di Tony Frisina e Antonio Silvani.
Ci spostiamo nuovamente in piazza Rattazzi per parlare di un cesso… ma che cesso! Parliamo dei Gabinetti Municipali (vedi all. n. 1) una volta siti davanti a Palazzo Rosso (non Rossa…), passati alla storia come il luogo di lavoro, l’ufficio, il regno di Carlinët (come specificato dal cartello in all. n. 1a).
Ma chi era Carlinët? Così era chiamato nell’Alessandria degli anni ’20 il guardiano ed anche pulitore dei gabinetti pubblici sotterranei di piazza Rattazzi.
Era sempre vestito, anche quando “strugiàva” i cessi, con un’elegante palandrana nera ed una bombetta, in netto contrasto con l’esercizio del suo ufficio. Assunto come macchietta dalla saggezza popolare, ma preso in giro per la sua velleità di candidarsi a sindaco della città (anche se avrebbe sicuramente superato in capacità alcuni sindaci e sindachesse attuali…), vanta numerosi episodi che lo hanno visto protagonista come novello tribuno circa il buon andamento dell’amministrazione. Suoi compagni di capannello dibattimentale erano un certo Pasino, custode del “Kursaal Marini”, Cisquì, guardia municipale e Casorati, inserviente alla Camera del Lavoro. Questo spasacèsu era tanto famoso che il comico Libero Costa affiancò al suo cavallo di battaglia, l’imitazione di Charlot, anche la macchietta di Carlinët. Nell’all. n. 2 possiamo apprezzare la caricatura di questa operatore ecologico dell’epoca, immortalata dalla penna del caricaturista ed umorista alessandrino Mario Capurro.
I Gabinetti municipali, datati 1908, erano sotterranei e ci si arrivava tramite due comode scale, la cui tromba era protetta in superficie da un’elegante balaustra in pietra (vedi all. n. 1a ed 1b). La penna di Gianfranco Calorio (all. n. 1 c) ha immortalato queste latrine nel libro di Sandro Locardi “Gajoud an paradis“.
I Gabinetti municipali furono poi chiusi, forse per motivi di sicurezza e/o igiene, ed il tutto rimase fermo fino al 2011 finchè l’opera non piacque più nella stanza dei bottoni…
… avvenne poi che um mezzo DEL COMUNE facendo manovra urtò e demolì “involontariamente”, ma noi, anche questa volta useremo il modo di dire alessandrino cumbinasión cumbinàja, un pezzo della balaustra.
Questo piccolo sfacelo (immortalato dall’instancabile macchina fotografica di Tony) era quello che chi di dovere si aspettava: in men che non si dica gli storici Gabinetti municipali furono rasi al suolo (chissà che fine avrà fatto la balaustra… ma che stupidi, sicuramente in qualche discarica…).
Dice Tony nella sua rubrica “Un tuffo nel passato“:
“Decidere di abbattere la balaustra in pietra risalente al MCMVIII (così era inciso sul manufatto in pietra) e di tappare tutto quel che stava al di sotto del livello stradale è stata un’operazione spregiudicata, una scelta univoca calata sulla città e sui cittadini con il massimo dell’arroganza politica, senza alcun interesse nel verificare se quella decisione sarebbe stata di gradimento alla città. (omissis) Il carico da undici – per citare Camilleri – è stata la ormai (purtroppo) famosa fontana tricolore (all. n. 4a) collocata sulle ceneri dei Gabinetti Municipali. C’era da vergognarsi solamente a passare nelle vicinanze dell’immane e squallida schifezza artistica edificata proprio sul sedime dei più nobili Gabinetti e successivamente fortunatamente collocata in un ripostiglio (all. 4b)… dove si spera possa restarvi per sempre.”
In data 17 marzo 2014 – afferma il Consigliere Comunale pentastellato Andrea Cammalleri in una sua interpellanza al sindaco come, durante la visita della VI Commissione Sicurezza e Ambiente presso il deputatore degli Orti, nonostante la presenza di alcuni giornalisti che non hanno ritenuto necessario informare i propri lettori, la fontana tricolore venisse rinvenuta, pulita ed imballata, all’ingresso della cosiddetta torre di controllo; per cui lo stesso Cammalleri chiede di conoscere “l’importo sborsato da Amag Spa per regalare alla cittadinanza una fontana di siffatta bellezza, e se (il sindaco) non ritenga necessario provvedere ad un suo ripristino, anche in altra sede, considerato che attualmente viene utilizzata come portaombrelli”.
