Marcello Canestri: “un ambulatorio gestito da volontari per ridare un sorriso ai bambini”

Canestri 5di Debora Pessot

 

‘Un giorno senza un sorriso è un giorno perso’. La celebre frase di Charlie Chaplin spicca da una delle pareti del suo ufficio. Medico chirurgo e titolare di un noto studio dentistico in città, Marcello Canestri sa bene quanto sia importante poter sorridere. Dal 1993, infatti, si occupa di curare pazienti affetti da una patologia che colpisce un bambino su mille nati: la labiopalatoschisi, comunemente definita labbro leporino.

Giusto qualche settimana fa la cena benefica organizzata nella suggestiva Cittadella di Alessandria, a favore dell’Ambulatorio di Labiopalatoschisi, ha avuto uno straordinario successo. E come poteva essere diversamente? Gli alessandrini, quando sono chiamati a dare il proprio contributo per una buona causa, ci sono eccome, e si fanno in quattro. Grazie all’Associazione Labiopalatoschisi di Alessandria ‘Un sorriso per loro’ e al contagioso entusiasmo del Dott. Canestri sono state davvero molte le persone (amici, colleghi, parenti, conoscenti e non) che si sono prodigate: chi ha cucinato per giorni, chi ha fatto il cameriere, chi ha accolto all’entrata e anche chi ha fornito spontaneamente materiale e cibo, insomma servizi di ogni tipo per il buon esito dell’evento.

Non si trattava solo di raccogliere fondi: l’obiettivo principale era quello di far conoscere una patologia non così rara e, soprattutto, quello di mettere in luce la situazione particolare in cui opera l’ambulatorio gestito quasi in toto da volontari e che rappresenta un fiore all’occhiello in questo settore, come dimostrano le numerose attestazioni di stima da parte dei genitori che qui hanno in cura i loro bimbi.
Ma chi meglio di Marcello Canestri ci può raccontare qualcosa in più?

 

Dottore, innanzitutto che cos’è la labiopalatoschisi?Canestri 4
È una malformazione della faccia che si può manifestare in diversi modi, per la quale non esiste un protocollo ben definito di cura: può essere monolaterale, bilaterale, può interessare soltanto il labbro, solo il palato, più problematico quando interessa labbro e palato, gengiva e naso.
Non si possono prevedere a priori né le cure e tantomeno gli interventi che si dovranno fare. Ciò che invece sappiamo con certezza è come comportarci di fronte a questi bambini. Abbiamo standardizzato una serie di protocolli, perché è a tutti gli effetti una patologia multidisciplinare.
Noi interveniamo a livello chirurgico, come chirurgia pediatrica, a livello ortodontico, ma, soprattutto, il nostro compito come ambulatorio è quello di far controllare il paziente da tutti gli specialisti che hanno la competenza per farlo: otorino, logopedista, pediatra, psicologo, foniatra, ecc.

Che problemi comporta questa disfunzione?
Estetici, respiratori e di deglutizione. Se un neonato ha questa patologia, quando beve il latte automaticamente gli esce dal naso. In questo caso, la prima cosa che facciamo è metterlo in condizioni di alimentarsi. Ma prima di tutto è necessario fornire un supporto psicologico ai genitori. Immagina di essere la mamma di un bambino con il labbro aperto, il palato aperto e che non può nutrirsi, ovviamente non sapresti gestire la situazione. In questa fase è fondamentale l’apporto psicologico; ma anche quando sarà adolescente e dovrà affrontare la chirurgia secondaria. Già da questo passaggio si svela l’importanza di un equipe e di un ambulatorio. Dall’accoglienza (arrivano bambini da tutta Italia), alla rassicurazione di essere in buone mani durante la terapia che, nella maggior parte dei casi, andrà avanti fino a che la crescita non è ultimata.

Canestri 1Prima dell’intervento chirurgico, come fanno ad alimentarsi?
Gli facciamo una placchetta. Io intervengo proprio per primo. Prendo un’impronta appena nato, con un cucchiaio modellato sulla sua bocca, e insieme all’odontotecnico gli costruiamo una placchetta che viene inserita in bocca per tappare la comunicazione col naso, creando due settori distinti tra naso e bocca. Traguardo importantissimo perché in questo modo il bambino potrà alimentarsi. Dopo di che interverranno le fasi chirurgiche, grossomodo intorno ai sei mesi, in base alla gravità della patologia. Cerchiamo inizialmente di chiudere il labbro per definire la bocca. Da lì i passi successivi saranno interventi chirurgici per dare una definizione morfologica ed estetica, ma principalmente guardiamo al lato funzionale, perché questi bambini possano mangiare, respirare, insomma fare una vita normale.

Lei che formazione ha?
Chirurgo maxillofacciale. Sono stato vent’anni dirigente ospedaliero e quando ho dato le dimissioni sono praticamente uscito dalla porta per rientrare dalla finestra, perché bisognava occuparsi di questi bambini in qualche modo.

In che senso?
Nel 1992 il Dottor Vaccarella, oggi primario del reparto pediatrico, mi ha trascinatoCanestri 2 con il suo entusiasmo in questa avventura, insieme a noi c’era solo un’infermiera, Rosa Taddeo, che, dopo anni di esperienza e di formazione, consideriamo a tutti gli effetti il nostro braccio destro per la gestione e l’organizzazione dell’ambulatorio. Quando, nel 2004, mi sono dimesso dall’azienda, per questioni di vedute professionali differenti, ho deciso di continuare il mio operato come volontario, chiedendo alla direzione sanitaria alcune condizioni, tra cui la possibilità di portare con me Rosa e tre odontoiatre (Maria Elena Pisano, Marilena Vaccarella e Chiara Procchio) che, come me, sono volontarie. L’azienda ci fornisce anche i locali dell’ambulatorio, nel quale continuiamo il nostro operato collaborando sempre con Francesco Vaccarella e con Claudio Carlini, entrambi chirurghi pediatri.

