di Tony Frisina e Antonio Silvani.
Facciamoci una passeggiata, ovviamente a piedi (smitizziamo il luogo comune che gli Alessandrini vadano anche al cesso in macchina), lungo via Mazzini, partendo da piazza Rattazzi (se qualcuno non ha ancora capito quale sia questa piazza, è pregato di respirare un po’ d’aria di Palazzo Rosso, tanto è lì vicino, così si farà furbo…) e, facendo finta di essere foresti, aiutiamoci con una pianta di Alessandria, non importa se del 1730 circa (vedi all. n. 1, tratto dal libro del 1929, curato dal Prof. Giovanni Jachino “Vicende militari della città di Alessandria – 1168 – 1868“).
Seguendo la piantina, andiamo avanti lungo la via, incrociamo via Venezia e soffermiamoci un secondo…
Guardiamo com’era la via del bàbi (via del manicomio) tanti anni fa (all. n. 2a, tratto dal libro “Ricordi alessandrini – cartoline e cronache d’epoca” di Tony Frisina) ed ammiriamo la chiesa delle Sante Anna e Teresa, demolita (tònt per cambiè) nel 1951. Dice l’autore: “Uno scorcio di insolita bellezza. E’ affascinante scoprire, attraverso questa cartolina, una città sconosciuta e dal punto di vista urbanistico armonica e gradevole”.
Ora incazziamoci pure e vediamo lo stesso scorcio (all. n. 2b ), o, a scelta, sconcio, oggi!
Passiamo oltre e seguiamo quello che oggi è il muro del vecchio ospedale Psichiatrico, una volta chiamato ospedale de’ Pazzerelli (all n. 3c)…
…fino ad arrivare alla fine di via Mazzini, all’incrocio con spalto Marengo (anche se una volta questo spalto era inesistente).
La cartolina all. n. 3b, datata 1929, mostra appunto la fine di via Mazzini, l’incrocio con spalto Marengo e, sullo sfondo, viale Orti (oggi viale Milite Ignoto).
Il punto in cui via Mazzini sbocca in spalto Marengo si apprezza nella cartolina all. n. 3a, più o meno dello stesso periodo della prima.
Ancora qualche passo verso il quartiere (una volta la frazione) Orti e si arrivava ai bastioni che circondavano la città, proprio nelle vicinanze di Porta Rezolia.
Il nome di questa porta era dato dal vicinissimo quartiere Aršola, chiamato dal resto di Alessandria “quartiere della rogna”, per l’aria che si respirava non del tutto salubre: le sue casupole erano focolaio di epidemie di ogni sorta.
Questo malsano quartiere occupava in parte l’area dell’ex ospedale psichiatrico e le campagne immediatamente dopo la fine di via Mazzini ed era costituito da attività agricole ed industriali (filande e manifatture), case di abitazione contadine ed operaie.
L’all. n. 4a, che mostra appunto l’antico quartiere di Arzola, è una rara fotografia di Castellani (carta all’albumina montata su cartoncino), datata 1880, della Fototeca civica di Alessandria e ricavata da FB “Alessandria – Lisòndria”.
Un’altra pittoresca foto di questo quartiere (all. n. 4b), per altro molto più animata e “vissuta” (sia da militari che da gente comune) della prima, è tratta dall’Archivio Giulio Massobrio di Alessandria (http://www.oocities.org/vapensiero_lastampa/03.htm).
Nel 1870 Il quartiere Arzola, nonostante gli insediamenti agricoli ed industriali, giudicato un pericolo per la salute dell’intera città inizia ad essere demolito ed in dieci anni viene raso al suolo, per fare posto ad un ampliamento del manicomio ed alla colonia agricola per i degenti dell’ ospedale psichiatrico, quella che in Alessandria era chiamata j’òrt di màt (gli orti dei matti).
Sembra che alla distruzione di questo quartiere lavorassero anche i ricoverati del manicomio (diciamolo piano se no diamo certe idee all’attuale amministrazione di Alessandria…).
