Il Monumento ai Caduti di Alessandria [Un tuffo nel passato]

frisina_caldi Tony Frisina.

Nel corso delle mie mille peregrinazioni per l’Italia intera (isole escluse) ho avuto la fortuna – in qualche caso – di imbattermi in cartoline e fotografie incredibilmente interessanti per l’inattesa scoperta di soggetti rari, di cui neppure sospettavo l’esistenza; per questo motivo la mia gioia di collezionista è stata ancora maggiore grazie ad un valore aggiunto: il fattore sorpresa.

La soddisfazione che – in questi casi – un collezionista riesce a provare è una sensazione intima che va a colmare la gioia del possesso, per essere finalmente riuscito a mettere le mani su qualcosa di inaspettato e di introvabile.

Ora vi svelo un segreto che riguarda coloro che cercano cartoline.

Non crediate che stia per svelarvi una confidenza per gettare fango su qualcuno, per caricarlo di disdoro e per costringerlo a nascondersi… (Avrei anche molte notizie riservate da svelare… ma su questo argomento non voglio dire nulla. Perché rendere pubblico il racconto delle piccolezze di qualcuno – delle sue bassezze – quando il doversi guardare allo specchio ogni mattina per stimarsi poco più di zero è già una sufficiente condanna?).

Fra le varie tipologie di collezionista ve ne sono almeno tre grandi varianti.

C’è chi raccoglie e tiene tutto per sé non volendo mostrare ad alcuno il frutto della ricerca, salvo comunicare ai colleghi/concorrenti di essere riuscito a mettere le zampe su tale o talaltro soggetto più o meno conosciuto o rarissimo; c’è chi raccoglie e poi mostra soltanto agli amici/nemici l’oggetto trovato e – infine – c’è chi come me che raccoglie per la gioia del possesso e della ricerca ma poi, in modi diversi, condivide il frutto della pesca miracolosa con tutti i concittadini.

La scoperta di scorci cittadini insospettabili riempie il cuore di una gioia immensa, che subito si gusta alla grande e poi, nel tempo, si diluisce pian piano ma non si esaurisce mai.

In questa occasione pubblico proprio uno dei soggetti che maggiormente hanno avuto il merito di darmi una scossa molto forte.

Si tratta dell’inaugurazione del Monumento ai Caduti della Provincia di Alessandria.

Sono passati molti anni dal momento in cui – nel corso della mia caccia alle cartoline – in una cittadina poco distante dal nostro Capoluogo mi sono imbattuto in un interessante blocchetto di fotografie, nel quale si trovava anche quella che giudico la più importante ed interessante fra tutte e che qui pubblichiamo.

L’espressione Toccare il Cielo con un dito credo che sia la frase che più si addica per descrivere il mio stato psicologico di quel preciso istante. Era felicità pura, concretamente manifestatasi in me nell’attimo stesso in cui guardavo quelle fotografie che giudicavo più importanti di qualsiasi tesoro.

Precedentemente, nonostante le ricerche e le perlustrazioni in archivi e biblioteche, mai mi era successo di vedere immagini raffiguranti il Monumento ai Caduti col telo che ancora lo copriva.

La fotografia qui pubblicata fa parte di una serie di immagini, purtroppo incompleta, di tutta la manifestazione culminata nello scoprimento dell’Opera dello scultore Gaetano Orsolini. Soltanto dodici immagini a cui col tempo se ne è aggiunta una tredicesima. Numero che mi perseguita fin dall’inizio della vita.

Le istantanee iniziano mostrando S.A.R Ferdinando di Savoia Duca di Genova con il Podestà di Alessandria generale Camillo Rosso mentre in automobile partono dalla Stazione ferroviaria, diretti verso i giardini pubblici.

Le due Personalità, scortate dai Carabinieri a cavallo in Alta Uniforme, percorrono poi il Viale della Stazione tra i gruppi schierati di Balilla, di Piccole Italiane e ali di folla.

Infine le Autorità prendono posto nel palco d’Onore sistemato esattamente sull’asse di Via Arnaldo Mussolini (ora Via Antonio Gramsci).

