Nerio Nesi: “Ripartiamo dallo spirito di servizio verso il Paese, per dare una possibilità ai giovani. E Renzi impari a non essere sprezzante”

Nesi Nerio 1“Esiste ancora secondo lei lo spirito di servizio? C’è ancora in Italia chi crede che si possa anteporre l’interesse generale ai propri affari personali?” Comincia così, con lui che sorridente pone le domande al cronista, e non viceversa, una nuova e stimolante conversazione con il senatore Nerio Nesi, una delle poche ‘coscienze critiche’ che questo Paese possa ancora vantare. Già ministro della Repubblica del Governo Ciampi, e a lungo ai vertici del sistema bancario nazionale (lo chiamavano ‘il banchiere rosso’, ma nonostante la sua vicinanza al Psi ebbe con Bettino Craxi rapporti tutt’altro che idilliaci), Nerio Nesi è attualmente presidente della Fondazione Pittatore, oltre che della Fondazione Cavour.

Sapendolo dd Alessandria per impegni di lavoro nei giorni scorsi siamo riusciti ad incontrarlo, memori della qualità della conversazione dello scorso anno, che i lettori di CorriereAl certamente ricordano. E, poiché proprio in questi giorni viene distribuito nelle librerie il nuovo libro di Nerio Nesi, “Al servizio del mio Paese” (Nino Aragno Editore), ne abbiamo approfittato per farci spiegare, da chi ha attraversato le diverse fasi della politica e dell’economia italiana dal dopoguerra ad oggi, e sempre in osservatori privilegiati, quale sia oggi lo scenario che ci attende. E dai giudizi ‘netti’ sul personaggio Matteo Renzi, all’analisi del sistema bancario ed economico, il senatore Nesi non si è certamente ‘nascosto’ dietro frasi di rito o diplomatiche: “ho vissuto dicendo sempre ciò che pensavo anche da giovani, si figuri se mi faccio intimorire ora, che sto per compiere novant’anni!”

 
Presidente Nesi, come sta oggi l’Italia? E’ un malato grave, lo vediamo tutti: maOLYMPUS DIGITAL CAMERA guariremo, e come?
(sorride, ndr) Forse non è solo l’Italia (che pure ha tanti problemi suoi specifici, poi se crede ne parliamo) ad essere in crisi, ma la concezione dello Stato così come chi ha attraversato il Novecento lo ha a lungo inteso. C’è stato un lungo fil rouge, dalla Rivoluzione Francese al nostro Risorgimento, alla Germania di Bismarck, per poi passare attraverso il buio del fascismo e del nazismo. Il fil rouge è stato quello della sovranità nazionale, a cui ci si è sempre ispirati. Poi però una serie di scelte di grande rilevanza in settori nevralgici (la Nato, l’euro, la Corte di Giustizia Europea:  cito solo tre esempi, ma ce ne sono altri) hanno certamente trasformato nel tempo la percezione che dello Stato nazionale i cittadini hanno. E anche il suo ruolo effettivo. Per questo a Santena, alla Fondazione Cavour, stiamo lavorando per istituire un centro studi internazionale sul cambiamento della visione dello Stato.

In Italia però c’è dell’altro: sfiducia, disaffezione, per non dire del ‘sentiment’ verso politica e politici..
Lo so bene. L’altro giorno ho quasi bisticciato con una persona a cui pure tengo molto, proprio perché non tollero il qualunquismo demagogico contro i politici, come se fossero tutti uguali. Sono stato parlamentare, e ministro: ho incontrato persone degnissime e preparate, e altre cialtrone e disoneste. Come nel mondo bancario, o delle professioni. E starei molto attento a chi vorrebbe demolire la politica in toto: per sostituirla con cosa poi?

No euroIl futuro del Paese rimane in Europa presidente Nesi? O dobbiamo prepararci a tornare alla lira, o a chissà che altro?
Chi predica oggi l’uscita dall’euro è un imbecille, un irresponsabile. Abbandonare la moneta unica per l’Italia sarebbe il tracollo. Ma rimanere in Europa non può neppure significare dire sempre sì, e rinunciare alla propria dignità di Paese. Perché mai dovremmo sentirci inferiori ai tedeschi, o ai francesi? Non dimentichiamo con quale forza la Francia ha reagito al grave attentato dei mesi scorsi a Parigi: e ha preteso, giustamente, la solidarietà dei leader dei Paesi di tutto il mondo. Noi dobbiamo fare lo stesso, e ricordarci che, nel senso di impotenza e di indubbio degrado etico di questo Paese, i militari e l’esercito hanno rappresentato e rappresentano un esempio. E non penso tanto ai vertici, quanto a tutte le persone che in questi ultimi anni si sono sacrificate, e sono morte in missione per l’Italia. Ho conosciuto di recente, ad una commemorazione, la giovane vedova di uno di questi eroi, con i due figli piccoli: persone forti, dignitose, giustamente orgogliose del sacrificio che il loro marito e padre ha fatto per il Paese. E’ da quello spirito, e da quelle persone, che dobbiamo ripartire.