Ci auguriamo che il Consigliere Cammalleri abbia ironizzato su questo argomento (tranne che per l’importo sborsato) e, con tutto il cuore, ci auguriamo che questa fontana tricolore possa fungere da portaombrelli ed in un luogo nascosto per omnia saecula saeculorum!
Poco tempo dopo la costruzione della fontana tricolore “di siffatta bellezza”, durante uno spettacolo dialettale, Antonio mostrò una slide della processione della Salve (vedi all. n. 5) e parlò di questa fontana. Riportiamo integralmente quanto disse con, bontà nostra, la traduzione.
L’ültim miràcul dla Sàlv
I dìšu che l’ültim miràcul, l’ültim prudìgi dla nòstra Patrónna u séa capità ant el 1945, quòndi che la Sàlv l’àva cmensipià a südè ‘d balùrd, quàši per anunsiè ‘na dišgràsia e, dòp nònca dói dì, Lisòndria as éra ‘mpinìa ad Tugnén ch’i stàvu ampajònda i tónd, ancasà ‘cmé del bìsi per ésesla piàja ant u stupén da j’Aleà… e alùra u j’éra u réšigh che, prìma ‘d scapè, i féisu ‘ncùra del distrusión e i šbardléisu mòrt e disperasión an mèš ai fió ‘d Gajóud. Ringrasiònda la Madòna i Tudësch jòn pensà ‘mmàchi a scapè fòrt ‘cmé del léver, sensa dàn per i Lisandrén.
[L’ultimo miracolo della Salve
Dicono che l’ultimo miracolo, l’ultimo prodigio della nostra Patrona sia capitato nel 1945, quando la Salve aveva incominciato a sudare di balordo, quasi per annunciare una disgrazia e, dopo neanche due giorni, Alessandria si era riempita di Tedeschi che stavano impagliando i piatti (se ne stavano andando via), incazzati come delle biscieper essersela presa nello stoppino dagli Alleati… e allora c’era il rischio che, prima di scappare, facessero ancora delle distruzioni e spargessero morte e disperazione in mezzo ai figli di Gagliaudo. Ringraziando la Madonna i Tedeschi hanno pensato solo a scappare forte come delle lepri, senza danno per gli Alessandrini.]
Pó, per àni e àni la Sàlv l’à pü fàc niénte… fìna ‘rivè a la prucesión dl’àni ch’jòn tirà sü la funtònna triculùr…
[Per anni la Salve non ha fatto più niente… fino ad arrivare alla processione dell’anno che hanno tirato su la fontana tricolore…]
Quòndi che, riturnònda anvèrs au dòm, el camiunsén con ansüma el Simulàcro miraculùš us è truvà a mìra del Palàsi Rùs e, per l’ešatësa, dadnòn a cùla fontònna triculùr, che chìch méiš prìma l’àva pià ‘l pòst du cèsu ‘d Carlinët (ancón u rišultà ‘d fè ‘n cèsu pü cèsu du cèsu ch’ujéra prìma), rivònda dadnòn a cùla funtònna, a dìva, us è cumpì ‘l miràcul: tüc i prešént jòn vìst che la Sàlv, dòp avéi bütà sü in mùr da šghénfi terìbil, as è vutàja da l’àtra pàrt!
[Quando che, ritornando verso il duomo, il camioncino con sopra il Simulacro miracoloso si è trovato a mira del Palazzo Rosso e, per l’esattezza, davanti a quella fontana tricolore, che qualche mese prima aveva preso il posto del cesso di Carlinetto (col risultato di fare un cesso più cesso del cesso che c’era prima), arrivando davanti a quella fontana, dicevo, si è compiuto il miracolo: tutti i presenti hanno visto che la Salve, dopo aver messo su una faccia da schifo terribile, si è voltata dall’altra parte!]