E’ da pochi giorni il nuovo segretario generale della Camera di Commercio di Alessandria, ente all’interno del quale ha compiuto, dal lontano 1977 ad oggi, tutto il suo percorso professionale. Ma Roberto Livraghi per Alessandria è anche altro, e di più: basti pensare ai suoi importanti contributi nell’ambito della storia locale e d’impresa, o ai suoi ‘trascorsi’ politici, per lo più ‘targati’ prima repubblica, ma con un’esperienza (come assessore comunale alla Cultura) anche nella seconda, nella giunta guidata dal sindaco Mara Scagni. Insomma, conversare con Livraghi consente davvero di ‘mettere a fuoco’ le peculiarità (e le criticità) non solo economiche ma socio-culturali del nostro territorio. Naturalmente con lo sguardo puntato soprattutto sul possibile ruolo della Camera di Commercio come ‘cabina di regia’ di un nuovo, vero progetto di rilancio.
Dottor Livraghi, lei conosce come pochi il tessuto d’impresa dell’alessandrino, e ne ha analizzato nei decenni le trasformazioni ‘sul campo’, da un osservatorio privilegiato come la Camera di Commercio. Siamo davvero così malmessi come spesso ci descrivono, e ci descriviamo?
Io non lo credo, assolutamente. La nostra provincia ha potenzialità, risorse, competenze e capacità di fare impresa ai più alti livelli. Che la crisi abbia colpito duro è indubbio, ed è un dato nazionale. Ma gli italiani, e gli alessandrini, hanno sempre dato il meglio nei momenti di difficoltà. E anzi ‘passaggi’ difficili come quello che stiamo vivendo possono e devono essere l’occasione per una seria riorganizzazione, che guarda al futuro.
Prima di parlare del domani, ci aiuti a fare un passo indietro, e a contestualizzare. Lei è in Camera di Commercio dal 1977: come è cambiato il ruolo dell’ente, e quali sono stati i passaggi fondamentali?
Quando entrai in Camera di Commercio non ero neanche ancora laureato: grazie ad un concorso per diplomati, che era in realtà il secondo che vincevo. Il primo, in Ferrovia (come da tradizione di famiglia: era ferroviere mio papà, ed entrambi i nonni), mi portò a lavorare a Torino, stazione Porta Nuova. Ma, appunto, scelsi la Camera: partecipando poi ad un successivo concorso, per laureati, nel 1980. Le Camere di Commercio in realtà all’epoca erano ancora regolamentate da un decreto del 1944, ‘della durata di mesi sei’, come recitava il testo originale, e che poi fu prorogato di decennio in decennio fino al 1993. Però seppero giocare d’anticipo, e dare avvio ad una autoriforma, diciamo così: decidendo di puntare con decisione sulla promozione e valorizzazione dell’economia locale, molto prima che fosse appunto la legge ad attribuirci questo ambito di competenza, accanto a quello più ‘burocratico’ di gestione del sistema delle imprese.
Erano gli anni della presidenza di Attilio Castellani, figura di spicco anche in ambito politico locale…
Decisamente: l’ingegner Castellani fu presidente della Camera di Commercio dal 1975 al 1990, ma anche protagonista della stagione della pianificazione industriale di Alessandria, e ‘padre’ del piano regolatore dell’epoca, che ha determinato lo sviluppo di questo territorio nei decenni successivi. E’ stato sotto la sua guida che la Camera di Alessandria ha saputo proporsi come esempio di avanguardia: Castellani diede vita ad esempio, insieme a 3 o 4 altri presidenti del resto d’Italia, a Cerved, società per azioni per la gestione informatizzata (come si diceva allora) dei registri delle imprese. In sostanza, nei primi anni Ottanta le Camere di Commercio erano già in rete, in una sorta di Intranet che rappresentò un progetto a cui tanti, a livello europeo, si ispirarono, perché assolutamente moderno ed innovativo. Ma vale la pena ricordare anche altri due passaggi essenziali di quegli anni. Insieme ad Enrico Salza (all’epoca presidente della Camera di Commercio di Torino), Castellani diede vita al Centro Estero Regionale, con l’obiettivo di fornire assistenza, consulenza, formazione alle imprese piemontesi orientate all’export. Ebbene, il Ceip (Centro Estero Internazionale Piemonte) di oggi, partecipato da Camere di Commercio e Regione, è l’evoluzione di quel progetto, e fu poi ‘clonato’ in tutta Italia. E poi ricordiamo anche il nostro Concorso Enologico, nato nel 1975, e che rappresentò una leva di grande innovazione sul fronte della promozione dell’economia enologica di casa nostra. Anche qui, basta un dato: nel 1970 solo il 9% dei nostri vigneti produceva vini doc, oggi siamo al 92%.
