Covers [Il Superstite 270]

Arona Danilo nuovadi Danilo Arona

 

 

A fronte della triste e immatura morte del grandissimo David Bowie nei social si è registrata più di una critica nei confronti di chi ha pensato di ricordare al proposito l’italica versione della celeberrima Space Oddity, ovvero Ragazzo solo ragazza sola, tornata in auge in anni recenti perché inserita per quasi tutta la sua durata nel film di Bertolucci Io e te, una critica basata sulla considerazione quasi ovvia che Bowie ha prodotto e cantato ben altre opere.

Anch’io l’ho fatto per ricordare una deriva tutta alessandrina del pezzo che ha in qualche modo provocato la nascita del gruppo Quel Pazzo Mondo, chiamato alla fine degli anni ’70 ad accompagnare in tour il duo genovese dei Computers, che anticiparono di pochissimo la versione di Bowie.
Infatti, per un po’ girarono l’Italia a gorgheggiare Ragazzo solo con il nome Quel pazzo mondo dei Computers, e quando Lallo and company abbandonarono i due liguri, gli intrepidi musicisti locali continuarono la carriera con il nome abbreviato.

Piaccia o meno, questa è storia di cui potete leggere particolari in più nel librone di Boccassi/Rangone, Io, lui, gli altri e la musica. Devo però aggiungere che, se il testo italiano di Mogol aveva di fatto stravolto un’epopea spaziale in una canzoncina modaiola dell’epoca, la rivoluzionaria struttura musicale del pezzo, con un inciso strumentale di rara genialità, ne usciva del tutto intatta.

Però, amici, bisogna farsene una ragione. Allora – anni ’60 e inizio ’70 – le cover costituivano una regola assoluta. La lingua inglese non era ancora diffusa come lo sarebbe stata in seguito e le masse nazional-popolari gradivano assai le apparenti traduzioni di hit anglosassoni, tenendo in piedi un mercato parallelo a volte addirittura più ricco in termini di resa delle versioni originali. E poi, come spiego più in là, imperavano motivazioni sul filo della legalità.

Maestri della tendenza erano i Dik Dik che diedero filo da torcere ai Procol Harum e ai Mama’s and Papa’s con i loro adattamenti di A Whiter Shade of Pale, Homburg e California Dreamin’, rispettivamente – e banalizzate di molto rispetto alle complessità originali – Senza luce, L’ora dell’amore e Sognando la California.
Ma, scorrendo le classifiche, ci possiamo imbattere in assolute chicche in grado di strapparci un sorriso. Una canzone di protesta, quasi apocalittica, di Barry Mc Guire che s’intitolava Eve of Destruction si trasformò in una struggente storia di corna fra amici proposta da Gino Santercole del Clan Celentano con il titolo fuorviante Questo vecchio pazzo mondo. L’americanissima (e immortale) Walk on the Wild Side di Lou Reed divenne nella curiosissima versione di Patty Pravo la “londinese” I giardini di Kensington che non c’entrava una cippa con il testo “selvaggio” di Lou – anche se la divina Patty la fece sua con una recitazione straniante e sensuale. When you Walk in the Room, scritta da Jackie De Shannon e portata al successo dai Searchers, fu sdoganata in Italia dai Rokes come C’è una strana espressione nei tuoi occhi.

Campioni, anche a livello quantitativo, di cover più o meno azzeccate furono Maurizio Vandelli e soci, ovvero l’Equipe 84. Ecco in sequenza: Io ho in mente te per You Were on My Mind ancora di Barry McGuire, Resta per Stay di Maurice Williams (poi fatta sua da Jackson Browne), Spiegami come mai per Funny How Love Can Be degli Ivy League (oggetto addirittura di una cover alternativa, Se qualcuno cercasse di te di Fausto Leali), Sei già di un altro per Don’t Worry Baby dei Beach Boys, Rendimi tutto quel che ti ho dato per Tell me dei Rolling Stones, Ora puoi tornare per Go Now dei Moody Blues, Un anno per No Face No Name No Number dei Traffic e Bang Bang in italiano per l’omonima di Sonny and Cher. Ma non ci sono nemmeno tutte.

