Nuove tracce del Dio Alato [Il Superstite 214]

arona-2di Danilo Arona

Una notizia della settimana scorsa ci fa tornare sull’argomento. Un satanista, dichiaratosi tale, americano di 35 anni ha confessato di avere ucciso due persone a fine cannibalistico per poi seppellirne gli “avanzi” in giardino. Particolare che colpisce, il primo nome di battesimo del tipo è Pazuzu, per la precisione Pazuzu Illah Algarad. La madre, Cinthia Lawson, fu talmente infervorata dal film L’esorcista, così riferisce la stampa americana, che decise di battezzare il suo primogenito come il demone sumero che invadeva Regan dopo il mirabile preambolo girato da William Friedkin in Iraq. Girato, per chi ama le assonanze profetiche, proprio nei luoghi che oggi ospitano le imprese sanguinose degli sgherri dell’ISIS, questi sì autentici demoni in forma umana.

Riferita così, la cosa non vuol dire niente. Di sicuro bisognerebbe conoscere l’ambiente poco sano in cui è cresciuto Illah Algarad e le esperienze da lui consumate per arrivare a un giudizio, peraltro molto sommario, di causa-effetto o di predestinazione per colpa di un nome. Mi torna però alla mente un’antica intervista che rilasciai all’amico Daniele Bonfanti qualche anno fa nella quale ricordavo: «Pazuzu è un demone sumerico, le cui tracce primordiali risalgono al IX secolo a. C. Ed è il demone in forma di amuleto (e statua gigante costruita appositamente per il film) che attiva la possessione di Regan. Per me e per quelli della mia generazione è sempre stato una sorta di simpatica ossessione, personalmente da approfondire e da indagare. Anche perché ne L’esorcista lo si vedeva poco, ma neppure veniva “chiamato per nome”. E colpiva l’antinomia che il Diavolo totalizzante del cattolicesimo dovesse essere raffigurato da un demone del Medio Oriente.»

In effetti le cose stanno così: nel film di Friedkin il nome del demone sumero non viene maiPazTorino pronunciato e la sua conoscenza è stata diffusa in modo sottile dall’industria culturale mossa dal film, libro di William Peter Blatty nel quale è citato una sola volta all’inizio, se non ricordo male. Sarà ripreso in seguito in modo massiccio ne L’esorcista 2 – L’eretico di John Boorman del ’77, dove il nostro diventerà quasi un protagonista comprimario, anche se un po’ lontano dall’origine irachena indicata da Blatty. Non sto pignoleggiando, ma è veramente curiosa la scelta battesimale della madre un po’ snaturata. Di questo personaggio mitologico devi andarci alla caccia con solide motivazioni che possono essere, alla rinfusa, quelle della ricerca e dell’arte, scopi “alti” per capirci, ben lontani dalla volontà patologica di consacrare un figlio al male battezzandolo con il nome in questione. Interessanti sul profilo artistico ed evocativo sono le seguenti considerazioni di Roberto Cuoghi, autore dell’installazione sonora Suillaku che ha visto proprio Pazuzu come protagonista “visivo”: «Io suppongo che Pazuzu fosse un allarme silenzioso, controllato attraverso un’iscrizione e caricato dalla posizione di preghiera di difesa. Questa ipotesi non è discussa in archeologia.

Pazuzu rimane un demone molto aggressivo, ritratto, appunto, in una posizione aggressiva. La stessa posizione è usata per rappresentare spiriti guardiani di origine africana molto più antichi di Pazuzu. La stessa posizione è quella di Humbaba, che sorvegliava la foresta di cedri del Libano. Più che un’aggressione sembra uno “stop”, un segnale compatibile con la posizione che ha assunto un significato liturgico, più propriamente un esorcismo. Due archeologi, Carlo Lippolis e Roberta Menegazzi, mi hanno fatto notare che Pazuzu non ha le gambe allineate e sta avanzando; un’incongruenza rispetto a un gesto solenne. Io credo sia un semplice rafforzativo allo stesso significato di intimazione, e ricordo comunque rappresentazioni del demone seduto, o addirittura inginocchiato, ma sempre a mano alzata.»

Dall’esperienza di artisti come Cuoghi si capisce bene come il discutibile collocamento del demone in ambito satanico sia pretestuoso se non risibile. Il “nomen” – di potenza, o meno – non incide sui destini e non predestina. Basterebbe ricordare che tra i vari nomi dello spietato narcotrafficante di Matamoros, Adolfo de Jesus Constanzo, aveva appunto come secondo nome quello di Gesù, il che non gli ha impedito di massacrare decine di persone, di cui parecchie bollite vive nel calderone rituale, il Nganga.
Piuttosto, come rispondevo all’amico Bonfanti, esiste tutta una tradizione che, sul confine tra saggistica e fiction, ha spesso descritto una umanità non così “umana” che conserva nel DNA tracce di vite vissute in precedenza, forse residui che, in mancanza di terminologia alternativa, potrebbero definirsi “demoniaci”. E allora certi comportamenti incredibili – per esempio, crimini violenti e all’apparenza inspiegabili, certi omicidi “di massa” che sembrano annunciare “qualcosa di sinistro in arrivo” – potrebbero essere stati influenzati dal risveglio di tali residui arcaici. Forse, ma restiamo nel campo delle mere ipotesi se non del delirio fantascientifico (e ottimi spunti per un racconto di genere…), soltanto in quest’ottica un “nome” di battesimo potrebbe fungere da codice attivatore, un segnale di “allarme” in grado di riverberarsi all’interno della psiche e del soma. Tornano alla mente, a distanza di decenni, le scelte intenzionali di Friedkin e Blatty di non pronunciare mai quel nome in sede di sceneggiatura e sul set. Fatto curiosamente ripetuto nel più recente L’esorcista – La genesi dove Pazuzu è indiscutibilmente lui, ma nessuno si sogna di chiamarlo per nome.
Coincidenze, tranquilli…