Poi, nel 1993, comincia l’era moderna delle Camere di Commercio, con l’entrata in vigore di una legge ad hoc, che ne ridefinisce le attività: cosa cambia?
Vengono meglio formalizzate le due funzioni essenziali delle Camere di Commercio: da un lato la vocazione anagrafico certificativa, ossia il registro delle imprese completamente informatizzato. Dall’altra tutte le attività di promozione di territorio, prodotti, vocazioni distrettuali cessano di essere un optional, e diventano funzione istituzionale.
E arriviamo all’oggi dottor Livraghi: e al premier Matteo Renzi, che sembra intenzionato ad inserire le Camere di Commercio tra gli enti inutili, destinati alla rottamazione…
Certamente Renzi da un lato ci coglie di sorpresa, ma dall’altro le sue affermazioni potranno essere anche uno stimolo, per continuare in quel progetto di profonda innovazione che non solo noi qui ad Alessandria, ma il sistema Camerale nel suo complesso già aveva intenzione di intraprendere. La mia impressione è che, lungi dall’essere inutili, ancora più con le trasformazioni in atto nelle Province, hanno tutte le carte in regola per essere protagoniste di una stagione di rilancio economico ed imprenditoriale dei diversi territori e distretti. Il che, naturalmente, non significa che va tutto bene così com’è: tutt’altro. Una revisione profonda sul piano organizzativo e dell’erogazione dei servizi è indispensabile. Compreso il tema, di recente sollevato anche dal nostro presidente Coscia, del numero delle Camere: devono per forza essere 105, quante sono le Province, o il loro numero può essere ridotto, attraverso accorpamenti funzionali?
Il discrimen potrebbe essere il numero delle aziende iscritte?
Credo di sì: forse la soglia delle 40 mila (e non perché noi ne abbiamo 44 mila) potrebbe essere un criterio che consentirebbe sostanzialmente di dimezzare le strutture, senza minimamente venir meno al ruolo. Altro aspetto è poi quello delle aziende speciali: noi ne abbiamo una sola, Aspèria, che si occupa di promozione del territorio, e che peraltro utilizza sia personale che sede della Camera di Commercio, senza quindi costi aggiuntivi. Ma è innegabile che altrove, in giro per il Paese, non ci si è sempre mossi con analoga attenzione al controllo dei costi, per cui certamente le attuali 130 aziende speciali del sistema camerale sono troppe: se si stabilisse che ne esiste una per Regione, ad esempio, si scenderebbe immediatamente a 20.
Poi c’è il tema dei criteri con i quali vengono eletti gli organi di governo delle Camere di Commercio: è possibile pensare a percorsi diversi? Ad esempio l’elezione diretta?
E’ un altro elemento di riflessione: oggi, proprio in applicazione della legge del 1993, il criterio è quello di dar voce, e di affidare la scelta dei rappresentanti, al mondo delle associazioni professionali e di categoria, con un ruolo attivo anche delle regioni. L’idea però di far partecipare in maniera diretta tutti gli imprenditori (magari sfruttando gli strumenti di consultazione elettronica: imporre fisicamente un turno elettorale in un certo giorno e luogo mi pare arduo) va però certamente valutata con attenzione.
E veniamo al rapporto diretto con il mercato: come oggi la Camera di Commercio di Alessandria può aiutare le sue imprese, grandi e medie ma anche piccole e piccolissime, a riprendere un cammino di crescita?
Consideriamo che, in base ai criteri nazionali, da noi le grandi imprese oscillano tra l’1 e il 2% del totale. La struttura portante della nostra economia territoriale invece è costituita da imprese medie, e medio piccole. Che hanno oggi alcune priorità chiare, a partire dall’accesso al credito. Siamo onesti: non è che la Camera di Commercio può sostituirsi alle banche, o decidere per conto delle banche. Però stiamo lavorando, ad esempio, perché le imprese possano accedere a fondi di garanzia che accompagnano il credito. E parliamo di Confidi, ma anche di una dozzina di consorzi di garanzia del credito operative in provincia. Su questo fronte abbiamo già stanziato per il 2014 un contributo di 700 mila euro, mentre un contributo arriverà anche dalla Regione Piemonte, e stiamo cercando di stimolare le Fondazioni bancarie a fare altrettanto. In più, esiste un fondo di garanzia nazionale delle Camere di Commercio, che il sistema camerale (noi compresi, dunque) ha deciso di rafforzare con altri 70 milioni di euro. Un fronte locale dunque, e uno nazionale: l’unione fa la forza!
