Piú che un momento della trama, il naufragio della “Provvidenza” è un manifesto di “I Malavoglia”: una di quelle scene che bastano da sole a significare tutto il romanzo che le contiene.
Già all’interno del romanzo stesso, la barca – temeraria in mare per tentare di risollevare le sorti della famiglia – che è vinta e sopraffatta dai flutti sembra la raffigurazione drammatica ed emblematica dell’intera storia familiare dei Malavoglia: la lotta per sopravvivere combattuta contro un Mondo involontariamente ma (in virtú di ciò) inesorabilmente avverso, e il continuo soccombere e sprofondare nella marea grama e salmastra.
Ma soprattutto leggendo il romanzo all’interno del ciclo di cui fa (o dovrebbe fare) parte, l’espressione stessa “il naufragio della Provvidenza” acquista un significato pieno e speciale.
A dire il vero, si può avere (e spesso a scuola la si contrae in effetti) l’impressione che Verga avesse un gusto malsano e particolare nello scavare le vicende tristi e misere di personaggi devastati dai casi della vita; tanto che a molti rimane addosso la sensazione che Verga fosse un autore crudo e sciatto, e magari addirittura un menagramo. Su quest’ultimo punto, naturalmente, non ha senso argomentare; quella di crudezza è l’unica taccia che abbia un’ampia base di verità, anche se forse avrebbe piú senso parlare di una assoluta nettezza della prosa in favore di una rappresentazione mimetica e – si direbbe oggi – immersiva; l’accusa di sciatteria è esclusa automaticamente da quanto appena detto, e deriva certamente dal fatto che uno stile cosí asciutto – raggiunto in verità attraverso una sapientissima ponderazione di tutti gli elementi della trama e della prosa – può apparire a qualcuno il segno di una scrittura priva d’impegno e di cura.
Ma il punto fondamentale è che “I Malavoglia” fa parte di un ciclo di cinque romanzi, chiamato “I Vinti”. Di questi, due soli furono pubblicati mentre un terzo rimase inedito fino alla morte dell’Autore e degli ultimi due non esiste neanche un abbozzo. In un primo tempo, Verga aveva pensato d’intitolare il ciclo “Marea”.
Nel corso dei cinque romanzi si sarebbe dipanata una doppia saga familiare, quella dei Malavoglia e quella dei Motta-Trao-Leyra. Man mano che si fosse proceduto coi cinque titoli (“I Malavoglia”, “Mastro-Don Gesualdo”, “La Duchessa di Leyra”, “L’Onorevole Scipioni”, “L’uomo di lusso”), i romanzi avrebbero trattato le vicende di personaggi di livello sociale sempre piú elevato: e, di conseguenza, anche lo stile e gli elementi della trama si sarebbero man mano adeguati alla tematica in evoluzione.
Scopo del ciclo nel suo insieme era mostrare la “marea” che travolge “i vinti”, la fiumana del progresso inarrestabile che porta con sé ed annega quanti incontra sul suo moto ondoso continuo. La famiglia dei Malavoglia è spinta dalla volontà di migliorarsi e di star meglio, e questo li spinge all’azione: ma l’attività umana è la causa prima della fiumana del progresso.
E, se i Malavoglia – pescatori del paesino siciliano di Aci Trezza – lottano per i beni materiali legati alla sopravvivenza della famiglia, già Mastro-Don Gesualdo – pur nel suo piccolo provincialismo borghese – inizia a mostrare un’irrequietezza differente e legata all’avidità di ricchezze; e la Duchessa di Leyra dal suo canto sarà l’emblema della vanità aristocratica, e l’Onorevole Scipioni sarebbe stato l’esempio perfetto dell’ambizione; mentre l’uomo di lusso avrebbe in certo senso assommato tutte queste fami, e ne avrebbe avvertita tutta la dolorosa potenza e ne sarebbe stato consunto.
In Verga, è la lotta stessa per la vita ad esserci al contempo necessaria e pericolosa: perché è da essa che ha origine la fiumana del progresso destinata a travolgerci.
L’accusa di menagramo, quindi, è in certo senso comprensibile se espressa da ragazzi di Liceo (che mostrano con battute di tal fatta di non esser comunque rimasti indifferenti di fronte a un Autore che programmaticamente ci mostra personaggi in preda al fluire di un Fato imparziale e negativo, e di averne anzi colto l’intenzione narrativa); ma andrebbe – fuor di scherzo – considerato il singolo romanzo all’interno del piú ampio programma del ciclo, al fine di cogliere il complesso fine del progetto: che è piú che compassionevole bozzetto.