Stefano Leardi: “se non si fa politica non si è buoni cittadini: e chi non vota commette un grande errore!”

Leardi 1Stefano Leardi è una persona a cui piace raccontare e spiegare, senza arroganza o presunzione. Non risponde mai istintivamente, non si scopre. È riflessivo e ponderante, soppesa il valore semantico di tutte le parole, in un certo senso è “kissingeriano” nelle risposte, contraddistinto dal suo stile pacato e asciutto. È un giovane politico del Partito Democratico, membro dell’Assemblea Regionale, ex-segretario dei Giovani Democratici di Novi Ligure e membro dell’Assemblea Regionale dei Giovani Democratici. Ma è atipico rispetto ai suoi compagni di partito: dalle sue parole non ho mai sentito dire la parola “Sinistra”, parola di cui appunto i suoi colleghi si riempiono la bocca. Lui ragiona per aggettivi qualificativi. Lui non è di sinistra: lui è socialista; lui è liberale. Un altro aspetto che lo distingue dagli altri giovani del Pd è la sua difficoltà a trovare esempi da seguire sia nel passato sia nel presente; riconosce che è difficile e preferisce attaccarsi alle idee, ai valori e alla complessità piuttosto che alle persone. Dall’intervista, però, ne esce fuori una persona che non si perde nei soliti temi astrusi della politica, ma dimostra un pragmatismo e un’azione che possono fare di lui una delle figure più brillanti della gioventù del Partito Democratico.

 

Presentati.
Mi chiamo Stefano Leardi, ho 23 anni e vivo a Novi Ligure ma studio Filosofia all’Università di Genova. Sono membro della Segreteria Pd di Novi, della Direzione Regionale del Pd e dei GD (Giovani Democratici, ndr)

Un bel cursus honorum per avere 23 anni.
Una buona posizione, di giovani ne abbiamo tanti e molto bravi e c’è maggior tendenza da parte del partito a investire sui giovani.

Perché studi filosofia?
Quando ho cominciato non avevo le idee chiare sul mio futuro. Sapevo che però è molto importante per me elaborare un ragionamento per il mio pensiero, anche se sapevo che fare filosofia in Italia, ma in generale nel mondo, sarebbe stato molto difficile. I miei professori del liceo mi consigliarono di fare qualcosa in cui potessi eccellere, qualcosa che potesse trarre fuori il meglio di me.

Hai un filosofo preferito?
È difficile averne uno. Se andiamo a simpatie personali, mi sento umanamente vicino a Cartesio e al suo dubbio metodico. Ma anche Sant’Agostino; in generale chi alimenta scetticismo e dubbio.

Immagino che, al di là della politica, vorresti diventare un filosofo.
Spero di poter continuare la strada della ricerca. Io studio filosofia analitica, un campo poco esplorato che si occupa dello studio dei concetti, mentre nei licei e nel mondo dell’accademia si fa soprattutto storia della filosofia.

Norberto Bobbio ha detto che “la filosofia deve instaurare il dubbio”.Bobbio Norberto
Esattamente. La filosofia deve risposte ma anche porre molte domande. Bisogna indagare ciò che non sappiamo, capire i nostri limiti. Se ci fermiamo e smettiamo di fare domande, non c’è progresso. La filosofia del resto insegna a ragionare bene, proprio per sua stessa metodologia.

Ma la filosofia non rischia di essere lontana dal linguaggio comune?
In realtà è stato effettuato uno studio sul linguaggio ordinario e ne è emerso che il valore semantico ha sempre la sua importanza. Certo a volte rischia di essere lontano, c’è un grado d’astrazione ma questo è presente in tutte le discipline.

Al di là di testi politici e filosofici, cosa ti piace leggere?
Un po’ di tutto, soprattutto i grandi classici, che vanno letti proprio perché sono grandi. Mi occupano molto tempo. Poi mi piacciono i libri gialli e sullo spionaggio. Ma leggere mi è faticoso alle volte.

Come mai?
Sarà forse pigrizia, io ho bisogno di essere stimolato.

Hai un libro preferito?
Un libro che mi è rimasto particolarmente nel cuore è “Le origini della comunicazione umana” di Tomasello in cui vengono delineate le ipotesi degli sviluppi del linguaggio.

E qual è il giornale che ti ha formato?
Ormai i giornali non formano più il pensiero, e non so nemmeno quanto lo facessero in passato. Ad ogni modo bisogna leggere tanto e tutto: io leggo il Corriere, la Repubblica, il Foglio, il Fatto Quotidiano. Capisco che un tempo il giornale era come una bandierina ma bisogna leggerli davvero tutti. Anche perché in ogni giornale vedi scritte cose che ti lasciano perplesso.

Che cosa fai nel tempo libero?
Non sono una persona con particolari hobbies.

Semplici uscite con gli amici?
Si esatto, nulla di che.

Leardi 2Pratichi sport?
No. Sono come Seneca: una vita sedentaria.

