E come Erbaluce [Abbecedario del gusto]

alphabet-e.jpg!Largedi Pietro Mercogliano

 

Erbaluce è forse il piú bel nome che sia toccato in sorte ad un’uva: grappoli a bacca bianca, ramati in autunno e color d’ambra dove toccati dai raggi del sole. Il nome si riferisce anche ai vini che con quest’uva si producono; anche una Denominazione d’Origine Controllata e Garantita porta questo nome: “Erbaluce di Caluso” (o “Caluso”).

La coltivazione dell’Erbaluce è di tradizione in Piemonte almeno dall’inizio del XVII secolo, quando si diffuse in tutta la Regione a partire – a quel che pare – dai colli prealpini del Nord. Studî sul D.N.A. mostrano una stretta parentela fra l’Erbaluce ed il Cascarolo Bianco, altro vitigno tipico piemontese.

La D.O.C.G. di Caluso si riferisce a vini prodotti da uva Erbaluce in purezza coltivate nelle Province di Biella e Vercelli oltreché in quella di Torino, dove, attorno a Caluso nel Canavese, si accentra le gran parte della produzione.

Da disciplinare, l’Erbaluce si produce in tre tipologie differenti: il vino fermo (che sierbalucedicaluso distingue per una particolare predisposizione all’invecchiamento), lo spumante (prodotto attraverso il Metodo Classico), il passito (l’appassimento avviene in apposite passitaie dopo la vendemmia, la pigiatura da marzo, ed il vino deve aspettare tre anni – quattro per la Riserva – prima della commercializzazione, momento nel quale la sua vita è in realtà appena cominciata dal momento che si tratta di un nettare che può continuare a maturare anche per qualche decina d’anni).

Lo spumante sarà servito attorno ai 5°C in bicchieri a tulipano non molto ampi, anche se la relativa semplicità del prodotto e la tradizione dell’aperitivo con l’Erbaluce lasciano sopportare una flûte purché sufficientemente ampia; il color paglierino di questo vino venato dal fine perlage assomiglia ai suoi bicchiere_di_vino_bianco_erbaluce_di_calusoprofumi, di biancospino e pesca con una chiara scia minerale; eleganti saranno in bocca i richiami olfattivi, a vestire una notevole freschezza ed una buona struttura. Il vino fermo sarà servito attorno ai 10°C in calici di media grandezza; il color giallo paglierino dai riflessi verdi tenderà all’oro verde con l’età, e cosí anche i profumi di acacia e frutta esotica e pesca dell’età piú giovane si arricchiranno sempre piú di mineralità ed erbe fini e spezie dolci; nel gusto, sostenuto dalla sapidità, sorprenderà la nettezza delle rispondenze aromatiche con l’olfatto. Per il passito ci terremo entro i 10°C e ci avvarremo di piccoli tulipani dall’imboccatura svasata; di color oro o ambra, carezzerà l’olfatto con sentori di miele di castagno e frutta passita con richiami alle spezie dolci ed ai frutti canditi; in bocca sarà una festa di aromi, con la dolcezza sostenuta da una freschezza sempre in evidenza.

Il passito, se maturo d’una trentina d’anni, si beve assai volentieri da solo: altrimenti, si gioverà di un buon abbinamento a torte con frutta a guscio o formaggi blu non piccanti. Il vino fermo sarà ottimo con le lumache o con le rane e con i pesci di lago oltre che come compagno di un risotto sfumato con lo stesso vino. Lo spumante, perfetto come aperitivo, a tavola ben si sposa anch’esso al pescato di lago preparato in frittura.

Mi è quasi d’obbligo proporre l’abbinamento dell’Erbaluce di Caluso nella sua versione ferma ad una frittura di Tinca Gobba del Pianalto di Poirino D.O.P., tipicità di disponibilità scarsa ma di gran soddisfazione. La produzione riguarda le Provincie di Asti e Cuneo, oltre a quella di Torino (che comprende la stessa Poirino): il pesce è allevato negli stagni dell’Altopiano di Poirino in monocoltura; il corpo è sodo ed elastico e le carni tenere ed abbastanza compatte, e tanto l’odore quanto il sapore sono tenui e delicati con fragranze che non rimandano mai (come nel caso di altre tipologie di tinca) al limo o all’erba. L’abbinamento con un Erbaluce non troppo invecchiato sarà un’esperienza memorabile: ma bisogna aspettare l’inizio dell’autunno per avere a disposizione l’ottimo ciprinide.