Disit, giovani scienziati crescono: “orgogliosi del nostro ateneo, e senza nessuna intenzione di emigrare!”

Scienze-sede-facoltaE’ tempo di esami, al Disit.  E al Dipartimento di Scienze e Innovazione Tecnologica dell’Università Avogadro, al quartiere Orti di Alessandria, c’è un via vai di studenti indaffarati, e anche un po’ ‘tesi’, come naturale che sia nei giorni delle verifiche di fine corso. Incontriamo 4 di loro (tutti biologi, per ragioni abbastanza casuali: “anche se in realtà rappresentiamo da soli più o meno il 70% degli studenti del Dipartimento”), ed è l’occasione per farci raccontare l’Università di Alessandria con i loro occhi e dal loro punto di vista, per evidenziarne pregi, e anche criticarne i limiti (“ma in maniera assolutamente costruttiva”). Del resto, solo due settimane fa il rettore dell’Avogadro, Cesare Emanuel, ha ricordato il ‘posizionamento’ eccellente del nostro ateneo sul fronte della qualità della ricerca e del rapporBerta-Graziella-1to con il mondo del lavoro, e in una recente intervista il direttore del Disit, la professoressa Graziella Berta (nella foto), ci ha parlato dei progetti di crescita autunnali, con la partenza di tre diversi percorsi di specializzazione proprio nell’ambito della laurea magistrale in Biologia.

Ci è sembrato corretto, a questo punto, dare voce direttamente a loro, gli studenti. E sono emersi alcuni elementi di riflessione di sicuro interesse. Questi ragazzi, prima di tutto, sono davvero soddisfatti del loro percorso di studi e di vita, e consapevoli di vivere in un contesto di qualità. Anche perché un paio di loro (Stefano e Matteo) hanno avuto modo di sperimentare altri atenei di maggior dimensione, prima di scegliere il Disit di Alessandria: e la bilancia dei pro e dei contro pende decisamente a favore dell’Avogadro. Un secondo elemento di curiosità e riflessione: i giovani scienziati del Disit (almeno quelli da noi incontrati) amano questo territorio, e non hanno assolutamente l’ambizione di finire a ‘rimpolpare’ l’esercito dei ‘cervelli in fuga’, come la retorica di questi anni sembra imporre. “Naturalmente ci guarderemo attorno, consapevoli che per fare il mestiere per cui si è studiato oggi una certa mobilità è indispensabile”, confermano in maniera sostanzialmente corale, “ma speriamo che la nostra provincia, e comunque il nord Italia, possano offrire opportunità adeguate, che starà a noi cercare di cogliere”.
Il presente di Giorgia, Stefano, Francesca e Matteo però oggi è giustamente lo studio, e la specializzazione al Disit: proviamo allora a raccontare le loro storie, e i loro progetti.

Novello GiorgiaGiorgia, ovvero la passione per l’ambiente

“La biologia è sempre stata la mia passione, tanto che a 14 anni ho scelto di frequentare l’Istituto Barletti di Acqui Terme, che oggi si chiama Montalcini, e ho optato appunto per l’indirizzo biologico. Certo, all’epoca mi vedevo più come biologa ospedaliera, mentre tutte le mie esperienze successive mi stanno portando a specializzarmi sempre più sul fronte ambientale: che oggi è davvero vasto, e pieno di stimoli”. Giorgia Novello è di Melazzo, piccolo centro dell’aquese dove ancora vive, e sta terminando il primo anno del dottorato triennale in Chemistry and Biology, “che raggruppa i diversi precedenti dottorati scientifici”. Giorgia è una persona palesemente entusiasta di quel che sta facendo: “Mi piace tantissimo: sento che ogni giorno imparo qualcosa di nuovo, che sono certa mi potrà essere utilissimo qualsiasi cosa decida di fare nella vita. Il mio dottorato offre un giusto mix di teoria e sperimentazione in laboratorio: e da questo punto di vista qui ad Alessandria abbiamo strumentazioni di vera eccellenza”.  Giorgia è ormai una ‘veterana’ del Disit, dove ha compiuto tutto il suo percorso di formazione universitaria, fino alla laurea magistrale, per poi continuare appunto gli studi attraverso il dottorato di ricerca. Ed è anche una pendolare, ma tutto sommato di ‘corto raggio’: “vivendo nell’acquese, ho sempre viaggiato: ma con i treni è un tormento: la linea Alessandria Savona è tra le più disagiate, e non è raro trovarti sui binari, e scoprire che il tuo treno è stato soppresso. Per cui quando posso viaggio in auto, anche perché qui agli Orti, a parte il lunedì che è giorno di mercato, il parcheggio non è un problema. Siamo un po’ distanti dalla stazione Fs invece, e non sarebbe male se l’azienda alessandrina di trasporto pubblico pensasse a qualche navetta dedicata solo agli studenti del Disit, nelle fasce di maggior traffico, ossia la mattina presto e verso sera”. Lanciamo il sasso, anche se le cronache di questi giorni sul fronte Atm non lasciano spazio a grandi speranze. Il tema dei servizi ‘extra ateneo’ è comunque avvertito dagli universitari alessandrini in maniera omogenea come uno degli aspetti migliorabili della loro esperienza, e se da un lato i ragazzi si rendono conto del momento particolarmente difficile che Alessandria sta attraversando, dall’altro non risparmiano consigli, e qualche critica.

