di Enrico Sozzetti
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A un anno dal voto, il Comune di Alessandria annuncia l’ennesimo piano. Per ribadire che ‘Alessandria si muove’. E che agli amministratori attuali non dispiacerebbe restare nelle stanze di Palazzo Rosso per completare l’ennesimo progetto. Quello che colpisce a ogni avvicinarsi della scadenza elettorale è che la politica, in modo sfacciato, ripropone come magica e innovativa la più normale e ordinaria azione: governare con buon senso. Così l’amministrazione comunale presenta la bozza del Piano Urbano di Mobilità Sostenibile, progetto che ha l’ambizione di svilupparsi nell’arco di un decennio. Ancora una volta si affida una consulenza esterna (Trt Trasporti e territorio di Milano) per effettuare quello che con semplici rilevatori elettronici e altrettanti rilievi sul campo (quelli che peraltro fanno anche i milanesi) potrebbe fare anche uno stagista universitario: analizzare i flussi veicolari, individuare gli orari di punta degli spostamenti (saranno per caso quelli fra le 7 e 8/9 del mattino e la fascia 17/19 del pomeriggio?), il grado di utilizzo dei parcheggi.
Infine, l’uso dei mezzi pubblici: a parte il fatto che per anni e anni l’Atm non aveva raccolto dati in modo organico, risulterebbe che l’ultimo consiglio di amministrazione abbia fatto eseguire degli studi, prima di accertare lo stato deficitario dell’azienda e lasciare l’incarico. Fra le ipotesi emerse dopo l’elaborazione della prima bozza del Piano di mobilità non manca quella per una ztl (zona a traffico limitato) con varchi elettronici e telecamere (i varchi inutilizzati voluti dalla giunta Scagni, cui è seguita quella di Fabbio, testimoniano l’originalità dell’idea), la creazione di parcheggi periferici e un sistema di navette.
Leggendo lo studio (una bozza definita ‘in progress’ come i lavori in corso sulle autostrade che poi non finiscono mai) elaborato dall’assessorato comunale allo sviluppo territoriale e strategico non mancano passaggi dall’involontario effetto comico. A parte la scoperta che la maggior parte degli spostamenti avviene con l’auto privata, pur senza ricorrere a esperti milanesi si certifica quello che un semplice cittadini vede tutti i giorni: la “tutt’altro che trascurabile” quota di studenti che vengono accompagnati in auto all’interno della città. Ma va? Però il meglio è subito dopo: gli studenti pendolari “vengono accompagnati solo in percentuale irrilevante”. Per forza, arrivano o in autobus, o in treno. Vedere per credere.
Il documento si sviluppa per pagine e pagine snocciolando leggi e normative, filosofia della mobilità e idealità urbana, fino a precisare che l’obiettivo deve essere “promuovere l’integrazione tra i servizi offerti dai diversi operatori e sistemi del trasporto pubblico. Orientare tutti gli investimenti dei prossimi anni, anche di concerto con gli enti sovraordinati, a migliorare la rete di trasporto pubblico urbano, la rete ferroviaria e a costruire parcheggi di corrispondenza, concentrando gli investimenti relativi alla rete stradale a quelli necessari soprattutto all’incremento della sicurezza, alla riduzione della pressione del traffico su strade locali, alla risoluzione delle criticità ai nodi ed alla riqualificazione ad indirizzo ciclabile e pedonale”. Parole che, a parte qualche differenza lieve, sono identiche a quelle di ogni programma elettorale di centrosinistra o centrodestra. Ovviamente un capitoletto è dedicato alle biciclette, a percorsi protetti e riservati, all’uso di tecnologie per gestire il traffico. Poi, i parcheggi esterni “di attestamento per il traffico pendolare in corrispondenza dei quattro assi principali di accesso all’area urbana (est piazza Caduti di Nassiriya – nord piazza Divina Provvidenza ed area spettacoli viaggianti – ovest piazza Alba Julia – sud area scalo ferroviario prospiciente via Carlo Alberto) con sistemi navetta di collegamento al centro”. Chi lo assicura? Amag Mobilità? Privati? Consorzio di imprese? A che costi? C’è una bozza di piano industriale anche per queste ipotesi?
Non è finita. Arriva anche la parte dedicata alla “nuova logistica delle merci urbane”. Piano già tentato dalle giunte precedenti, finito nel dimenticatoio pur in presenza di un grande operatore nazionale che era pronto a entrare sul mercato, ma che ha abbandonato quando ha visto che l’ente locale impiegava un anno e mezzo solo per rispondere a una lettera. Venti pagine della bozza ‘in progress’ per individuare azioni che, in parte, si potrebbero concretizzare in modo semplice copiando modelli e organizzazioni presenti da anni e anni in città delle dimensioni di Alessandria, risparmiando nello stesso tempo le risorse delle consulenze per azioni più banali come l’aumento dell’organico della polizia municipale, una migliore manutenzione degli asfalti e della segnaletica orizzontale, la sostituzione di alcune centraline semaforiche per modificare i tempi e renderli più coerenti con i flussi di traffico. Le idee del piano non sono male. Peccato che il mondo reale sia diverso. I ciclisti sono spesso incivili e sprezzanti delle regole e del codice della strada, gli automobilisti non sanno usare le frecce alle rotonde, i genitori devono portare i figli dentro alle aule con l’auto se no non stanno bene e senza una gestione dei ‘tempi della città’ (dagli orari degli uffici a quelli dei negozi) coerente con un piano della mobilità, non c’è filosofia ‘smart’ che tenga.