Prendendo spunto dal mio recente articolo sul Bike-Sharing ad Alessandria, è sorta una nuova domanda: se il Bike-Sharing è ancora al suo stadio embrionale – ma proprio embrionale! – qual è la situazione generale della sharing economy nella nostra città?
In tutto il mondo, la Sharing economy sta cambiando modelli produttivi e stili di vita. Adottata in risposta alla crisi economica globale, sta rivitalizzando il settore privato creando nuove realtà occupazionali. A dire il vero, anche il settore pubblico sta conoscendo nuovi spazi di manovra aperti dalla sharing economy.
Si è dimostrata, infatti, in grado di fornire soluzioni allo stesso tempo economiche e sostenibili a problemi “urbani” come l’aumento della popolazione, la diminuzione della spesa pubblica in servizi, traffico, inquinamento, allocazione delle risorse ed emergenze abitative. Intere città, prima metropolitane, ma ora anche di media e piccola grandezza, hanno visto i propri spazi pubblici ridisegnati dalla sharing economy, con effetti visibili sul nostro stile di vita.
Le soluzioni per la città sono molteplici. Nel settore trasporti sono stati introdotti il Bike-Sharing, il Car-Sharing e, addirittura, lo Scooter-Sharing. A Milano, ad esempio è possibile noleggiare Smart, 500, auto elettriche e motorini a prezzi molto bassi. Il tutto affidato all’ATM, la partecipata dei Trasporti. Non è poi così fantasioso immaginare gli effetti che avrebbe in Alessandria l’adozione di questi mezzi: diminuirebbe il numero di mezzi per la circolazione interna, fermerebbe l’inquinamento e, grazie ai prezzi ridotti, andrebbe a colmare i vuoti lasciati dalla disastrata ATM nostrana, che ne gioverebbe economicamente mantenendo il controllo sui mezzi.
E i benefici della Sharing Economy non si esauriscono qua. A giovare alla città ci sono anche i progetti di Co-Housing e Co-Working. Il primo consiste nel creare soluzioni abitative a basso costo e dove le risorse vengono condivise. Si potrebbe fare riconvertendo ex-casermoni o altri edifici pubblici ormai lasciati alla fatiscenza e al disuso, rispondendo così all’emergenza abitativa. Il Co-Working consiste invece nel fornire alle imprese spazi in cui uffici, macchinari e altri asset sono a totale condivisione. Ad esempio, si creano “hub” o edifici che le aziende utilizzano per riunioni, meeting, progetti, lavori di gruppo o eventi, come l’Open a Milano che è bar, biblioteca, uffici riforniti di computer, stampanti e cancelleria, sale riunioni e tavoli-studio.
Esistono poi una lunga serie di applicazioni private della Sharing Economy di cui l’amministrazione dovrebbe informare i propri cittadini: gli orti solidali, il Couchsurfing, le biblioteche di condominio, i “social street forum”. Tutte iniziative che richiedono pubblicizzazione da parte dell’amministrazione, sia perché non note ai più, sia perché la loro adozione richiede un netto cambio di mentalità del cittadino.
Parlare di Sharing Economy in una città come Alessandria, attualmente, sembra pura fantascienza.
Pare non esserci nessuna bozza per un suo sviluppo. L’amministrazione si copre e si coprirà dietro la massima “Non ci sono fondi”. E probabilmente, visto le nostre pene degli ultimi anni, i fondi non ci sono davvero. Ma ciò che fa la differenza, come sempre, è la volontà politica. Perché se guardiamo al futuro, Alessandria avrebbe tutto da guadagnare con la Sharing Economy. Anche perché l’alternativa sarebbe ben più esosa. Salvare ogni due anni l’ATM irrorando nuovi milioni senza che i servizi crescano. O abbandonare ancor di più le periferie e i grandi spazi pubblici che con la crisi non si è più potuto mantenere aperti.
Con soluzioni nuove e sostenibili la città avrebbe una mobilità coerente, una rinnovata concezione e condivisione dello spazio pubblico e una mentalità più aperta. Per non parlare dell’alleggerimento della spesa e dai ricavi che si potrebbe ottenere con strutture e risorse condivise. La Sharing Economy ci cambierà, dobbiamo solo essere pronti.