Poi c’è l’export: da sempre leva essenziale per l’alessandrino, soprattutto in tempo di crisi dei consumi interni……
Esatto. Anche lì mettiamo a disposizione delle imprese una serie di misure, progetti, iniziative e contributi. A partire da un aiuto concreto a chi decide di partecipare a mostre e fiere all’estero, per passare al sostegno articolato offerto dal Centro Estero regionale. Pensiamo naturalmente a chi all’estero già ci va, e in maniera significativa, ma anche alle imprese giovani, piccole o piccolissime che il percorso estero vorrebbero intraprenderlo, ma da sole non ce la fanno, perché non sono strutturate. Da noi trovano una sponda importante sia attraverso i Pif (progetti integrati di filiera) che i Pin (Progetti integrati di mercato). E posso assicurare che mettiamo a disposizione delle imprese consulenti davvero qualificati e preparati: ho partecipato, per documentarmi, ad un incontro rivolto a chi fa export nel settore enologico, e mi veniva voglia, quasi quasi, di diventare produttore ed esportatore io stesso, tanto era stimolante e chiaro il consulente. E comunque anche sull’export abbiamo stanziato in maniera diretta, per il 2004, 700 mila euro.
Sul fronte promozione del territorio, invece, impossibile non pensare ad Expo 2015: si dice che siamo già in stra-ritardo…
In realtà, è vero, per tante ragioni anche di carenze infrastrutturali rischia di essere un treno ad altissima velocità, che noi vediamo solo passare, e che non si ferma nelle nostre stazioni. Ma può essere invece anche un’occasione straordinaria per costringerci a riorganizzare, davvero e con determinazione, la nostra immagine ed offerta turistica, a partire dall’enogastronomia e dall’ospitalità, ma non solo. Da questo punto di vista noi abbiamo un brand, che si chiama Monferrato. Che magari, e anzi certamente, non rappresenta tutti gli angoli dell’alessandrino. Ma che è già sufficientemente noto ‘fuori porta’ da consentirci di sfruttarlo al meglio. E non penso, badi bene, al solo 2015: Expo è solo l’occasione, l’obiettivo immediato: ciò che davvero è interessante è la continuità da costruire e offrire, negli anni successivi.
Insomma dottor Livraghi: lei parla già da regista…
Non io, si intende: ma la Camera di Commercio sì, secondo me. Oggi abbiamo tutte le carte in regola, e le condizioni favorevoli, per metterci alla guida di un pool di soggetti che operano sul territorio, e che sono la Fondazione CrAl, la Provincia (che contrariamente alla retorica vigente non sparisce: subisce alcune trasformazioni), e l’Atl, ossia Alexala. Più i 7 comuni centro zona.
Il totale fa 11: come una squadra di calcio!
(sorride, ndr) Esatto, e senza riserve: nessuno può stare in panchina in questa partita. Questo è importante capirlo, e ribadirlo.
Ci sono però altri due Livraghi a cui non possiamo non fare cenno: il politico, e lo storico.
Beh, il politico è ormai in soffitta, glielo garantisco. Anche se certamente la politica fu per me, per tanti anni, una passione autentica, che non rinnego. Sono stato consigliere comunale ad Alessandria, nella Dc, dal 1977 al 1993: facendo a tratti anche il capogruppo, e comunque sempre come forza di opposizione. Occupandomi per alcuni anni, dal 1986 al 1990, della gestione del partito, come segretario provinciale. Poi, in concomitanza con la fine della prima repubblica, decisi di dedicarmi ad altro, anche se in effetti con una successiva esperienza di due anni in giunta con Mara Scagni, nel 2006-2007, come assessore alla Cultura.
Nel frattempo era ‘affiorato’ lo storico che è in lei dai tempi della laurea in Lettere, con specializzazione appunto in storia…
Più o meno è andata proprio così: nel 1991 cominciai a studiare e scrivere di storia locale. E la prima pubblicazione fu proprio la storia del palazzo della Camera di Commercio, e della biblioteca del seminario. Da allora ad oggi, tra libri, partecipazioni e articoli, siamo a circa 200 scritti. Compreso un filone, quello della storia d’impresa, che credo rappresenti una risorsa importante e ancora in gran parte da esplorare per il nostro territorio.
Curiosità finale: alla notizia della sua nomina, abbiamo letto su facebook le felicitazioni di un artista di talento come Max Manfredi. Esiste anche un Livraghi esperto di musica, e di cantautori in particolare?
(sorride, ndr) Max è un grande, probabilmente l’unico cantautore vivente che può essere accostato a De Andrè senza sfigurare. Lo conosco e apprezzo da alcuni anni. Non è solo un cantautore peraltro: è anche uno scrittore, e un attore con grande presenza scenica e capacità interpretativa. Un intellettuale a tutto tondo direi. Sono lieto di aver ricevuto le sue felicitazioni!
Ettore Grassano