Ruché: qualità e tradizione [Abbecedario del gusto]

Cortese di nome e di fatto [Abbecedario del gusto] CorriereAl 5di Pietro Mercogliano

 

 
Il Ruché è un vitigno a bacca rossa autoctono del Monferrato. Per “autoctono”, naturalmente, non s’intende che il vitigno sia comparso qui come dal nulla: tutta la vite da vino è originaria del Medioriente, e per varie vie i vitigni si sono diversificati e distribuiti nelle zone di produzione; ciò che si può dire, però, è che da molto tempo si alleva il Ruché in Piemonte con risultati di qualità e territorialità notevoli.

Il Ruché infatti è stato importato probabilmente dalla regione della Borgogna nel XII secolo, forse a opera di monaci cistercensi: bisogna ricordare, in effetti, come spesso nel Basso Medioevo siano state proprio le comunità monastiche a selezionare e conservare le varietà ampelografiche ed anche, in alcuni casi, a veicolarne la distribuzione; pare, insomma, che i cistercensi di cui si diceva avessero impiantato il Ruché di provenienza borgognona nei pressi di un monastero – a oggi non identificato ma che doveva sorgere nei pressi di Castagnole Monferrato o di Portacomaro – dedicato a San Rocco: forse dalla deformazione del nome del Santo potrebbe derivare la denominazione attuale del vitigno. Un’altra ipotesi, che non esclude necessariamente la prima, è che il vitigno abbia origine spagnola.

In ogni modo, il Ruché si è perfettamente acclimatato alla zona fra il Cortese di nome e di fatto [Abbecedario del gusto] CorriereAl 4Monferrato e le Langhe: e nel corso dei secoli s’è mostrato come sia il terreno a Nord-Est di Asti il piú adatto a incontrare le caratteristiche di questo vitigno. Un’etimologia alternativa a quella legata al monastero di San Rocco vorrebbe che il nome del Ruché derivasse dalle Rocche, gli arrocchi collinari tipici di quest’area. (Anche se forse l’etimologia piú plausibile è quella che lega il nome di questo vitigno alla parola “roncet”, l’arricciamento cui questa varietà di vite è particolarmente soggetta.)

L’unica denominazione in cui rientri il vitigno è proprio quella del “Ruché di Castagnole Monferrato”, D.O.C. dal 1987 e D.O.C.G. dal 2010. La produzione è consentita a sette Comuni in Provincia di Asti: oltre alla stessa Castagnole Monferrato e a Portacomaro, Grana, Montemagno, Refrancore, Scurzolengo, Viarigi. Il Consorzio della Barbera di Asti e dei Vini del Monferrato descrive il Ruché come uno “dei piú rari tra quelli coltivati” nella zona: in effetti, l’intera Denominazione conta poco piú di cento ettari vitati. Il disciplinare consente di aggiungere in produzione all’uva principale al massimo un 10% del totale ricorrendo a Barbera e Brachetto, ma il Ruché è piú spesso vinificato in purezza.

Cortese di nome e di fatto [Abbecedario del gusto] CorriereAl 3Il vino, di un color rubino violaceo dotato di una certa trasparenza che vira all’aranciato sui bordi con l’invecchiamento, si trova vinificato in modi anche molto diversi fra loro: sopra un fondo marcatamente aromatico tinto di rosa e geranio e di lampone e marasca, che ne costituisce la personalità individuale, la scelta di terreni e metodi di qualità disegna toni di frutti di bosco e spezie di grande interesse; anche il sorso, sempre dotato di fresca e piacevole immediatezza di bevuta, sa arricchirsi grazie alla benedizione ed alla sapienza del territorio: in questi casi, la snellezza caratteristica del vitigno si riveste di corpo e struttura eleganti ma ben presenti e di una persistenza gusto-olfattiva anche molto interessante.

Il vino è gradevolissimo da bere giovane e capace anche di avventurarsi in medio invecchiamento. Era la bottiglia delle grandi occasioni delle famiglie che lo producevano; oggi è consumato soprattutto nella zona di produzione, ma è una curiosità enologica che vale la pena di procurarsi e di provare. Si tratta in totale di una media di mezzo milione di bottiglie prodotte all’anno: un vino di nicchia, che affonda le radici nella tradizione territoriale contadina e che è in grado di raggiungere nella sua gradevolezza alti livelli qualitativi.

Molto versatile sugli abbinamenti, specie con i formaggi, è un ottimo vino da tutto pasto per prodotti e preparazioni tipici della Regione: un aperitivo sbocconcellando Grana Padano, la bagna càuda, gli agnolotti al sugo di brasato, una finanziera, una chiusura in bellezza con Castelmagno e toma stagionati.