La sensazione invece, sempre più spesso, è che prevalga un individualismo da disgregazione del sistema, e che lo Stato e le istituzioni siano vissuti con crescente fastidio….
Le racconto un aneddoto da anziano, abbia pazienza. Avevo 14 o 15 anni, e con alcuni amici coetanei, nel paesino emiliano dove vivevo, per fare uno scherzo ‘staccammo’ una finestra da una casa, e la depositammo sul sagrato della chiesa. Una bravata e nulla più: ma il maresciallo dei carabinieri, dopo una meritata ‘ramanzina’, disse “potrei denunciarvi, ma preferisco chiamare i vostri genitori, ci penseranno loro”. E così fu, mi creda: oggi, quando sento di questi genitori che anziché punire i figli adolescenti per le loro stupidaggini (spesso anche gravi, soprattutto quando compiute ‘in branco’) minacciano di querelare gli insegnanti, o in generale chi si permette di criticare i loro figli, capisco che è sulla società che occorre lavorare: la politica è la conseguenza, non viceversa.

Presidente Nesi, cosa pensa del nostro premier, Matteo Renzi?Renzi bullo
Non l’ho mai incontrato, e non ci tengo particolarmente. Ma se mai dovesse succedere, lo esorterei senza mezzi termini a cambiare stile, e ad essere meno sprezzante con chi lo critica, anche dalla sua parte politica. Sono amico personale di Bersani, so che è un’ottima persona, e un uomo perbene: e ho visto Renzi mancargli di rispetto come neppure Craxi, che era Craxi, si permetteva di fare con i suoi avversari interni. Compreso il sottoscritto.

 
E le scelte politiche del Pd targato Renzi le approva?
(sospira e sorride, ndr) Non è nulla di nuovo, sono tutte scelte liberiste, dalla prima all’ultima. Accompagnate da una certa capacità di fare il ruffiano con il popolo, come quando Renzi dice: “tolgo alla Rai il canone, ma anche ogni tetto pubblicitario”. Oppure quando si vanta di ridurre le tassi nazionali, e al contempo scarica sugli amministratoriRenzi Boschi vignetta locali ogni responsabilità di andare a recuperare nelle tasche dei cittadini quel che manca. Se penso a Renzi mi vengono in mente Crispi, Mussolini, Berlusconi. D’altra parte, chi non è d’accordo dovrebbe avere la forza di dire che il re è nudo, senza stare troppo a pensare alle conseguenze personali, in termini tattici: i despoti esistono soltanto perché esistono i sudditi! Ho trovato esilarante la vignetta pubblicata qualche settimana fa dal Corriere della Sera, in cui in un Montecitorio ormai deserto ci sono soltanto Renzi e la sua ministra Boschi, e lui la guarda negli occhi e dice: “finalmente soli!”. Però quando il segretario di un partito esclude da una commissione parlamentare, come è successo la settimana scorsa, 10 deputati su 22, tra cui l’ex segretario del partito stesso (Bersani), e due ex presidenti (Bindi e Cuperlo), compie un atto costituzionalmente discutibile, e mette in evidenza una grave debolezza politica e personale.

Draghi MarioPresidente, lei ha conosciuto dall’interno, e in profondità, il nostro sistema bancario: reggerà?
Io credo di sì, e lo spero, perché naturalmente è quello lo snodo vero. L’Italia in questi anni ha una sola grande fortuna e risorsa, che non è certamente Renzi, ma si chiama Mario Draghi. In uno slancio di stima personale mi venne spontaneo fare il suo nome come successore di Napolitano al Quirinale, ma aveva ragione chi mi rispose che Draghi era ed è troppo prezioso dov’è, ai vertici della Bce, e stimatissimo dai tedeschi e da tutta l’Europa che conta. Certo, speriamo che le banche italiane utilizzino davvero le risorse che Draghi è riuscito a metter loro a disposizione in modo corretto, ovvero ridando fiato alle imprese.

A proposito, dopo Fiat che leva le tende, anche Pirelli comprata dai cinesi non è un grande segnale…
E il silenzio assoluto del governo Renzi di fronte ad una simile operazione lo è ancora meno. Pirelli è stata a lungo un simbolo di questo Paese, forse anche più di Fiat. Un errore non aver cercato soluzioni alternative. Per fortuna però ci sono ancora imprese, e imprenditori, che ci credono, rilanciano e investono. Da noi, in Piemonte, la situazione dell’economia è davvero complicata, anche se rimane una forte tradizione industriale. Non dimentichiamoci che, dati alla mano, l’Italia è ancora il secondo Paese europeo, dopo la Germania, in termini di incidenza percentuale dell’industria sul Pil. E questo è un bene, perché in economia non è vero che piccolo è bello: la frammentazione in molti comparti porta alla dissoluzione, all’incapacità di fare investimenti, e ad innovare.

La Fondazione Pittatore, che lei presiede, l’anno scorso ha lanciato Potenzialità eFondazione CrAl 1 talento: un progetto importante, indirizzato ai giovani del nostro territorio. Come sta andando?
Benissimo….i giovani che sono stati selezionati stanno completando il loro stage all’interno delle imprese, pagato dalla Fondazione: e speriamo davvero che, al termine, per loro si aprano scenari interessanti. E’ un piccolo segnale, realizzato con le risorse che abbiamo, ma anche con la professionalità della società di consulenza Deloitte, che ci ha affiancati: il progetto è stato così apprezzato che un’altra Fondazione, ligure, ci ha contattati perché vorrebbe ‘clonarlo’, replicarlo sul suo territorio. Speriamo che succeda, come speriamo di aver posto anche qui da noi un seme destinato a dare buoni frutti.

Ettore Grassano