Neppure gli intoccabili Beatles sfuggirono alla tendenza italiana delle cover. Il primo a incaricarsene fu certamente Fausto Leali, l’ambasciatore del Beat English nel nostro paese che cantò Please Please Me in italiano e tradusse alla lettera She Loves You in Lei ti ama. Ma in seguito ne arrivarono a raffica perché cantare i quattro di Liverpool assicurava sempre notorietà: da Ricky Gianco che modificò From Me to Tou in Cambia tattica ai Giganti che si appropriarono di A Taste of Honey facendone In paese è festa.

L’autentica ragione, un po’ amorale, di questa valanga, alla lettera, di cover viene ben spiegata dal maestro Vince Tempera nel sito www.michelebovi.it: «Negli anni ’60 alcuni editori italiani registravano i programmi radiofonici inglesi o del Lussemburgo che rappresentavano l’avanguardia in materia per musica beat e pop. Sceglievano le canzoni più orecchiabili e quelle che erano in testa alle classifiche straniere: dischi che sarebbero arrivati in Italia non prima di 5 o 6 mesi, questi erano i tempi di allora. Un testo in italiano e via in sala d’incisione. Aspettavano la reazione del mercato, poi se il disco vendeva bene telefonavano all’editore straniero: avrei una versione italiana per il vostro pezzo, se ce la fate incidere vi diamo qualche soldo. E l’editore straniero accettava sempre: il mercato italiano non era reputato interessante, pertanto qualsiasi incasso dalla nostra area era fuori preventivo e quindi incondizionatamente benvenuto. Con una manciata di dollari era così possibile acquisire i diritti per 25 anni di un disco che magari da noi aveva già venduto un milione di copie. Se la versione italiana non aveva successo, spesso non partiva neanche la telefonata».

All’italiana, potremmo commentare, perché comportamenti del genere stavano sul filo della correttezza e, quasi sempre, rispetto al venduto italico gli editori stranieri ricevevano delle briciole.

Ma il clou della “pirateria” coinvolse purtroppo un gruppo nobile e rispettabile quali iNomadi Riparo Nomadi di Augusto Daolio che uscirono in quell’epoca con due apparenti cover che in realtà erano veri plagi firmati soltanto dal duo Verona-Pontiack omettendo gli autori inglesi. La prima s’intitolava Spegni quella luce che seguiva quasi nota per nota Sunny Afternoon dei Kinks (quelli di You Really Got Me) e la seconda (che in tanti ancora oggi credono una cover autentica) era Un riparo per noi, ovvero With a Girl Like You dei Troggs.
Dato interessante: testo innocuo e sentimentale quello originale trasformato in una canzone di protesta in italiano, dove si raccontava di guerra atomica e fall-out radioattivo, per fiancheggiare in qualche modo il successo dell’apocalittica Noi non ci saremo. E infatti Un riparo per noi ne era la facciata B. Il 45 giri fu ritirato in tutta fretta dal mercato a seguito di minaccia di denuncia degli editori inglesi e divenne ben presto oggetto di culto per collezionisti. Ma, colmo della sfacciataggine, la facciata B “sostituita” fu appunto Spegni quella luce che passò indenne per poche note di differenza dalla musica originale dei Kinks. Come dicevo? All’italiana…
(Va da sé che l’argomento è immenso e ci vorrebbe davvero un libro dedicato. So bene che non ho citato Stand by Me di Ben E. King e la versione di Celentano, Pregherò, dedicata a una ragazza cieca che forse avrebbe visto la luce nel seguito di Ricky Gianco Tu vedrai, altra cover sempre di King, Don’t Play That Song… Che affascinante casino).