Tempi cupi

Patrucco Giancarlodi Giancarlo Patrucco
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Siamo entrati nella settimana di Natale e sarebbe bello potersi abbandonare all’atmosfera magica delle feste: l’albero; il presepe; i pacchetti con i doni; un pensiero per chi sta peggio; l’agitazione che sta prendendo i bambini per i regali e i grandi per gli scambi di auguri; la cena in famiglia; il veglione di Capodanno.

Sarebbe bello, ma anche questi momenti non sono a prova dei tempi, cupi, che stiamo vivendo. Fai il presepe? Mah! Sarà in linea con il nuovo pensiero interculturale? E giù polemiche a non finire, mentre le tv ci fanno vedere cattolici che sfilano contro e musulmani che si dichiarano favorevoli. Anzi, se ne fanno uno loro, con colori e pennelli.

Gli scambi di auguri? Una volta si facevano alla mano, strata strata come direbbe Montalbano, uscendo dai negozi e suonando i campanelli dei vicini. Oggi si fanno sui social, cercando di schivare le risse mediatiche che si scatenano su ogni cosa. Saranno tentativi di un’integrazione o risultati di una disintegrazione?

I regali, poi! L’imperativo è quello di salvare i bambini. Almeno loro, sotto l’albero, qualcosa devono trovare. Quanto ai grandi, hanno già trovato: le bollette da pagare, il blocco dei contratti di lavoro (per chi ce l’ha), l’economia che stenta a ripartire, i soliti noti che si ingrassano con le ruberie, le banche che falliscono, le ineffabili direttive di un’Europa che esiste solo a Bruxelles e per i potentati. Cosa metti sotto l’albero: la disposizione per cui, all’eventuale tracollo della “tua” banca sei chiamato a rimediare pure tu per le cifre del conto corrente che superano i 100.000 euro?

E che ne so io? Quando mai mi hanno coinvolto nella gestione, quando mai hoRottami avuto gli elementi per capire cosa bolliva in pentola, quando mai mi hanno fatto partecipare agli utili? Con i miei soldi si distribuiscono stipendi da nababbi e stock options da favola, poi, se va male, mi chiamano a ripianare. E l’altro, ineffabile editto della Bce: bisogna che l’inflazione imbocchi il sentiero virtuoso della crescita. Il 2, 2 e mezzo per cento, è segno di un’economia sana, che produce lavoro e che aiuta lo Stato a mettere a posto i conti. Sarà, ma intanto i conti li scassa a me. Se non lavoro, non prendo. Se lavoro e ho il salario bloccato, devo essere contento anch’io perché l’inflazione, finalmente, sale?

E non abbiamo ancora ricordato il pandemonio che si è scatenato in Medio Oriente. Dopo gli attentati di Parigi, ci è ormai chiaro che i terroristi possono colpire in qualsiasi momento e ovunque.
La paura di un altro Bataclan grava come una minaccia impalpabile su qualsiasi piccolo o grande evento. Il mondo è pieno di matti e di fai da te. Allora, vai al veglione fidandoti delle misure di sicurezza del locale, ti armi col rischio di entrare nel circolo perverso anche tu, oppure te ne stai a casa a guardare qualche vecchia pellicola in tv?

Da qualche tempo, specialmente nelle trasmissioni sportive e nei talk show, va di moda la palla di parole. Qualcuno mette insieme nomi, aggettivi, verbi che meglio sembrano sintetizzare l’argomento di cui si parla ed ecco un nuovo giochino da presentare agli spettatori. Ho provato anch’io, senza fare proprio una palla, ma mettendo in fila i termini che più mi sembrano rappresentare questo 2015 ormai a fine corsa.
– delusione, perché la ripresa non riprende, il lavoro stagna, i bidonisti aumentano e i furbetti pure;
– frustrazione, perché ognuno di noi si sente inerme, poco garantito e per nulla protetto;
– rabbia, perché abbiamo un’Europa e un’Italia che sembrano prendersela più con i poveracci che con i potenti;
– sospetto, perché ormai diffidiamo di tutto e di tutti. Così è se vi pare, direbbe Pirandello;
– chiusura, perché ormai non crediamo più a niente e a nessuno. A volte, nemmeno a noi stessi.

Mettetevi l’animo in pace per l’anno nuovo. Ci vorrà ancora parecchio tempo, perché la baracca dev’essere ricostruita praticamente dalle fondamenta. Voi, intanto, badate a scansare le macerie.
Auguri! Prometto che la prossima volta sarò più ottimista.