di Ettore Grassano
“Viviamo una fase particolarissima non solo per il commercio, ma per tutta la nostra economia. I cambiamenti sono rapidi, e talora imprevisti: il che da un lato è stimolante, dall’altro richiede strumenti di analisi e intervento sempre nuovi. Per questo credo che mai come oggi sarebbe necessaria una ‘cabina di regia’, non solo per Alessandria ma per un’area vasta che comprende la nostra provincia, e anche l’astigiano”. Una conversazione con Manuela Ulandi, segretario provinciale di Confesercenti, non è mai banale: perché si parla, certamente, di eventi promozionali e di iniziative innovative che rendano l’economia di prossimità alessandrina vivace e al passo con i tempi (“Gagliaudo tra i mercanti è ormai un’istituzione, ed è andata benissimo: ma già è necessario lavorare, tutti insieme, sui progetti del Natale”), ma si prova anche a riflettere sullo scenario complessivo della città e del territorio, “perché il commercio di prossimità non è un elemento avulso dal contesto, e non ha una valenza soltanto economica, ma anche sociale e culturale: è un cardine delle nostre comunità”.
Dottoressa Ulandi, questo 2024 sta volando via rapidamente: con quali segnali sul fronte degli esercenti?
L’entusiasmo è, per fortuna, un elemento essenziale, che caratterizza da sempre chi fa commercio, e non può essere altrimenti. Per un operatore di questo settore ogni novità è un’opportunità, ogni ostacolo diventa una sfida da vincere. E’ bello occuparsi di economia di prossimità soprattutto per questo. Il 2024 è stato, fino ad ora al momento, un anno di grande vitalità, e cambiamenti. Chi opera nel settore food, ad esempio, dai bar ai ristoranti al resto della filiera della ristorazione e dell’accoglienza, vive un momento magico, di grande crescita, sia per cambiamenti culturali di chi vive sul nostro territorio, sia per il volàno rappresentato, in tutta la nostra provincia, dal turismo. Per contro assistiamo invece ad una ‘crisi di vocazione’ da parte di tante botteghe, anche storiche, che quando i titolari arrivano all’età della pensione preferiscono chiudere anziché rilanciare, e innovare. Questo talora succede a prescindere dai risultati economici: semplicemente la nuova generazione decide di fare altro.
C’è una ‘crisi di vocazione’ tra i giovani? Sono solo i ‘figli di’ che preferiscono cambiare strada, o il commercio di prossimità è meno attrattivo in generale, per le nuove generazioni?
Non parlerei di crisi, quanto di percorso certamente impegnativo, che talora può spaventare: troppe regole, troppe variabili difficili da controllare, troppi punti interrogativi. E forse una certa agiatezza di partenza, che fa sì che manchino gli stimoli: anche se ogni generalizzazione è sempre pericolosa, si cade nello stereotipo. Però, se tutti ormai concordiamo sul fatto che la presenza di negozi nei centri storici significa non solo economia, ma anche socialità, sicurezza, qualità di vita per tutta la comunità, credo sia necessario fare un passo ulteriore. Serve una cabina di regia: vera, operativa, concreta.
Un po’ di anni fa andavano di moda, in tanti settori, gli ‘stati generali’: ma raramente si sono prodotti risultati apprezzabili…
Infatti non penso sia più il momento di grandi ‘carrozzoni’, spesso autoreferenziali: quello che serve è la capacità di riflettere, non solo su scala cittadina ma per aree vaste omogenee, su dove si vuole andare, e su come andarci. In questo la politica ha, o dovrebbe avere, un ruolo fondamentale. Penso prima di tutto agli aspetti normativi, non solo nazionali o regionali, ma europei. Nessuno, sia chiaro, pensa che la rete o il commercio on line siano il diavolo: il fenomeno è inarrestabile, in tutto l’Occidente. Inarrestabile però non può significare non regolamentabile: perché è chiaro che se ci sono grandi piattaforme o player a cui è consentito di muoversi in regime fiscale super agevolato e vantaggioso, e di fare business in Italia pagando (poche, peraltro) tasse altrove, allora non parliamo più di economia di mercato. O comunque c’è chi gioca con le carte truccate.
Nei mesi scorsi, intanto, nuovi assessori al commercio sia in Regione che a Palazzo Rosso: vi siete già confrontati con Bongioanni e Barosini?
Sì, c’è già stato un confronto costruttivo su entrambi i fronti, che speriamo possa continuare. La Regione Piemonte ha l’indubbio merito di aver messo in campo, negli ultimi anni, il progetto dei Duc, investimento complessivo di una trentina di milioni di euro, per progettare e trasformare concretamente il volto del commercio di prossimità nei nostri centri urbani, sul modello di quanto già avvenuto in Lombardia e Veneto. Auspichiamo naturalmente che ci sia continuità: al momento, ad Alessandria come a Casale e in altri centri zona della provincia, si stanno completando i progetti finanziati con i bandi del 2023. Sul fronte cittadino invece ci auguriamo che il dialogo con l’assessore Barosini porti risultati concreti, per rendere Alessandria sempre più accogliente e vivace. Gagliaudo tra i mercanti è stato un successo, e più in generale il mondo degli esercenti dà segni di forte vitalità in tutti i quartieri, questo è molto positivo. Ora occorre preparare un grande Natale, vivace e accogliente, e contiamo certamente anche sul supporto di Palazzo Rosso.
Già in passato, Dottoressa Ulandi, lei ha evidenziato il ruolo strategico dell’Università, sia sul fronte della formazione che come ‘lievito’ dell’economia del territorio: il rapporto tra Upo e associazioni continua?
Assolutamente sì, e speriamo che, oltre al Master in economia dell’accoglienza che è ormai realtà consolidata, l’Upo possa mettere a punto un’offerta mirata al mondo dell’economia di prossimità, o fornirci comunque preziosi strumenti di analisi per il settore. Che l’Università stia facendo crescere Alessandria sia sul fronte culturale che economico mi pare indubbio: cito l’esempio più recente e eclatante, che è quello della sanità, con la Facoltà di Medicina. Ma penso anche l’importanza del progetto del Campus agli Orti, destinato ad impattare in maniera significativa sulla ‘geografia’ non solo del quartiere, ma di tutta la città. Torno al tema di partenza, ossia l’importanza di una regia i grado di guidare trasformazione e sviluppo di Alessandria. Che ne sarà di Palazzo Borsalino, se tutte le attività didattiche e di ricerca dell’Upo saranno concentrate nel nuovo campus? E della struttura che ospita il Santi Antonio e Biagio, quando sarà pronto il nuovo ospedale? Ma possiamo citare anche la Cittadella, la Valfré, e anche spazi di privati in zone importanti, tutt’ora inutilizzati: dall’ex caserma di via Cavour, recentemente venduta dalla Provincia, a tutta l’area sul retro dell’attuale, vetusto Tribunale di corso Crimea. Sono scelte, quelle che saranno prese dalle diverse amministrazioni coinvolte, destinate ad impattare pesantemente anche sull’economia di prossimità. Se sul fatto che negozi e attività commerciali non sono solo business, ma rappresentano ‘sentinelle’ di qualità di vita e di sicurezza, occorre riflettere, tutti insieme, su quale Alessandria vogliamo consegnare alle prossime generazioni.