corbyn, modello Hamon in Francia) e abbia deciso invece di raddoppiare la posta scommettendo ancora sul progetto del Pd renziano”. (Il Foglio – 06.05.2015).
Questa vittoria permette a Matteo di mantenere un contatto continuo con il suo elettorato. E di “attenzioni” Renzi ne ha più che bisogno. E’ irrisolta la questione della “legge elettorale” che si porta dietro il problema dei rapporti con i “partitini” e con forze dichiaratamente “proporzionaliste con sbarramento”. Fra queste si è messo anche Berlusconi, in compagnia di coloro i quali chiedono lumi rispetto alle posizioni della Consulta (1) e dello stesso Capo dello Stato. Due distinte sentenze della Consulta hanno lasciato in piedi due sistemi diversi, entrambi a base proporzionale, per Camera e Senato. E su questo punto Renzi è duro quanto mai: “La scelta di come andare alle elezioni è fondamentale e il PD non intende fare da capro espiatorio per nessuno. Noi il governo del Paese lo vogliamo assicurare”. E poi ancora: “Quelli che hanno la maggioranza in Commissione Affari Costituzionali al Senato, che hanno bocciato le riforma costituzionale e che non vogliono il “Mattarellum”(2), si esprimano”.
Altro tema su cui non va per il sottile e dove, sostanzialmente è tornato quello di sempre, riguarda la collaborazione con altre forze; è stato uno dei leit-motiv della recente campagna a tre per il “primariato” ma gli esiti del confronto fanno dire sprezzantemente a Renzi. “L’alleanza la facciamo con i cittadini, con l’associazionismo, con il ‘Terzo Settore’, con i ‘Sindaci’ e con tutto quello di buono che stanno facendo in questi anni”.
Ma di cosa si è parlato nella prima riunione?
Elezioni anticipate, legge elettorale e alleanze sono stati i temi politici che ci si aspettava che Matteo Renzi affrontasse nel suo primo discorso da segretario del Pd rieletto davanti ai delegati della nuova assemblea. Effettivamente lui li ha affrontati liquidandoli a modo suo. Come temi utili al ”chiacchiericcio degli addetti ai lavori”.
La sua rielezione alla guida del Pd comporta di per sé la riaffermazione del principio della vocazione maggioritaria impresso da Walter Veltroni nello statuto del partito undici anni fa.
“Non ci sarà nessuna ricostruzione di vecchie alleanze al centro e a sinistra”. Il Pd ha – a quanto sembra – l’aspirazione di parlare all’intero Paese senza delegare il dialogo con una parte dell’elettorato al altri partiti. Complice anche il sistema elettorale attuale con il quale Renzi è convinto che si andrà a votare al più tardi il prossimo anno: il premio alla lista che superi il 40% previsto alla Camera permette al Pd, così come ai principali antagonisti del M5S, di condurre una campagna elettorale in solitaria con l’obiettivo pur sempre credibile di superare l’asticella.
Soprattutto in un confronto che Renzi già immagina polarizzato (“il populismo si sconfigge con il popolo”) tra riformisti europeisti e partito anti-sistema.
Già, ma chi sono i “riformisti europeisti” che dovrebbero mettere tutti in riga nell’area oscura di “chi è sempre contro”? Beh, ragionandoci un po’ su, potrebbero essere coloro i quali mettono a frutto i percorsi utili a “riforme strutturali”, che ottengono ‘welfare’ con esborsi contenuti, qualità della vita, possibilità di impieghi di vario tipo e tutta una serie di “condizioni positive”… Abbiamo l’impressione che, però, valgano più per la teoria universitaria che per la realtà di tutti i giorni. Specie in Italia. E l’Europa non è da meno con squilibri e manovre autolesionistiche di ogni tipo. Su dove termini – geograficiamente e socialmente – l’Europa poi ci sarebbe da discutere molto, con la possibile considerazione finale che “il treno dell’Europa l’abbiamo ormai perso” e che, ormai, non possiamo che rapportarci a qualcosa di più globale, … (Aiuto…! Dov’è l’ONU, per non dire “dov’è la neurodeliri”?),
Questo “salto di prospettiva” è ancor più vero all’indomani del voto “europeo di difesa” scaturito dalle urne francesi. Un “gioco in difesa” governato dai grandi centri finanziari e da ciò che resta del sistema bancario. Una “difesa ad oltranza” che, finchè non diventerà del tutto insostenibile, sarà l’unica minestra che ci verrà somministrata, con il maestro Renzi pronto a indicarci una finestra sul nulla che pochi sono disposti a saltare. E la battuta renziana con cui concludiamo è sintomatica: “Noi, care amiche e cari amici, garantiamo stabilità e un minimo di certezze… il resto è noia .. o peggio”. Chiosa finale, ripresa “paro paro” al primo incontro dei delegati PD a Roma.
Da oggi molto cambierà nella vita del Pd e non solo la sua segreteria (Maurizio Martina prenderà il posto di Lorenzo Guerini e Debora Serracchiani come vicesegretario del partito). Renzi di sicuro utilizzerà la strada della legge elettorale con il Movimento 5 Stelle per stanare Forza Italia ma … (è sempre “Il Foglio” causticamente a ricordarcelo “difficilmente si riuscirà a trovare una chiave per andare a votare con una legge diversa rispetto a quella oggi in vigore”).
Saranno i prossimi “cento giorni” a rivelarci del tutto come stanno realmente le cose.
…
(1) Viene detta “Consulta” per riferimento al Palazzo della Consulta, luogo di riunione della Corte Costituzionale
(2) Nello specifico, il Mattarellum prevede per la Camera l’elezione del 75% dei deputati con collegi uninominali e il restante 25% con un sistema proporzionale. Per la parte maggioritaria viene eletto il candidato che ottiene più voti. Nel proporzionale, dove non si esprime la preferenza, accedono alla suddivisione dei seggi le liste che hanno raggiunto la soglia di sbarramento del 4%. Prima della ripartizione occorre però applicare il meccanismo dello scorporo, per cui alla lista vengono sottratti i voti ottenuti dal candidato ad essa collegato che ha vinto nel collegio.
Al Senato i tre quarti dei seggi vengono assegnati col sistema maggioritario, in collegi uninominali, a maggioranza semplice e a turno unico. Per il restante quarto dei seggi, si applica il metodo proporzionale. E’ quindi un sistema che favorisce il bipolarismo, incentivando però la nascita di coalizioni ampie e di alleanze elettorali che non sempre restano unite fino alla fine della legislatura, così come avvenne nel ’94 per il primo governo Berlusconi, sostenuto da una coalizione di centrodestra (il Polo delle Liberta’ al nord e il Polo del Buon governo al sud), che andava da Forza Italia alla Lega, passando per An fino all’Udc.