 

Canestri 3È il quinto anno che organizzate la cena benefica a favore dell’Ambulatorio …
È iniziata la raccolta fondi quando ritenni che fosse giunta l’ora di far conoscere il lavoro dell’ambulatorio e dell’Associazione ‘Un sorriso per loro’. Così, nel 2009, abbiamo organizzato un torneo di calcio al Don Stornini e alla sera si sono fermate più di cento persone a cena. Visto il buon esito, l’anno dopo abbiamo pensato di provare ad alzare la posta, così abbiamo affittato i locali del Circolo Borsalino (ex Barberis) e abbiamo messo in piedi una cena per trecento persone. Di anno in anno le adesioni sono aumentate, fino a che abbiamo cercato un posto più grande. Infatti il primo anno in Cittadella, due anni fa, è stato il clou dal punto di vista del successo.

E quest’anno?
Anche meglio. C’erano più di milleduecento persone e siamo riusciti a raccogliere una cifra considerevole, anche se, come ti accennavo, l’obiettivo principale era quello di sensibilizzare gli alessandrini su questa patologia di nicchia e sull’ambulatorio che, a parer mio, rappresenta un’eccellenza per la città in ambito medico. Le cure sono totalmente gratuite per i pazienti, dalla nascita all’età adulta, ed è l’unico centro in Italia che può permettersi di gestire a titolo gratuito tanti pazienti, proprio perché siamo tutti volontari. Questo è uno dei motivi del nostro successo. Paradossalmente sarebbe più facile per un’azienda riconoscere un reparto dove si spendono migliaia di euro in un anno, con medici famosi.

Perché focalizzare l’attenzione sull’ambulatorio?Ospedale Alessandria 2
Intanto perché l’azienda ospedaliera non lo conosce bene. Negli ultimi anni, sono passati almeno cinque direttori generali. Di questi, il primo, Toffanini, è quello che si è prodigato per metterlo in piedi, ma col passare del tempo diciamo che è stato un po’ dimenticato. Non chiediamo niente, non chiediamo soldi e non risultiamo a libro paga. Siamo autonomi e a costo zero; l’azienda ci autorizza ad operare nella struttura, pur con non pochi ostacoli burocratici. In pratica l’intenzione è di far comprendere il valore del nostro operato e di collaborare perché questo centro continui ad esistere. Oggi confidiamo nel nuovo direttore generale, la dott.ssa Baraldi, che speriamo ci dia un po’ più di credito o quantomeno ci chiami a rapporto per sapere cosa stiamo facendo e chi siamo. In questo momento stiamo seguendo un centinaio di bambini che arrivano da tutta Italia e l’ASO riceve un compenso dalla Regione in base ai pazienti che abbiamo in cura.

Cosa la spinge a fare tutto questo?
Io sono fatto così. Sono un medico. È la mia vita e la gratificazione, quando un bambino ti dice grazie o ti fa un sorriso, non ha eguali. Lo stesso discorso vale per l’Odontoaiuto, che abbiamo istituito con il dott. Bellanda ed altri otto dentisti, per chi non può permettersi le cure odontoiatriche. Altrettanto importante è la fiducia e la stima che sento da parte dei miei colleghi, che ringrazio profondamente perché condividono con me questa missione, nonostante i sacrifici che comporta: Maria Elena, Chiara e Marilena sono un importante supporto per tutta l’attività che gestiamo insieme con armonia, entusiasmo e senza le quali tutto ciò non sarebbe possibile.

Come intendete investire i soldi raccolti?
Stiamo aspettando di avere dei locali più grandi e vivibili rispetto a quelli attuali, per poter comprare nuove attrezzature che ci servono. Adesso siamo in due locali abbastanza piccoli, angusti e direi inadeguati. Con locali idonei e nuovi strumenti potremmo raddoppiare gli interventi e migliorare le prestazioni. Il denaro in questo momento lo abbiamo accantonato confidando nelle decisioni del nuovo direttore, che spero di conoscere presto, ma sono ottimista in questo senso. D’altronde penso che questa festa abbia dato un segnale, se non altro come riscontro da parte di coloro che hanno contribuito entusiasticamente e in un momento di difficoltà come quello che stiamo vivendo in città. Mi riferisco ai piccoli commercianti che ci hanno regalato tutto ciò che potevano, ai volontari che hanno lavorato ininterrottamente per giorni. Tutto ciò mi ha fortificato lo spirito.

Il suo sogno per il futuro?
Ho un figlio di cui sono letteralmente innamorato, che seguirà le mie orme in studio. Penso abbia compreso determinati valori. È difficile che un ragazzo di 22 anni sviluppi una sensibilità rispetto a certe cose e io sono orgoglioso di essere riuscito a trasmettergli dei principi che per me sono fondamentali. Il mio sogno è anche quello di provare ad inserirlo nell’ambulatorio fonte di tante soddisfazioni per me e che sono certo potrebbe darne molte anche a lui, al di là del denaro e dell’ambizione personale fine a se stessa.
Spero in ogni caso di dare una continuità a questo progetto, per cui è ben accetto chiunque volesse prendere il mio posto o volesse affiancarmi.