Le cronache d’epoca narrano che, una volta levato il candido drappo, con le Autorità ai piedi della maestosa statua equestre, si odono gli inni nazionali e crepitano le mitragliatrici.

Il vescovo, monsignor Nicolao Milone impartisce la santa benedizione.

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Il Monumento ai Caduti di Alessandria – Dello scultore Gaetano Orsolini avevamo ammirato, ad una bella esposizione alessandrina, il bozzetto «Il combattente» pel monumento ai Caduti di Cuorgnè: rude, abbozzato a larghi piani, e pure elegante per la posa e per la tecnica e modernissimo di espressione, Poi il nome dell’Orsolini lo leggemmo vittorioso in molti concorsi importanti, e da ultimo fra i prescelti al 2° grado pel monumento al Duca d’Aosta in Torino.

Con piena fiducia quindi nella sua opera, si è appreso che la Commissione esaminatrice, fra i novanta bozzetti presentati al concorso pel monumento ai Caduti alessandrini della grande guerra, aveva proclamato vincitore lo scultore Orsolini.

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La località dove sarebbe stato eretto il monumento fu oggetto di varie proposte: «in una piazza o chiuso in un verde giardino?»

Per averne precise indicazioni, il Comitato aveva radunato in Alessandria lo scultore Bistolfi, lo scultore Strada, l’architetto Mancini, ed altri artisti, perché visitassero la città e consigliassero la miglior sede pel monumento. In quella riunione lo scultore Bistolfi aveva riassunto così il suo parere: «Il monumento ai Caduti è un’ara a cui si dovrebbe accedere in pio pellegrinaggio, ed in occasioni speciali; perciò non ha sempre la sua sede acconcia in una piazza dove è sovente disturbato da mercati o da altre riunioni rumorose e profane, e dove per prima cosa dovrebbe avere grandi dimensioni e dovrebbe essere in armonia coi circostanti edifici, mentre poi avviene che gli edifici circostanti, alla loro volta, non sempre possono costituirgli degna cornice. In modo più sicuro lo scultore raggiungerà il suo scopo se potrà erigere l’opera sua in un ambiente di verde, lontano dal traffico e sfruttando quale naturale sfondo una bella cortina di piante». (E fu con questo programma che lo scultore Bistolfi a Casale potè adattare e armonizzare l’opera sua allo sfondo di un grande giardino per dare vita al monumento ai Caduti di quella città, bello tra i monumenti migliori).

Tenendo queste indicazioni come guida nella scelta della località, il Comitato, a concorso ultimato, ha stabilito di erigere il monumento nei giardini pubblici e più specialmente nella grande esedra che gli sarebbe stata destinata, e comunicò la sua decisione allo scultore Orsolini.

Questi, manifestandosi allora la maestà del sito destinato al suo monumento e il cavaliere suo brillare nel cielo azzurro, contornato dalle masse scure delle piante, sentì la necessità di rimaneggiare il primitivo bozzetto e di dargli più ampie proporzioni, ciò che attuò subito ingrandendo il monumento ed elevandolo.

Il primo progetto ne fissava l’altezza a m. 6 pel basamento e m. 4,50 pel cavaliere, e così in tutto m. 10,50; lo scultore invece consegnò l’opera sua dopo avere portato il basamento di granito di Baveno a m. 7 ed il poderoso cavallo di bronzo a m. 5,70, complessivamente quindi m 12,70.

Non occorrono profonde considerazioni per constatare la maggior nobiltà del gruppo nel suo movimento, la più sicura armonia dell’insieme e nell’ambiente, e la più perfetta e moderna interpretazione stilistica del concetto animatore.