Stefano, il ‘politico’ del gruppo che vuol fare l’insegnanteGarbarino Stefano

“Che dopo tanti anni di vita un’università di medie dimensioni e di riconosciuta qualità come la nostra ancora non abbia, qui ad Alessandria, una Casa dello Studente è un pessimo segnale delle istituzioni, dall’Edisu fino al comune di Alessandria. E che dire della mensa di via Parma? Semplicemente improponibile per noi che siamo qui agli Orti, e pochissimo utilizzata anche dai nostri colleghi di Palazzo Borsalino. Per fortuna ci sono tanti piccole realtà private che si sono attrezzate, e propongono mini pranzi per studenti a prezzi molto accessibili”. A parlare è Stefano Garbarino, che sta completando la triennale di Biologia (“lavoro su una tesi sui lamponi che mi appassiona: e penso di scegliere la nuova specialistica ambientale. Dopo la laurea mi piacerebbe fare l’insegnante: come mio padre, a cui devo assolutamente la passione per la biologia”), e che al Disit è anche rappresentante degli studenti del Dipartimento. Con un piglio e una vis polemica naturale, che potrebbero farne in prospettiva anche un buon politico: “veramente per il momento mi limito a rimanere indietro negli esami, per seguire anche tutte le questioni legate alla rappresentanza. Ma ci credo, e mi appassiona: poi, figuriamoci, ci elessero in tre e dopo poco mi sono ritrovato solo. E solo sono rimasto per un anno e mezzo: ora per fortuna ci sono di nuovo altri due rappresentanti con cui dividermi i compiti, che non sono leggeri”. Ma cosa fa oggi un rappresentante degli studenti, all’Università? “Da un lato cerchiamo di dar voce alle istanze dei miei colleghi con il corpo docente. E in molti casi, come per il direttore del Dipartimento, la professoressa Graziella Berta, la capacità di ascolto è senz’altro notevole: c’è confronto costante e costruttivo insomma. In più faccio parte della Commissione Paritetica di Ateneo, che però in questi anni non credo si sia mai riunita, e mi chiedo francamente a cosa serva. Ma la parte centrale del mio ruolo consiste nel cercare di informare tutti gli studenti, a partire dalle matricole che spesso sono comprensibilmente ‘smarrite’, rispetto ad una serie di opportunità, strumenti e piattaforme tecnologiche che, se opportunamente utilizzate, semplificano notevolmente il percorso universitario”. E qui,  chi ha frequentato l’università italiana ai tempi delle lunghe code in segreteria per le incombenze burocratiche più banali, o dei viaggi da fuori sede solo per iscriversi ad un esame o controllare gli orari, non può che invidiare un po’ questi ragazzi che, da casa loro o da dove gli pare, semplicemente accedendo al portale dell’ateneo con password personali possono iscriversi agli esami, verificare gli orari dei corsi, scaricare dispense on line e quant’altro. Fino a controllare in rete la situazione degli esami sostenuti (“il libretto universitario cartaceo non esiste più”), con tanto di media ponderata calcolata in automatico. “Però – sottolinea Stefano Garbarino – diciamo pure che alcuni docenti della vecchia guardia, e qualcuno forse anche per puro sadismo, si rifiutano ancora oggi di utilizzare appieno l’on line, a partire dalla banale posta elettronica, per informare tempestivamente gli studenti di un cambio di orario delle lezioni, o degli esami”. Ma è lo stesso rappresentante degli studenti a precisare: “qui le cose funzionano mediamente bene, e faremo il possibile per migliorare ancora”.

