di Tony Frisina e Antonio Silvani.
Spostiamoci ora in un quartiere abbandonato, non si sa perchè, da anni, da tutte le amministrazioni comunali (ed anche dalle forze dell’ordine): Parliamo dell’Europista!
Escludendo corso IV Novembre (dove la moglie di Antonio, sulla pista ciclabile, è stata scippata da due delinquenti in moto), non c’è via priva di buche, voragini, sporcizia ed altri maquè… viale XX Settembre assomiglia sempre di più ad uno scenario di guerra… o ad un autodromo… da anni a questa parte sia cristiani che animali sono stati stirati mentre attravarsavano la strada e che hanno fatto le amministrazioni comunali?
Una beata fava!
A tutte queste perle vogliamo aggiungerne una, che potremmo definire “tentato omicidio del verde” e, grazie agli dei, sventato, che risale al 2011/2012 circa ed ha per protagonista piazza Mentana, uno dei polmoni verdi della Pista, dove generazioni di bambini hanno giocato e generazioni di vecchi hanno scaldato le ossa sulle panchine… che poi generazioni di spacciatori si siano sbizzarriti nel loro commercio è un fatto prettamente oftalmico… di cecità delle forze dell’ordine!
Piazza Mentana, a memoria di pistaró (o abitante della Pista per chi non conosce o non vuol conoscere il dialetto alessandrino), ha sempre avuto due costruzioni al suo interno: la più grande è il Bar Nenè (indicato dalla freccia blu di destra nell’all. n. 2 o dal cerchietto rosso e blu dell’all. n. 3), l’altra è l’edicola dei giornali (freccia blu di sinistra nell’all. n. 2, o dal cerchietto rosso e blu dell’all. n. 3).
Però questa piazza faceva gola ad altri… prende la parola Antonio, coprotagonista di questi avvenimenti.
Correva l’ultimo (o il penultimo) anno della Circoscrizione Europista, di cui ero vicepresidente.
Dovemmo votare, durante uno dei tanti consigli circoscrizionali, una proposta del Comune sulla costruzione di una farmacia all’interno di Piazza Mentana. Il nostro voto ovviamente non era vincolante ai fini della decisione, però avrebbe avuto un notevole peso.
Una farmacia comunale (continuavano e continuano ancora a chiamarle così anche se il comune le svendette mantenendo la misera quota di proprietà di circa il 20%) si era spostata da viale Medaglie d’Oro in piazza Mentana, esattamente nel punto indicato dalla freccia nella foto di fine anni ’40 (vedi all. n. 1).
Dopo qualche anno chi gestiva le farmacie comunali (il vero padrone, insomma) disse che la sede di piazza Mentana era troppo stretta e che sarebbe stato un “affare” per il quartiere avere a disposizione una farmacia molto più ampia, con possibilità di parcheggio davanti. La costruzione, tutta a carico delle farmacie comunali (bontà loro) sarebbe sorta più o meno nel punto indicato (all. n. 2), dal simbolo della farmacia circondato da un cerchio rosso.
Un funzionario del comune (mi sembra dell’Ufficio Tecnico) venne a presentare questo progetto, con enorme dovizia di piante, piantine, progetti ed affini.
Quando toccò a me parlare, dissi che ero favorevolissimo a questo progetto, talmente favorevole che, una volta attuato, mi sarei subito fatto promotore della costruzione, accanto alla farmacia (vedi tariffario circondato da un cerchio rosso nella cartolina dei primi anni ’60 – all. n. 3), di una casa di tolleranza… affermai inoltre, prima di dichiarare il mio parere negativo alla proposta del Comune, che l’impatto sociale di un postribolo sarebbe stato per il quartiere molto superiore a quello di una farmacia e che avrei avuto immediatamente tutti i permessi a livello nazionale dal governo Berlusconi (allora “regnava” lui)!
Caso più unico che raro, all’unanimità, il Consiglio Circoscrizionale espresse parere sfavorevole alla farmacia in piazza Mentana e, ringraziando gli dei, la farmacia “comunale” è ancora al suo posto!
Saltiamo di palo in frasca e spostiamoci in Corso Crimea, esattamente all’altezza di via Urbano Rattazzi o, meglio, oggi, via S. Francesco d’Assisi.
L’all. n. 4 (fine ‘800, primi ‘900) mostra il bellissimo arco ottocentesco, facente parte di una costruzione, che permetteva a via Rattazzi di sfociare in corso Crimea.
Questo arco (vedi anche all. n. 5) fece la sua figura fino agli anni ’50 circa, finchè fu demolito con le due case adiacenti e, anche in questo caso, si passò, esteticamente parlando, da u sambajón a la mèrda!
C’è ancora chi si vanta di aver buttato giù quello “obbrobrio” di arco e questo squallido individuo si meriterebbe una camicia di forza a vita, ma pena ben peggiore andrebbe comminata a chi in ambito comunale ha permesso (non si sa bene per quale motivo o lo si sa, ma non si hanno le prove per esprimerlo) un simile sfacelo!
Facciamo ancora un altro bel salto ed andiamo dove una volta c’era il CV Melchionni (i seriosi di oggi lo chiamano Palazzo Guasco) e si ballava…
… proprio di fronte al CV si ergeva una chiesetta (vedi all. n. 6), la chiesa di Santa Croce, all’angolo tra via Guasco e via Schiavina.
Due carretti di frutta e verdura erano sempre fissi sul sagrato della chiesetta, come si evince dalla foto degli anni ’50 (all. n. 6a) o dal disegno di Alessandro Scarrone (all. n. 6b).
La chiesetta e le costruzioni adiacenti furono rase al suolo, pensiamo all’inizio anni ’60, sostituite da un palazzo indubbiamente più razionale, forse più utile, che dava più possibilità abitative e commerciali…
… ma un altro pezzo delle vecchia Alessandria era andato a farsi fottere… in altri posti almeno la chiesetta sarebbe stata risparmiata!