Lucio Dosso, docente di chitarra al “Vivaldi” di Alessandria e collaboratore della direzione artistica dei “Mercoledì del Conservatorio“, da due anni si occupa per il Conservatorio dell’organizzazione di eventi concertistici dedicati alla chitarra.
“L’anno scorso abbiamo invitato uno dei massimi concertisti di chitarra, il grande Manuel Barreco” ci racconta con entusiasmo il professor Dosso. “E quest’anno ospiteremo il duo più ‘fantastico’ che attualmente esiste, i fratelli Sergio e Odair Assad“.
Il Duo Assad infatti sarà ospite del “Vivaldi” venerdì 18 marzo con un doppio appuntamento: una Masterclass mattutina, gratuita per tre allievi interni selezionati dai docenti e a pagamento per gli “allievi uditori”, e un concerto serale (alle ore 21) per tutta la città al Teatro Alessandrino.
Parliamo dei fratelli Assad, professor Dosso. Che cos’hanno di straordinario questi due concertisti?
Farei una premessa: nella storia degli interpreti della chitarra, dagli inizi del Novecento, sono effettivamente esistiti solamente tre “duo” di chitarre. Uno è quello “storico” composto da Ida Presti e Alexandre Lagoya; un altro è quello dei fratelli brasiliani Sergio e Eduardo Abreu. E da ultimo abbiamo il Duo Assad, che ospiteremo nel loro unico concerto in Italia del 2016. Sia chiaro: non voglio dire che non ci siano state altre coppie eccellenti, anche composte da eminenti concertisti. Ma qui la particolarità è che i fratelli Assad nascono fin dall’inizio come duo, non come solisti che a un certo punto della loro carriera decidono di mettersi insieme. E’ molto diverso, mi creda.
Questo aspetto quali differenze comporta, per il Duo Assad?
Io credo che la differenza rispetto ad altri stia nella naturalezza delle loro esecuzioni. E’ come se tutto quello che loro fanno venga fuori normalmente, in maniera spontanea. Non c’è, come dire, un lavoro di sintesi tra due solisti. E’ tutto naturale!
Potremmo quasi dire: “Quattro mani e una testa sola”…
Ecco, è proprio così. Io ricordo di averli visti provare diverse volte, i fratelli Assad. Ebbene, si capivano e si “anticipavano” a vicenda. Quello che uno stava per fare, l’altro lo intuiva immediatamente. Questo è il fascino dei loro concerti, oltre naturalmente a un virtuosismo e a una musicalità incredibili.
Diamo un motivo, anche a chi non conosce il Duo Assad, per venire ad assistere al concerto alessandrino del 18 marzo.
Credo che Alessandria debba sentirsi onorata di questo appuntamento, anche perché i fratelli Assad normalmente si esibiscono in sale molto prestigiose in tutto il mondo. Ma non è solo per questo. Intanto, non ci dobbiamo aspettare il “solito” concerto classico. Se guardiamo il programma, la prima parte è composta essenzialmente da musica spagnola (Albeniz e Granados), per poi proseguire con autori sudamericani. Un repertorio popolare e divertente, unito alla eccezionale bravura degli interpreti. Io spero che nessuno voglia perdersi un concerto così, anche perché non si sa bene quando si potrà riavere…
Possiamo dire che i fratelli Assad sono due grandi esecutori?
(sorride) Grandi artisti? Li possiamo definire così? Fare un certo tipo di repertorio richiede, ovviamente, molta esperienza, ma anche una grande sensibilità, una grande poesia dell’animo. Io conosco Sergio Assad da molti anni, ed è veramente un uomo particolare da questo punto di vista. E’ una persona di una sensibilità rara, una dote secondo me essenziale per suonare e per avvicinarsi a certi repertori.
Ma allora che cosa ci dobbiamo aspettare dal concerto di venerdì 18 al Teatro Alessandrino?
Aspettiamoci lo “stile” del Duo Assad, ovvero grande gioia e divertimento. E questo viene trasmesso al pubblico, sempre, qualsiasi cosa loro facciano, da una sonata di Scarlatti a un pezzo di Baden Powell de Aquino. Ricordo, per esempio, quando arrangiarono per due chitarre addirittura la “Rhapsody in blue” di Gershwin… Com’è possibile, pensai subito? Eppure, quando la sentii a un loro concerto rimasi veramente impressionato, perché era veramente la “Rhapsody in blue” di Gershwin! Il Duo Assad trasmette una grande allegria, non “carnascialesca”, ma poetica. Cosa si può volere di più da un concerto?
Andrea Antonuccio