Marengo FrancescaFrancesca, la matricola: “ a sei anni già sognavo di diventare biologa marina”

Ma qual è il punto di  punto di vista della matricola? Francesca Marengo, che vive ad Alessandria solo ad un anno, ma ha radici acquesi, sta sostenendo gli esami della sessione estiva, ed è timidamente soddisfatta, anche se parla meno dei colleghi, più anziani ed esperti: “A sei anni sognavo di fare la biologa marina, quindi sicuramente la mia è una vocazione addirittura infantile! Sono contenta di aver scelto di studiare qui al Disit, e francamente credevo peggio: nel senso che nei primi mesi, abituata al ritmo delle superiori, e ad una estrema vicinanza con i docenti, temevo di perdermi, dovendo organizzarmi e gestirmi completamente da sola. Invece sta andando bene, e spero di proseguire così, anche se per ora è presto per pensare a progetti di lungo periodo. Francesca ha fisico da pallavolista, e infatti “ho giocato fin da bambina, e in maniera agonistica fino allo scorso anno, quando ho deciso di appendere le ginocchiere al chiodo”. Chissà se definitivamente, considerato che all’Avogadro c’è il CusPO, struttura specificamente dedicata all’organizzazione di attività sportive agonistiche e non, che ‘produce’ anche atleti di fama nazionale. Nessuno dei nostri intervistati, però, pratica ad oggi attività sportive in maniera continuativa, anche se mostrano di apprezzare le attività organizzate in ambito universitario, “compresa qualche settimana bianca, o anche semplici momenti di aggregazione e antistress, tra una lezione e un esame: dal ping pong al calcio balilla”.

Matteo, ‘ingegnere pentito’: farà il dottorato o no?Pavan Matteo 1

Matteo Pavan, nen ‘quartetto’ di giovani biologi del Disit, è l’unico alessandrino doc. E vanta anche una pregressa esperienza da studente universitario torinese ‘pendolare’, che ancor più gli sta facendo apprezzare l’Avogadro: “ho perso un anno, frequentando a Torino i corsi di ingegneria biomedica: mi attirava la biomedica però, più dell’ingegneria pura. Per cui ad un certo punto, anche per i ritmi folli del pendolare da treno, ho scelto di studiare Biologia qui al Disit: l’onore di diventare ingegnere lo lascio a mio fratello, molto più ‘inquadrato’ e rigoroso di me, che viaggia su Genova, ed è bravissimo”. Ma anche Matteo, in realtà, ha trovato nello studio della biologia la sua dimensione: si capisce che è bravo e appassionato, e sta riflettendo se, al termine della tesi magistrale che è quasi pronta, provare ad investire nel dottorato di ricerca. Giorgia, che sta lavorando con lui su alcuni progetti di laboratorio, non ha dubbi: “deve farlo, ha tutte le carte in regola per riuscirci”. Accanto allo studio, Matteo ha sempre coltivato un’altra passione/lavoro, che è il nuoto: “Ho praticato a livello agonistico fino ai 18 anni, poi ho intrapreso un percorso da istruttore presso una piscina alessandrina, e alleno anche una squadra di bambini: un’esperienza molto gratificante”.

Un ultimo tratto comune che sembra caratterizzare i quatto ragazzi è l’atteggiamento ‘guardingo’ e prudente rispetto all’opzione estero: “Sì, questa fuga dei cervelli va molto di moda – sottolinea  Giorgia Novello -, ma tutto sommato il nostro sistema formativo è di ottima qualità: ce ne accorgiamo anche confrontandoci con colleghi e colleghe francesi, spagnoli o anche turchi che fanno l’Erasmus o simili esperienze di studio qui da noi. Il problema rimane naturalmente il mondo del lavoro, e lì ognuno valuterà in base ad opportunità e obiettivi”. E’ Matteo Pavan ad aggiungere: “ho amici europei, olandesi ad esempio: non è che le loro università siano meglio delle nostre: semmai è prima, a livello di superiori, che i programmi andrebbero svecchiati, e forse anche snelliti. Perché non cominciare l’Università a 18 anni, anziché a 19? In molti altri Paesi è già così, e credo che uniformandoci ne ricaveremmo solo vantaggi”.

Ettore Grassano