N come Novello [Abbecedario del gusto]

Lettera Ndi Pietro Mercogliano

 

Novello è termine amato e odiato (ma piú che altro odiato, e in linea di massima non a torto) dagli appassionati e dagli intenditori di vino: è un termine sul quale si fa grande confusione, e che spesso viene impiegato per propinare prodotti scadenti a masse di consumatori nella grande distribuzione; non mancano, ovviamente, vini novelli buoni: a saperli distinguere. Tanto per chiarire: un vino appena fatto non è “novello”, ma “nuovo” (esattamente come è “nuovo” qualsiasi altro oggetto appena fatto); è invece “novello” un vino che sia stato prodotto con specifiche tecniche di vinificazione: è la vinificazione “in novello”, completamente distinta da quella “in bianco” o da quella “in rosso” o “in rosato” o dalla spumantizzazione. Un novello dopo un poco di tempo non diventa un vino-non-piú-novello ma semplicemente un novello vecchio, esattamente come un altro vino da giovane non è novello ma semplicemente un vino giovane.

La vinificazione in novello è la cosiddetta “macerazione carbonica”, e consiste Vino Novellonell’indurre nell’uva una fermentazione forzata dall’immissione dei grappoli in contenitori ermetici saturi di anidride carbonica: questo consente alla trasformazione alcolica di avvenire in gran rapidità, e il vino è pronto al consumo dopo un tempo minimo dalla vendemmia; il prodotto che si ricava da questa tecnica non è mai profondo o complesso come sono i vini eccellenti, ma può risultare anche molto gradevole ed interessante e gioviale a tavola nonché (fino a qualche anno fa) stancamente modaiolo. Il punto è che la legislazione in Italia è molto piú vaga di quella dell’equivalente (e precedente) Beaujolais Nouveau francese, ed impone che solo il 40% delle uve subisca necessariamente la macerazione carbonica lasciando libertà sul restante 60%: ne risulta che esistono produttori dotati di gusto e lungimiranza che eseguono un novello in istile ed impiegano la vinificazione adeguata sul totale della massa, e produttori che riciclano ciò che preferiscono nell’abbondante porzione che la Legge garantisce al loro comodo; sta all’utente fare ciò che crede: scegliersi un buon novello, prenderne uno a caso, evitarli tutti.

L’indicazione “Novello” può comparire in almeno una decina di denominazioni piemontesi: Piemonte novello Barbera, Piemonte novello Bonarda, Piemonte novello Brachetto, Colli Tortonesi Dolcetto novello, Colli Tortonesi rosso novello, Coste della Sesia rosso novello, Monferrato Chiaretto (Ciaret) novello, Monferrato Dolcetto novello, Monferrato Freisa novello, Monferrato rosso novello, Valsusa novello. Può inoltre essere riportata come sottospecifica di diverse D.O.C., come in “Piemonte Grignolino novello”.

grappolo-grignolinoIl Grignolino è un vitigno molto amato in Piemonte, ed anche fuori per chi lo capisca e sappia accettarne l’equilibrio asimmetrico: non è un’uva facile, è piena di semi, ama crescere su terreni sabbiosi e sembra portarsi dietro una certa complicata granulosità nel bicchiere; è coltivato attorno ad Asti e nel Monferrato Casalese ed in certe zone delle Langhe, e come l’aria di queste zone è ottimo senza far nulla per voler essere beneaccetto al prossimo. La versione novello, pur priva di parte della personalità di questo vino, ne conserva il carattere vibrante e lo sposa a una bocca piú facile e meno robusta.

Il servizio può essere effettuato – come si farebbe per un succo di frutta – fresco, in un tumbler: e nulla di male; oppure – piú utile e dignitoso per apprezzare il vino – in un calice dalla pancia molto contenuta, intorno ai 12°C: ma io azzarderei anche un grado o due in meno. Il colore è il rosso violaceo della porpora; dà profumi carducciani di mosto e rosa passa, insieme ad altri piú croccanti di frutta rossa appena maturata; la bocca è morbida, quasi nuda di tannini.

Manca oggi circa un mese al trenta di ottobre, quando il Grignolino Novello comparirà sugli scaffali: se ne beva allora un bicchiere senza accompagnarlo al cibo, godendone lo scherzo e il brio mentre si aspettano i sussurri della Vigilia d’Ognissanti. Oppure lo si serva a tavola con una zuppa di farro o un tagliere di prosciutto.

E l’abbinamento, reso tradizionale dalla Televisione, con le castagne? castagnadicuneoProviamo! Castagna Cuneo I.G.P., coltivata in un centinaio abbondante di Comuni in Provincia di Cuneo in una zona che conosce castagneti dal Basso Medioevo: il disciplinare sancisce una per una le specie di castagna ammesse, e stabilisce come gli alberi debbano essere esposti al sole e riparati dal vento. Raccolta fra settembre e novembre, questa castagna dalle elegantissime sfumature di colore si presenta in bocca di consistenza croccante e di sapore dolce e delicato. Nella sua versione di succo di frutta fresco nel tumbler, il vino accompagna bene queste caldarroste per una merenda rinforzata; in tavola si vorrà provare ad aggiungere queste castagne alla preparazione della zuppa di farro che si suggeriva prima, e l’abbinamento non deluderà.