Sul futuro delle Camere di Commercio un punto fermo ora c’è, ed è l’articolo 10 del DDL sulla Pubblica Amministrazione (parte della cosiddetta riforma Madia, dal cognome del ministro), che rappresenta certamente un passo in avanti, anche se solo il tempo dirà verso dove, e con quali conseguenze. Roberto Livraghi, segretario generale della Camera di Commercio di Alessandria (all’interno della quale ha trascorso tutta la sua vita lavorativa, come ci raccontò in un’ampia intervista ricca di riflessioni interessanti)
non si sottae ad un’analisi puntuale del documento di legge, e dell’attuale situazione, e ci aiuta a capire meglio quali potranno essere le ripercussioni concrete, in particolare a casa nostra, del percorso appena avviato, e che vedrà il completamento del processo non prima di due anni, o forse anche tre. E non nega, Livraghi, qualche perplessità sulla volontà di ridimensionare il ruolo “di un pezzo di pubblica amministrazione che, mi pare, a partire da casa nostra ha sempre mostrato di funzionare piuttosto bene: da noi, per fare un esempio, il bilancio preventivo si approva a novembre dell’anno prima, come logica vorrebbe, e come a quanto pare in tanti enti locali pare impossibile”.
Dottor Livraghi, per qualche tempo è parso, dalle cronache nazionali, che le Camere di Commercio potessero essere abolite, cancellate dal “riformismo rivoluzionario” del premier Renzi. Ora invece la nuova normativa di legge dice altro: però si parla comunque di una trasformazione importante, e di una riorganizzazione che sa di tagli e ridimensionamenti. Ci spiega?
Facciamo così: commentiamo l’articolo 10 del nuovo DDL Madia documento alla mano, così evitiamo di essere approssimativi, e stiamo ai fatti (ce ne porge una copia, ndr). Certamente si tratta di un approdo concreto, per quanto ancora di tappa: entro 12 mesi dovranno essere adottati i decreti attuativi, ed è lì che emergeranno le conseguenze concrete della riforma. Certo, considerato che un anno fa si parlava di eliminazione del diritto camerale al 100%, e di trasferimento del registro delle imprese al Ministero dello Sviluppo Economico, oggi ragioniamo su uno scenario molto diverso.
Ma..? Insomma, quali saranno i cambiamenti sostanziali, e cosa cambierà davvero?
Cambieranno molte cose, questo è certo. Non necessariamente tutte in peggio, anche se rimane un dato oggettivo, ossia la riduzione dei diritti camerali, che sono la principale risorsa finanziaria delle Camere di Commercio: il taglio, già cominciato nel 2015, arriverà al 50% nel 2017, e questo ha e avrà ripercussioni serie. Da noi, per fare un esempio concreto, si passerà dagli 8 milioni di introiti del 2014, ai 4 milioni di euro del 2017. La seconda fonte di finanziamento invece, che è data dai diritti di segreteria (dal costo della classica visura camerale, a pratiche più dettagliate e specifiche) era di 1 milione e 800 mila euro, e andrà verificato se, in qualche modo, su questo terreno si potrà recuperare qualcosa.
Vediamo allora cosa dice il DDL: ce lo illustri lei, aiutandoci ad individuare i punti ‘focali’.
Primo punto: il numero delle Camere di Commercio diminuirà dalle attuali 105 a non più di 60. In realtà alcune realtà hanno già anticipato queste indicazioni, e a memoria mi pare che 28 Camere si siano già accorpate, diventando 12. E’ il caso, ad esempio, di Biella e Vercelli. Naturalmente questa redifinizione delle circoscrizioni territoriali dovrà seguire determinati criteri, in parte già enunciati dalla normativa, e in parte contenuti nei futuri decreti attuativi.
Semplifichiamo per noi ‘non addetti ai lavori’…
Il criterio base è il numero di aziende iscritte: dovranno essere almeno 75 mila, ma con una serie di precisazioni: dovrà esserci sempre almeno una Camera per regione, ad esempio, e una Camera in ogni provincia autonoma, o città metropolitana. E poi ci sono alcune eccezioni per città di confine.
In sostanza, ad Alessandria cosa potrà succedere? Avete già analizzato gli scenari possibili, e magari avviato qualche contatto?