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Per la descrizione del monumento ricorreremo alle parole con cui lo stesso scultore ha presentato il suo bozzetto ed ha minutamente illustrato il suo lavoro al generale Rosso, podestà di Alessandria e presidente del Comitato – quando questi seguiva l’opera dello scultore nelle frequenti visite durante la modellazione, e durante la fusione e la posa in opera: «Questo è il combattente che ritorna, dopo aver tutto donato, alla sua terra: il suo gesto è semplice, ma significativo; è gesto ammonitore e ad un tempo gesto di pace; se impugna ancora la spada, egli che ormai non ha più nemici di fronte a sè, la impugna a guisa di croce. Nessun indumento ricopre il suo corpo, perché qualunque indumento lo avrebbe identificato col soldato di qualche arma speciale, ed invece egli simboleggia il Combattente, anzi tutti i Combattenti della grande guerra, e tale lo identifica il copricapo della trincea. Il suo destriero è massiccio; ma è il cavallo della guerra, ed io intendo che esso lo riconduca in Patria segnando il ritmo trionfale della marcia eroica. I nomi degli 812 Caduti della città sono incisi su due grandi lastroni laterali al basamento; in sommità ai lastroni aleggiano vittorie alate scolpite nel granito (una di esse porta una corona e l’altra reca il fascio littorio). Le vittorie così accompagnano i Caduti al passo del combattente che torna in Patria. Nei due fregi in bronzo è riassunta la vita di ciascuno dei combattenti: la partenza dalla famiglia, la trincea, la bandiera, l’assalto; questa fu la via crucis eguale per tutti, e caduti e vittoriosi. Io non mi sono posto astrusi problemi, e così del resto ho sempre fatto negli altri otto miei monumenti che in altre città io ho potuto erigere. Non mi sono mai posto degli astrusi concetti, ma sempre mi fu sola e potente animatrice una profonda emozione, la sola che detta forme e concetti al cuore ed alla mente di un artista onesto e sincero, specialmente nell’ardente clima attuale, clima di idee, di forme, di passione e di vita elevatissima. Colla stessa profonda emozione ho concepito e lavoro su questo monumento, che m’illudo non sarà indegno della sua destinazione».

Infatti oggi che l’opera è ultimata e il popolo la può ammirare e la può sentire sotto ogni luce ed in ogni ora, a poco a poco essa conquide i più incerti, e comunica a tutti la stessa commozione.

Nel basamento, semplice e nobile per la materia e per la linea, l’autore ha abbandonato ogni motivo decorativo nella parte inferiore, perché l’attenzione dell’osservatore non fosse distratta dal soggetto principale del monumento, ed ha cercato invece di portar l’occhio dell’osservatore su, in alto, al fregio ed al combattente.

Il cavallo è forte, poderoso, massiccio: è studiato in ogni particolare (ed in ogni particolare poi con sapienza è fatto scomparire sotto le masse che lo velano, e meglio lo rivestono). Non può distendersi, lanciarsi in avanti, perché il suo sforzo pure poderoso è domato dalla volontà del cavaliere che lo trattiene e imprime ai suoi movimenti un ritmo di marcia.

Nelle parti del suo corpo ha proporzioni quasi violente: non lo si sarebbe concepito così prima della guerra; chè anzi esso è il tipo del cavallo venuto dalla grande guerra. E qui pare conscio della sua parte nell’azione; è sicuro, è nobile.

Il combattente rappresenta ad un tempo il genio della giovinezza italica: deve la sua potente figura all’arte più sobria, quasi sommaria, ma la più espressiva.

È l’idea di forza e di potenza fisica che l’autore ha voluto esprimere nel giovane combattente; ne ho fatto scattare i muscoli delle gambe, le pieghe del collo, tutto il bel corpo; poi lo stile, fuori d’ogni rettorica, ha compiuto l’opera.

E ritornando a dire della ubicazione del monumento – pur tenendolo sempre nei giardini lo si volle posto sull’asse della via Arnaldo Mussolini, dove si trova Casa Littoria, perché stesse a rappresentare la giovinezza d’Italia che, rientrata in Patria dalla guerra, muove trionfante verso il Littorio.
Ing. Venanzio Guerci

[ALEXANDRIA – RIVISTA MENSILE DELLA PROVINCIA – Anno V – Numero 4-5 – Alessandria, Aprile-Maggio 1937]