Nell’all. n. 5 possiamo vedere come gli spazi degli orti dei matti ai giorni nostri siano stati felicemente riempiti sia dalla Ristorazione Sociale e dagli orti per i pensionati o per gli anziani.
La Ristorazione Sociale possiamo apprezzarla nell’all. n. 5b – parte delimitata dal rettangolo rosso – (Facebook: Alessandria – Lisòndria) e nell’all. n. 5c .
Gli orti per i pensionati si vedono nell’all. n. 5b (Facebook: Alessandria – Lisòndria) e nell’all. n. 5a (uuushh.wordpress.com).
Prima di parlare di Arzola avevamo detto che ci trovavamo nelle vicinanze di porta Rezolia ed allora facciamo la sua conoscenza.
Via Mazzini in parte del sedicesimo secolo e nel diciassettesimo era chiamata strada ad portam Rezoliam finchè questa porta, nel 1658 fu ristrutturata ed abbellita (non abbiamo immagini dell’antica porta Rezolia) da tal Ferdinando Garzia de Ravanal, un oscuro sergente spagnolo che, non si sa se per capacità o “calci nel sedere”, divenne governatore di Alessandria, lasciando un triste ricordo di sè.
Manco a dirlo la porta cambiò subito nome e divenne porta Ravanale e via Mazzini divenne quindi strada (o contrada) di porta Ravanale.
Nell’all. n. 6a (da “Album Alessandrino Cartoline e Cronache d’epoca” di Tony Frisina) possiamo apprezzare porta Ravanale vista dalla parte degli Orti, mentre l’all. 6b, di cui sono state smarrite (o, meglio, Antonio ha smarrito!) le coordinate di dove sia stato tratto, mostra la stessa porta vista dalla parte della città.
Porta Ravanale era uno dei vari accessi alla città e permetteva di controllare il transito di persone, cose e mezzi, garantendo quindi il pagamento delle dovute gabelle.
Durante il periodo napoleonico, con la realizzazione delle nuova piazza d’armi extra moenia, chiamata ancora oggi piàsa d’àrm, dove si trova l’aereoporto, vicino al cimitero (valeva la pena demolire il vecchio duomo?), il toponimo si trasformò in rue de Polygone, collegando il centro amministrativo di piazza della Libertà, all’epoca place d’Arme, al nuovo poligono di tiro dell’artiglieria.
Ancora oggi, quale retaggio dell’epoca, nel quartiere Orti si trova Via Poligonia.
Ritornò quindi la vecchia denominazione di via di Porta Ravanale, mentre dalla fine delll’800 la via fu definitivamente chiamata via Mazzini.
Nel 1834 inizia la demolizione delle mura cittadine nelle adiacenze di porta Ravanale, e l’abbattimento della porta stessa avviene nel 1868.
In via Mazzini, sul lato opposto al manicomio, sorgono costruzioni di tipo rurale, industriale ed abitativo (occupati da gran parte degli abitanti e delle attività presenti nella Demolita Arzolla).
Questa concentrazione operaia e contadina, in altre parole proletaria, farà si che la parte terminale di via Mazzini (o, secondo altre versioni, di Via Guasco) prendesse il nome di Cantón di Rùs, ove per rùs si intende quella ideologia politica che oggi quelli che se ne riempiono la bocca non sanno neppure che cosa sia!
L’abitato, da tutti conosciuto col nome di Orti, esisteva già da moltissimo tempo oltre la cinta muraria di Alessandria e soltanto dopo l’abbattimento dei bastioni, non è più stato un’appendice distaccata ma è diventato parte integrante della città, separato solo dal viale di circonvallazione Spalto Marengo.
Chi volesse sapere qualcosa in più su porta Ravanale si legga il libro “Album Alessandrino Cartoline e Cronache d’epoca” di Tony Frisina, ove l’autore, da pag. 49 a pag. 51, ha approfondito l’argomento.