La nostra è una realtà sana, con i conti in ordine, e 67 dipendenti. Da un anno a questa parte con il presidente Coscia lavoriamo in maniera costante, da un lato per continuare a garantire attività e servizi sia rivolti alle imprese associate che al territorio, dall’altro per valutare tutte le possibilità sul tappeto. Certamente è un fatto che sul fronte della promozione del territorio abbiamo già quest’anno dovuto ridurre drasticamente il budget complessivo per gli interventi, passato più o meno da 4 a 1,5 milioni di euro. Entro novembre, in fase di approvazione di bilancio preventivo 2016, valuteremo cosa ancora sarà possibile fare l’anno prossimo. Per quanto riguarda le ipotesi sul futuro, la normativa dice che “nei casi di comprovata rispondenza a indicatori di efficienza e di equilibrio economico”, sarà anche consentito rimanere autonomi. Ma naturalmente fino a quando i decreti attuativi non faranno chiarezza sui citati indicatori, siamo nel campo della pura teoria. Così come ad oggi è chiaro soltanto che gli eventuali accorpamenti dovranno avvenire con logica regionale. Per cui, per chiarirci, è esclusa Pavia, anche se siamo confinanti: mentre con tutte le province piemontesi (a parte Torino che in quanto città metropolitana seguirà un percorso autonomo) il discorso è in teoria aperto. In pratica, il quadro normativo si dovrebbe definire entro l’estate 2016.
Un aspetto tutto sommato marginale, ma che certamente colpisce l’opinione pubblica, è quello relativo ai compensi degli organi di governance: è vero che, dal presidente della nuova Camera di Commercio in giù, saranno tutti incarichi gratuiti?
In realtà sul fronte governance potrebbero esserci molte, importanti novità. L’articolo 10 del Decreto Madìa impone infatti non solo la riduzione dei componenti di consiglio e giunta, ma anche “nuovi criteri di elezione, in modo da assicurare un’adeguata consultazione delle imprese”. Anche qui si attendono chiarimenti, e c’è già chi ipotizza che questo possa significare voto diretto (magari tramite web), e non più ‘mediazione’ da parte delle diverse associazioni di categoria. C’è poi, certamente, anche la questione della gratuità degli incarichi “diversi da quelli nei collegi dei revisori dei conti”. Peraltro oggi per giunta e consiglio non ci sono stipendi, ma gettoni di presenza. Vedremo quali saranno le indicazioni precise al riguardo, e in caso di gratuità, naturalmente, anche chi sarà ancora disposto ad impegnarsi.
Dottor Livraghi, parliamoci chiaramente: non è che anche la riforma delle Camere di Commercio, come quella delle Province, rischia di rimanere ‘a metà del guado’, e di dare l’impressione della classica ‘toppa’ peggiore del buco?
(sospira e ci guarda pensieroso, ndr) Sinceramente non lo so, non ci sono elementi sufficienti per dirlo. Posso però sbilanciarmi in questo senso: si tratta di una riforma che non porterà complessivamente a nessuna riduzione della spesa pubblica, e che a fronte di un modesto risparmio per le singole aziende in termini di diritti camerali, rischia di privare tanti territori (compreso il nostro) di un motore di sviluppo certamente migliorabile, come sempre, ma che in questi decenni, e in particolare da quando è scoppiata la crisi, il suo ruolo ha cercato di svolgerlo appieno, e con buoni risultati. Ma, da osservatore e da cittadino, vado anche oltre, e dico che la complessiva riorganizzazione della macchina pubblica potrebbe sì rappresentare una grande occasione di modernizzazione e razionalizzazione, ma solo se ci fosse un soggetto istituzionale in grado di prendere in mano la situazione, e di coordinare tutto il processo. Per come la vedo io, quel soggetto potrebbe essere solo la Regione, che però mi pare presa da altre emergenze, di varia natura, e al momento poco coinvolta. Per cui, in via puramente ipotetica, un cittadino, facciamo un esempio a caso, di Tortona, potrebbe tra qualche tempo ritrovarsi come riferimento la Provincia di Alessandria/Asti, ma anche al contempo una Camera di Commercio di quadrante, o di Alessandria-Novara, e ancora un Atc di Alessandria-Asti-Cuneo, e una Asl ancora diversa. Insomma, starei attento ai rischi di una riforma Arlecchino, i cui benefici positivi per i cittadini sarebbero poi davvero tutti da misurare.
Ettore Grassano