Fornaro: “Le prossime elezioni amministrative saranno per il Pd e per Renzi un test politico importante: poi verrà il referendum..”

Fornaro_Federico“Non so se le imminenti elezioni amministrative confermeranno la tendenza degli ultimi anni, in termini di defezione da parte dell’elettorato: certamente saranno un test importante per il Pd, e in particolare per i due anni di gestione Renzi. Chi può negare che questa ‘tornata’ amministrativa abbia anche una forte valenza politica?”. A parlare è Federico Fornaro, senatore alessandrino che, sullo scenario politico nazionale, si è guadagnato in questi tre anni un ruolo rilevante non solo per la sua posizione spesso in prima linea sul fronte della minoranza Dem, ma proprio per la sua capacità di analizzare dati, numeri, tendenze della politica. Di questa sua attitudine il suo ultimo libro, “Fuga dalle urne. Astensionismo e partecipazione elettorale in Italia dal 1861 a oggi” (Epoké edizioni) è conferma lampante: “è un testo che non offre risposte certe, e tantomeno soluzioni, ma che tenta invece una ricostruzione analitica del fenomeno della partecipazione, e dell’astensionismo, nelle diverse fasi storiche attraversate dal nostro paese, fino alla tempesta perfetta del 2013”. Proviamo, allora, a riflettere con il senatore Fornaro su quel che può accadere da qui in avanti, alla luce naturalmente delle tendenze sin qui emerse, e tenendo conto che l’Italia è oggi più che mai ‘immersa’ in dinamiche di tipo contintentale, ma con alcune peculiarità proprie.

 
Senatore Fornaro, partiamo dall’attualità, naturalmente: leUrna voto amministrative del 5 giugno vedranno andare alle urne alcune tra le principali città del Paese, a partire da Roma fino a Torino e Milano. Chi perderà dirà il giorno dopo: ‘si sono soltanto eletti dei sindaci’. Lei è d’accordo?
Per niente. Le amministrative che si terranno tra pochi giorni avranno un peso politico estremamente rilevante, soprattutto per il Pd, e soprattutto per il Pd a guida Renzi. Noi oggi per questo siamo tutti impegnati, con lealtà, in campagna elettorale, ovviamente là dove si vota. Ma altrettanto certamente, dal 6 di giugno, chiederemo un’analisi attenta del voto: vittorie e sconfitte, ma anche flussi elettorali.

 
Messa così la questione, sembra che lei non sia troppo ottimista….
Sondaggi ne girano tanti, non mi metto certo ad aggiungere altri pronostici. Sicuramente però il tema della partecipazione mi sta molto a cuore, e al contrario di certi sociologi della politica, che sottolineano come esistano democrazie mature con un livello di partecipazione molto bassa, rimango convinto del contrario. Anche se il mondo è cambiato, e indietro non si torna….

 

Fuga dalle urneNella prima Repubblica alle elezioni politiche partecipava stabilmente almeno il 90% dell’elettorato: e la mobilità da un partito all’altro era bassissima…
Oggi lo scenario è molto cambiato, e nel libro cerco di spiegarlo. Ci sono tre grandi gruppi elettorali: 1) il 40% di elettori ancora costanti, ossia con un forte senso di appartenenza. Sono elettori per lo più anagraficamente maturi, per cui la percentuale tende a contrarsi. 2) il 40% di astensionisti intermittenti: ossia persone che decidono di volta in volta se andare o meno a votare, e per chi. Spesso la decisione è presa negli ultimi giorni, per cui gli effetti della campagna elettorale sono rilevanti: ed è un gruppo anagraficamente più giovane del precedente, e in crescita. 3) il 20% di astensionisti ‘cronici’: persone che, semplicemente, non ci credono più, e non partecipano.

Perché siamo arrivati sin qui, senatore Fornaro? Ed è una dinamica comune a tutta Europa?
In parte sì, con eccezione della Germania, dove i partiti continuano a svolgere un ruolo importante di ‘cinghia di trasmissione’ con la società, e quindi anche di coinvolgimento in termini di partecipazione: e, lo dico en passant, lì il finanziamento pubblico è ancora in vigore. Altrove, un po’ ovunque, un mix di elementi (e la crisi economica ormai di lunghissimo corso, e ben lontana dal concludersi, ha un ruolo determinante) ha portato ad una nuova dicotomia in politica, che non è più quella classica fra destra e sinistra, ma tra sistema e antisistema. Aggiungiamoci la percezione, che è ormai di molti, che a governare non è più la politica di tipo elettivo, ma organismi internazionali, dalla Bce al Fondo monetario. Sono nati così in Italia, in Spagna, in Grecia, persino in Francia se pensiamo al ‘nuovo’ Front National, partiti o movimenti che diventano catalizzatori di malcontento ormai enormemente diffuso, e i partiti tradizionali, tutti quanti, sono chiamati ad una rapida e severa autocritica, e ad una profonda riorganizzazione della propria architettura. Ed è sempre più difficile prevedere cosa può succedere al ‘prossimo giro’.

 

Togliatti De GasperiLa democrazia del leader è una democrazia più fragile?
I leader sono sempre esistiti: Togliatti e De Gasperi erano leader carismatici, e così altre figure della prima repubblica. La differenza vera è che quei leader erano espressione di partiti di massa, con milioni di iscritti e una forte dialettica democratica interna. Oggi viviamo una democrazia del leader solo al comando, e con poco o nulla alle spalle: si veda il caso Berlusconi, che è emblematico. Lì per vent’anni non si è costruita o lasciata crescere una classe dirigente, e oggi siamo alle inevitabili conseguenze.

 
Torniamo a Renzi. Dopo le amministrative, ci sarà ad ottobre il Renzi maggio 2016referendum sulle riforme, che rischia di diventare un plebiscito pro o contro il Premier: cosa può succedere?
Il plebiscito pro o contro un governo c’è già, e si chiamano elezioni politiche. Indubbiamente però il referendum di ottobre sarà il banco di prove della stagione delle riforme (che ci sono state: magari non perfette, ma ci sono state), e se gli italiani bocciassero questo percorso si potrebbe aprire qualsiasi scenario. Vedremo peraltro anche se si deciderà di ‘spacchettare’ i quesiti, o di proporre un unico quesito secco, pro o contro riforme. Io credo che alla fine si andrà verso questa soluzione, con tutti i rischi del caso.

Voi minoranza Dem ad ottobre voterete per le riforme targare Renzi o no?
Le rispondo così: io le riforme le ho votate, a parte l’Italicum. Abbiamo peraltro chiesto anche una serie di chiarimenti, sul fronte dell’elezione (e non della nomina, appunto) del Senato, e ancora attendiamo risposta. Certamente fino al 5 giugno penseremo alle elezioni amministrative, poi apriremo una serie di ragionamenti.

Ettore Grassano