La tua ragazza sarà stufa dei tuoi discorsi politici e filosofici!
Eh, ma io non ce l’ho una ragazza.

Te la ricordi la tua prima riunione politica?
Non ho una buona memoria e ricordo a fatica, ma ricordo le circostanze. Facevo quarta liceo e sentii la necessità di dare un contributo maggiore e consapevole. Allora con un’amica partecipammo ad una riunione dei Giovani Democratici di Novi. Iniziò così, quasi per caso. Anche lì non sapevo bene quale sarebbe stata la mia strada ma ho capito che bisogna far politica. Sennò non si è cittadini e non si capisce che bisogna stare sulla linea del fronte per difendere e promuovere costantemente i nostri diritti. Per questo penso sempre che in questo periodo di crisi politica, la risposta migliore sarebbe l’iscrizione in massa ai partiti.

Proponi un’iscrizione di massa ai partiti, quando un terzo degli italiani non vota e ha perso fiducia nelle strutture partitiche?
Il non-voto è stupido, è come abdicare, perché la politica non si cura del non-voto, anzi ne trae giovamento. Bisogna dare fastidio per riappropriarsi dei partiti. Altrimenti non saremo mai cittadini e non avremo mai voce per i nostri diritti.

Non pensi che viviamo in un’era in cui i giovani vedono i diritti come acquisiti e duraturi?
È un grave errore. I diritti non sono mai dati, in molti pensano di avere dei diritti ma nella realtà dei fatti non è così. I nostri diritti sono precari e possono essere portati via in ogni momento. Per questo bisogna stare in prima linea al fronte. Ad esempio Internet oggi pone delle nuove sfide a causa della sua anarchia e della sua assenza di controlli. Che ne sarà della nostra privacy? Prima di tutto dobbiamo acquisire consapevolezza dei nostri diritti.

Senza riflessione non c’è consapevolezza e senza consapevolezza non c’è azione politica.
Dobbiamo rallentare in questo mondo troppo veloce, perché se facciamo le cose troppo in fretta non ci rendiamo nemmeno conto di farle e la ragione ha bisogno di tempo. A volte sbagliamo perché abbiamo scarsa comprensione dei fenomeni.

Ti ricordi la tua prima volta alle urne?
Ripeto, ho scarsa memoria. La prima volta mi pare fu nel 2009 o 2010, se non sbaglio in occasione delle regionali.

Emozioni particolari?
No non sono un tipo sentimentale, però mi emozionano di più i congressi.

I congressi?
Certo. Sono momenti particolari. In particolare ricordo quello in cui eleggemmo Francesco Andronico segretario dei GD di Novi, e ovviamente quello in cui fui eletto io.

Quale politico del passato ti ispira?
Faccio fatica a rispondere: tendo ad avere riferimenti nei concetti più che nelle persone. Però penso a Rosselli e Tocqueville, ma individuarne uno in particolare è difficile. Io sono socialista e liberale, quindi in una posizione mediana difficilmente articolabile: è vero che siamo tutti uguali, ma è vero anche che bisogna difendere l’individuo.

E un politico odierno che t’ispiri?
Oggi il panorama non è proprio roseo. Ultimamente Macaluso ha detto che la politica s’è ridotta a poca cosa e l’identità di pensiero s’è perduta. Quel che manca oggi è il ragionamento della complessità.

Te lo chiedo perché ho letto un articolo firmato da te e dal segretario dei GD dellaD'Alema giovane Provincia, Di Salvo, in cui esprimete ammirazione per la figura di Massimo D’Alema.
Lui rappresenta chi ha cercato di dare valore alla complessità. Lui incarna il tema della ponderazione, forse in contrapposizione alla figura di Renzi, uomo della velocità e dell’azione.
D’alema è una figura pensante, lui parla sempre dove aver pensato. Poi, certo, ha commesso evidenti errori politici, ma resta il fatto che ha un’elaborazione del pensiero sui fondamentali.

In politica contano di più i valori o il realismo?
In politica l’identità fine a se stessa è un controsenso. La politica è azione, è pratica!

Anche se richiede di sporcarsi le mani?
Senza entrare in casi estremi, i valori dovrebbero individuare il fine che s’intende raggiungere, e quindi la politica deve andare da qualche parte.

Tu perché hai scelto il Partito Democratico?
Quando m’iscrissi nell’estate del 2009 molto dipese anche dal contesto politico: da una parte il Pd e dall’altra Berlusconi. Berlusconi di certo non affronta il tema della complessità. Diciamo che ci sono valori che mi stanno particolarmente a cuore: il socialismo e il liberalismo. E questa sintesi l’ho trovata nel Pd. Poi cercavo anche un partito con una dimensione di governo, che potesse avere concretezza: ribadisco che la dimensione governista è importante in politica.

