La sanità alessandrina scommette sul futuro: ma attenti alle periferie! [Controvento]

di Ettore Grassano

 

 

A vederlo dalle periferie (da Casale a Tortona, passando per Acqui, per intenderci) il bicchiere della sanità alessandrina è certamente mezzo vuoto. Lo testimonia l’intensa attività dei diversi comitati, ma soprattutto il borbottìo della gente, che ha l’impressione, o meglio la certezza, di vedere rapidamente ridimensionati quei presidi ospedalieri che, per decenni, hanno rappresentato il naturale punto di riferimento per le diverse comunità locali.

E si ha un bell’argomentare (con ragione) che i parametri di cura qualitativamente sempre più alti e costosi non sono compatibili con la presenza di 5 o 6 ospedali (veri) per provincia, perchè semplicemente i conti esploderebbero in maniera esponenziale. Andate a spiegarlo, nei fatti, ad un abitante della val Bormida, o della Val Curone, che per un ricovero ospedaliero deve farsi 60 o 70 chilometri, e raggiungere l’Ospedale del capoluogo, peraltro logisticamente ormai davvero inadeguato.

Eppure c’è anche il bicchiere mezzo pieno, e non dobbiamo ignorarlo.

La sanità alessandrina, come dimostra la recente Giornata scientifica Giornata scientifica 2dell’Azienda Ospedaliera, sta facendo passi da gigante sul fronte della ricerca applicata, grazie ad un importante lavoro di squadra che vede in prima fila il direttore generale Giovanna Baraldi e il direttore della struttura di promozione scientifica Antonio Maconi, capaci in questi ultimi anni di ‘tirare le fila’, forti ovviamente del lavoro sul campo di personale medico e paramedico mediamente di ottimo livello.

Non è più un’eresia oggi (tutt’altro) per l’ospedale di Alessandria puntare a diventare Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico, sviluppando al contempo rapporti sempre più stretti, organici e strutturali, con la facoltà di Medicina dell’Ateneo del Piemonte Orientale, che ha sede a Novara.

E, su questi fronti, importante sarà anche il ‘peso’ della politica, e delle sue scelte: la presenza di Mimmo Ravetti alla presidenza della Commissione regionale Sanità speriamo possa essere di buon auspicio, e anche qualcosa di più.

Ospedale Alessandria 2Attenzione però: la crescita scientifica della sanità alessandrina non può prescindere dalla qualità delle prestazioni erogate sul territorio, e neppure dagli evidenti limiti logistici e strutturali del Santi Antonio e Biagio, e del vicino Ospedalino. Anche questa una partita tutta da giocare, su cui si sono persi decenni preziosi. Inutile però piangere sul latte versato: non resta invece che guardare avanti, e riprovarci.