Nel “Piano delle Alienazioni delle Immobilizzazioni Finanziarie” approvato dal Comune di Alessandria è prevista la cessione del 10% della società Argent.Al s.r.l., che gestisce la Casa di Riposo comunale. L’asta di vendita pubblicata sul sito del Comune di Alessandria – con presentazione delle offerte entro il 29 gennaio 2016 – ha sollevato forti preoccupazioni al Presidente della Commissione Controllo di Gestione, Emanuele Locci, che denuncia il rischio di un danno erariale ed ha presentato un’interpellanza per avere dei chiarimenti dal Sindaco.
“La Giunta il 24 giugno scorso – afferma Locci – dava mandato al Ragioniere Capo Antonello Zaccone di compiere tutti gli atti conseguenti e necessari per procedere all’alienazione della quota di partecipazione detenuta dal Comune di Alessandria in Argent.Al e poi, stranamente, nulla è successo per cinque mesi, fino a quando la Giunta ha riapprovato l’alienazione della quota di partecipazione suddetta, sostituendosi questa volta negli atti gestionali al dirigente indicando sia le modalità di vendita con l’istituto dell’asta pubblica e individuando il prezzo a base d’asta in 1 milione di euro. Insospettito da questo fatto ho riscontrato una grande anomalia nel prezzo messo a base d’asta perché anziché utilizzare il valore del patrimonio netto di euro 314.427,60, così come previsto dai Principi Contabili Nazionali che indicano l’applicazione del metodo del patrimonio netto nella valutazione delle partecipazioni societarie da alienare, è stato utilizzato il valore iscritto a bilancio che è assolutamente fuori mercato. Io ritengo che in questo modo la Giunta potrebbe avvantaggiare indebitamente gli attuali proprietari della quota di maggioranza visto che se non arriveranno offerte uguali o superiori alla base d’asta di 1 milione di euro ai sensi dell’art. 1, c. 569, della Legge n.147/2013 la partecipazione non alienata mediante procedura di evidenza pubblica cessa ad ogni effetto ed entro dodici mesi successivi alla cessazione la società liquida in denaro il valore della quota del socio cessato in base ai criteri stabiliti all’art. 2437-ter, secondo comma, del Codice Civile, col rischio che la quota del comune sarà assorbita dagli attuali proprietari ad una cifra di poco superiore al valore nominale di 10 mila euro, e dunque largamente inferiore ai più congrui 314.427,60 euro, andando a determinare di fatto un danno erariale di 300 mila euro alle casse municipali”.
Il consigliere Emanuele Locci, nell’attesa di valutare a quali autorità segnalare questo caso che ritiene lesivo delle finanze pubbliche, ha presentato lunedì mattina un’interpellanza urgente al Sindaco.
e alla Giunta.
Ecco un estratto del dispositivo
Si chiede pertanto:
perchè la Giunta ha ritenuto – dopo la D.G. 172/2015 – di replicare la già deliberata alienazione della partecipazione con la nuova D.G. 301/2015 andando ad aggiungere elementi direttivi solitamente attribuiti alla discrezionalità gestionale dei dirigenti;
perchè la Giunta nel mese di giugno 2015 dava mandato al Direttore della Direzione Servizi Finanziari di compiere tutti gli atti conseguenti e necessari all’alienazione della quota di partecipazione in Argent.Al salvo poi, dopo cinque mesi senza che fosse dato seguito alla suddetta deliberazione, intervenire con una nuova deliberazione con cui decideva direttamente sia la modalità di alienazione della partecipazione tramite asta ad evidenza pubblica che il valore a base d’asta, demandando poi genericamente ai “dirigenti competenti” l’attuazione di questo ultimo atto gestionale senza identificare esplicitamente nella deliberazione chi fossero i dirigenti competenti;
perchè la Giunta ha ritenuto congruo individuare il prezzo a base d’asta con il valore iscritto a bilancio di euro 1.033.001 anziché utilizzare il valore del patrimonio netto di euro 314.427,60 così come previsto dai PCN (Principi Contabili Nazionali) che indicano l’applicazione del metodo del patrimonio netto nella valutazione delle partecipazioni societarie da alienare;
se la Giunta non ritiene di avvantaggiare indebitamente gli attuali proprietari del 90% delle quote di Argental visto:
che ai sensi dell’art. 1, c. 569, della Legge n.147/2013 la partecipazione non alienata mediante procedura di evidenza pubblica cessa ad ogni effetto, e che porre come base d’asta il valore iscritto al bilancio di oltre un milione di euro è talmente alto da escludere di fatto dall’asta qualsiasi soggetto interessato mentre il valore del patrimonio netto di euro 314.427,60 avrebbe potuto favorire la partecipazione all’asta di altri soggetti e che il citato art. 1, c. 569, della Legge n.147/2013 sancisce entro dodici mesi successivi alla cessazione la società liquida in denaro il valore della quota del socio cessato in base ai criteri stabiliti all’art. 2437-ter, secondo comma, del Codice Civile, col rischio che le quote del comune saranno assorbite dagli attuali proprietari ad una cifra di poche decine di migliaia di euro e comunque largamente inferiore ai più congrui 314.427,60 euro, rischiando di fatto di andare a determinare un danno erariale per il Comune di Alessandria.
Immediata arriva la replica dell’assessore al Bilancio di Palazzo Rosso, Giorgio Abonante, che spiega la dinamica (e gli antefatti storici) del procedimento, non senza una vena di polemica e ironia: “Dunque, la vicenda nasce in quel passato, sempre lo stesso, in cui la paura era tanta e di conseguenza la voglia di parlare degli attuali impavidi pochina. Il valore posto a base d’asta è la conseguenza del fatto che l’Amministrazione precedente ha consentito al nuovo socio privato di effettuare un’operazione di finanza strutturata utilizzata per acquisire la società partecipata originariamente dal Comune (Argent.Al) mediante lo sfruttamento della capacità di indebitamento della società stessa. L’operazione di per sé era legittima, ma il problema è che in data successiva è stata effettuata la fusione tra le società bersaglio, Argent.Al e l’incorporante del socio privato. Ciò ha determinato l’ingresso nella società Argent.Al dell’intero debito contratto per l’acquisizione originaria ed ha comportato, di conseguenza, la svalutazione del valore di scambio della partecipazione del nostro Comune. Il valore indicato a base di gara è, pertanto, quello originario che non permette una svalutazione fatta esclusivamente a danno del socio di minoranza.
E’ vero che il recesso possibile ai sensi della Legge n. 147/2013 è disciplinato dalla valutazione regolata dall’art 2437 ter del codice civile, ma l’accettazione della proposta di valutazione (se inferiore di oltre il 10% alla base della prima gara) non potrà che dare origine ad un ulteriore avviso pubblico con la nuova valutazione e una denuncia alla Procura della Corte dei Conti per il danno erariale subito dall’operazione di LBO.
Peraltro, data la situazione in cui il nostro Ente si è venuto a trovare, proprio per le scelte fatte in passato, l’indicare il valore prima della fusione effettuata è un “messaggio” chiaro al Socio privato di maggioranza circa le intenzioni di non voler rinunciare passivamente a quanto era stato valutato sotto il profilo della quotazione patrimoniale della partecipazione di minoranza al momento della operazione di vendita”.