Anche se mi pare di capire che non ti piaccia la riduzione a nomi e figure, ti faccio lo stesso questa domanda: renziano, cuperliano o civatiano.
Innanzitutto occorrerebbe una riflessione profonda sulle correnti, ma ora andando al sodo dico nessuno dei tre. Il pensiero dei renziani non lo condivido in toto (attenzione però che il pensiero non coincide con l’azione di governo per contesto e strutture diverse dalla situazione ideale). Non condivido nemmeno l’area cuperliana, che deve fare passi avanti sia nell’elaborazione del pensiero sia nella dialettica con Renzi. Per quanto riguarda Civati, a dire il vero non ho ancora capito in cosa consista il suo pensiero. In generale è tutto il Pd che deve ragionare su se stesso e su punti chiave come la questione dell’individuo, la solidarietà, lo Stato. Oggi l’orizzonte destra-sinistra perde significato e noi dovremmo ritornare a ragionare per aggettivi qualificativi: laico, terzomondista, socialista, liberale.

Perché i giovani sono così lontani dalla politica?
La politica per troppo tempo ha dato poche risposte, mentre la politica è azione e deve dare risposte. Certo poi oggi è meno emozionante senza le grandi ideologie, capisco che non sia molto allettante discutere sulla riforma del Senato. Però i giovani dovrebbero tornare a interessarci delle questioni di principio, quelle si sono emozionanti, perché riguardano gli interrogativi su cui basiamo la nostra esistenza.

Leardi 3Rimane il fatto che i giovani trovano interesse in altro.
Certo non ho soluzioni, ma posso dire che noi come Giovani Democratici abbiamo una nutrita partecipazione di giovani. Penso che il problema sia generale.

I GD sono la giovanile più partecipata ma quella che meno attrae il voto giovanile. Questo come lo spieghi?
Noi non siamo certo degli “acchiappaconsensi”. Noi vogliamo far crescere i giovani, far loro avere consapevolezza della nostra condizione. La giovanile è una realtà molto più complessa che attirare i voti. Il mondo è difficile ma i giovani in esso devono crescere. So che molti giovani votano il M5S ma questo si può spiegare. In Italia c’è esigenza di cambiamento che trova piena espressione nella radicalità del Movimento, che ha una presa retorica molto forte sui giovani. Si sa la mitezza è tipica dell’età matura.

Parliamo del tuo territorio, Novi Ligure. Cosa rappresenta per te?
È una domanda complicata. È casa mia, il luogo in cui ho sempre vissuto e qui si legano i miti della mia infanzia, ma è difficile dire esattamente cosa rappresenti.

Certo è un territorio importante nella provincia.
Certo, importante. Anche se in declino, stiamo subendo questo processo di de-industrializzazione e ora occorre una seria riflessione sul futuro dei territori in generale: è un tema fondamentale per chi ha a cuore i piccoli centri. È una sfida. Le grandi città risucchiano i lavoratori qualificati. Noi a Novi durante le elezioni del nostro segretario Cecilia Bergaglio abbiamo ragionato su alcuni settori strategici per rilanciare Novi, ad esempio ora mi viene in mente i trasporti.

Per molti politici il territorio è solo un trampolino di lancio per le carriere, però.
Non so fino a che punto a dire il vero. Alla fine in Parlamento vanno a rappresentare proprio il territorio. Certo molte volte li sentiamo meno vicini, e bisognerebbe stringere rapporti più stretti. E anche il Pd deve ragionare su questo; la discussione è importante.

Ma la politica è un mestiere?
La politica non può essere improvvisata. Se un politico è bravo e lavora bene deve continuare a farlo. Quindi il tema è che il politico deve essere bravo, nulla di più. Sì, è un mestiere perché s’impara facendo, ci vogliono formazione e pianificazione, ripeto che la politica è una cosa complessa.

Il tuo futuro lo immagini a Novi?Novi-Ligure
Non saprei. Non so dove mi porteranno i miei studi e le mie speranze di giovane ricercatore in filosofia. Vediamo dove sarò.

Ma un giovane può immaginare il proprio futuro a Novi?
Dipende da cosa voglia fare; certo le grandi città sono più dinamiche, con più possibilità di crescere professionalmente. Nella vita non bisogna rimanere fermi.

Stefano, fai un auspicio per te, uno per l’Italia e uno per il Pd.
Per me, di riuscire a fare le cose che mi piacciono di più. Per l’Italia, che si riesca a scrollare di dosso il provincialismo e tutti quei problemi che l’appesantiscono. Spero che il paese possa rinnovarsi in molti aspetti, deve essere ripensato, partendo dall’economia, che diventi moderna e risolva le sue contraddizioni: garantire gli stessi livelli di benessere con la consapevolezza del nuovo mondo in cui viviamo. E per il Pd, che possa essere la locomotiva di questo processo. C’è moltissimo da fare ma spero che il Pd capisca che la politica deve tornare tra i cittadini, e che i cittadini la osservano. Abbiamo bisogno di figure responsabili. Sembra moralismo ma è vero invece.

Giovanni Prati