Sabato 7 marzo alle ore 17.30, al Gabinetto delle stampe antiche e moderne di Palazzo Cuttica di Alessandria sarà inaugurata la mostra “Per ardite Luci”.
Il percorso inizia con una delicata e grande litografia di Franco Guccione, “Le linee del mare”, che descrive la luce mediterranea della Sicilia con una sorprendente forza evocativa. In parallelo, una piccola acquaforte di formato circolare di Mario Chianese, “Strapiombo nelle Cinque Terre” dà anch’essa l’idea di quella tipica e impalpabile brumosità di certe luminescenze marine. Del maestro alessandrino Pietro Villa, “Impronte bianche”, con i suoi ritmi di foglie di canne, inscritte in “fluenze” quasi optical, è solo uno dei tanti esempi della sua costante e intelligente ricerca sul tema della luce attraverso la pratica acquafortistica.
In sua vicinanza vi è una grande e spettacolare xilografia dell’artista romana Marina Bindella: “Foglia spina”. Aculei bianchissimi in campo nero formano un’architettura di luce che travalica l’evidente scheletro foliare di partenza. Un’altra bella prova della Bindella, “Vathià”, si accompagna a “Evento fenomenico 2” di Luigi Toccacieli (una sua bella personale è da poco terminata e sei sue importanti incisioni saranno presto donate al Museo Civico).
Queste due opere nascono davvero, con le loro soffusioni e le loro architetture e trame di luce, dalla profonda conoscenza della storia dell’arte e dell’incisione antica quanto dall’abilità tecnica e dalla acclarata maestria dei due artisti. Sempre con pulsioni atmosferiche Enrico della Torre ci propone un rarefatto foglio, “Alba”, un bulino con acquatinta, dagli effetti luministici correlati ad una dolce e francescana poesia. Di altrettanta rarefazione luministica è la prova di Francesco Franco con i barbagli di luce guizzante che tracciano e segnano la complessa e carezzevole struttura di “Nelle acque X”. Con eguale autorevolezza Massimo Cavalli, con la forza energizzante di un segno sicuro, volitivo e mentale, ci offre un foglio caratterizzato da scansioni rimiche che si alternano a soffuse bande di grigie e pittoriche luminanze.
Un’altra sfaccettatura, più compatta e strutturata ci perviene dalla rigorosa acquaforte di Giovanni Korompay che, con “Altoforno”, ci suggerisce la relativa ‘bocca di fuoco’ quale punto generatore di luce-energia. Guido Strazza, uno dei fondamentali incisori italiani di tutti i tempi, è presente con due fogli: l’espressionistica e folgorante “Trama e segno”, con i suoi meravigliosi neri carboniosi, e “Orizzonte”, una bellissima massa-materia fatta di una grigia luce polverosa che pare aleggiare come una entità fantasmatica.
Sulla stessa onda emozionale stanno le due opere di Carlo Lorenzetti che, con i significativi titoli di “Squarci”, indicano chiaramente come lo scultore romano, che è peraltro eccellente incisore, utilizzi le tecniche di sbalzo e taglio dei metalli anche in funzione delle lastre-matrici calcografiche, per ottenere fulminescenti linee di energia-luce-colore. Consequenziali ai ‘Lorenzetti’ sono due dense e conturbanti “Griffures de lumière” di Luigi Boille nelle quali i segni bianchissimi e il nero notturno si concedono come elementi classicamente esemplificativi di come si possa pensare e realizzare l’ossimorico concetto di luce nera.
Altri registri di luce sono espressi da una straordinaria maniera nera di Giulia Napoleone, “In ombra”. Quest’opera, con le sue piccole cellule di luce vellutata che sembrano formare un fluente mantello, esprime al meglio le peculiarità di questa difficilissima tecnica in cui l’artista romana è maestra indiscussa. Un versante quasi analogo di ricerca di luci a ‘mezza via’, appartiene al bulino di Guido Navaretti “Combusto controluce”, con il suo sobrio coacervo di filamentosità allusivamente luminescenti. Infine, nel gruppo degli acquafortisti, tre opere, significativamente in tema, di Gianni Baretta, “Danza di luce”, “Nessile”, “Traccia notturna e lucore di segni”, esemplificano le sue capacità di invenzione segnico-narrativa.
A concludere il percorso espositivo, in buona parte proveniente delle cassettiere del Gabinetto delle Stampe, ma con qualche integrazione-prestito di collezioni private e con la collaborazione della Associazione Culturale Il Triangolo Nero, rimane un interessante e ‘colorato’ quartetto di litografie e serigrafie. La luce della pittura di Claudio Olivieri si trasferisce intatta in una litografia permeata da fuminescenti vapori cromatici. Una splendida litografia di Vincenzo Satta, forse il più grande pittore italiano che abbia mai affrontato, in tutto il suo percorso creativo, i problemi della luce, ci permette di ammirarne l’interna architettura modulata in sfaccettature interconnesse di tenui e geometriche tessere dalle delicate luci tonali.
Di Vittorio Mascalchi è una preziosa serigrafia, altro esempio di quella ‘luce nera’ in cui gli sgocciolamenti di nero opaco e nero lucido formano una texture compatta che si addensa strutturando un monolite dal freddo e luminoso sapore marmoreo. L’altra serigrafia è dell’artista torinese Mario Surbone: “Orizzonti definiti” è un raffinato lavoro caratterizzato da perlacee stesure di colori tenui e traslucidi che si sovrappongono e si amalgamano per creare un’immagine ariosa e atmosfericamente segnata da limpidi albeggiamenti. La mostra, gratuita, sarà aperta ai visitatori il sabato e la domenica, dalle ore 16 alle 19, fino al 10 maggio.