Il Bayern, metafora perfetta del mondo moderno

Patrucco Giancarlodi Giancarlo Patrucco
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Non so se avete visto qualche partita del Bayern di Monaco. Magari le ultime due giocate in Champions, contro la Roma. Se le avete viste, immagino che ne sarete rimasti impressionati quanto me. Nel campionato di calcio italiano, la Roma sta ai vertici. Quando la vedi giocare contro qualsiasi squadra della nostra serie A, apprezzi il modulo, l’abilità tecnica dei suoi campioni, la sapienza tattica del suo allenatore, quel giro di palla veloce che va per vie verticali: le cosiddette ripartenze, come si dice dall’era Sacchi in poi. Dopo, la vedi impegnata contro il Bayern Monaco e non la riconosci più. Emergono incertezze tattiche, disagi tecnici, esitazioni, errori madornali, che mettono visibilmente in ansia i giocatori. Bastava vedere il portiere, l’altro giorno, per capire che la Roma non era lei. Non con il Bayern.

Nei commenti del dopopartita, Arrigo Sacchi l’ha messa così: il Bayern gioca un calcio moderno, europeo. La Roma, come tutte le squadre italiane in genere, gioca un calcio antico. E in quel modo, in Europa, non ce la si fa.
Già, ma come gioca il Bayern?

La squadra sta sempre alta. Attacca con tutti gli elementi, difensori compresi, nella metà campo avversaria. Non gioca un tiki taka di possesso palla, se non per il tempo necessario a trovare un buco nella difesa avversaria. Verticalizza molto, cambia fronte d’attacco allargando sulle ali, mentre i suoi centrocampisti si muovono verso l’area e le punte non danno riferimenti ai difensori.

Tutto qua, direte voi?
No. Sistemi di gioco simili ne abbiamo già visti. Per tutti, quello del Real Madrid. Ma ciò cheBayern fa la differenza è l’aggressività che ci mettono. Il Bayern non gioca per battere gli avversari, ma per soverchiarli, intimidirli, umiliarli. Anche massacrarli, come ha fatto a Roma (7 a 1), perché è una squadra che non si ferma e non si accontenta mai.

Beh, obietterete voi: se vengono tutti avanti, lasciano praterie dietro. Basta partire in contropiede, avere un centrocampista dai piedi buoni, due punte veloci e voilà: il goal glielo fai sicuro.
Niente di più sbagliato. Appena gli avversari riconquistano palla, la squadra del Bayern si muove all’unisono, come tirata da un’invisibile molla. Le punte braccano il portatore di palla, i centrocampisti braccano gli avversari che provano a sganciarsi, i difensori pressano quei poveri attaccanti che tentano di liberarsi aspettando il lancio.

La manovra riesce quasi sempre. Ma, se per caso qualcuno ce la fa a imbastire l’azione, districandosi dal pressing, il Bayern diventa spietato: lo mette giù. Contro la Roma, ieri sera, lo abbiamo visto parecchie volte. Gli arbitri di Champions in genere lasciano andare. Se ricordo bene, l’arbitro di ieri ha tirato fuori un solo cartellino giallo a danno di un difensore del Bayern. I falli? Beh, io ne ho contati più di venti, poi ho lasciato lì.

Questo è il calcio moderno, dice Sacchi. Io propendo per dire che questo è il mondo moderno. Se esiti, se non sei tecnicamente un fenomeno, se non aggredisci come un leone e non sei astuto come una volpe, è inutile che ti ci metti. Perderai. L’altro ti passerà sopra, ti toglierà lo scalpo e andrà a festeggiare in curva con gli assatanati come lui.
Bel mondo, questo. Non so se voglio vivere in un mondo così.