Il 2014 si apre, per l’ateneo alessandrino, con all’orizzonte una serie di sfide di quelle che in tanti, soprattutto di questi tempi, vorrebbero affrontare: dilemmi legati essenzialmente alla crescita costante, sia in termini quantitativi (ossia numero di iscritti, specialmente al primo anno: il che significa capacità attrattiva rispetto ad un territorio sempre più vasto, non solo provinciale) che qualitativi, sul fronte dei riconoscimenti nell’ambito della ricerca, e della capacità di ‘incidere’ sulla comunità e società alessandrina. Un recente esempio in questo senso è rappresentato dal ciclo di conferenze organizzato in stretta collaborazione con la Fondazione CrAl, “che ha visto nei mesi scorsi un confronto vero e vivace tra alcuni esponenti di eccellenza della comunità accademica italiana (sociologi, giuristi, storici, esperti di pubblica amministrazione) e il tessuto locale in termini di enti, istituzioni, amministratori. Un percorso assolutamente costruttivo, da non interrompere, anzi da incrementare”.
Incontriamo dunque il professor Salvatore Rizzello, direttore del Dipartimento di Giurisprudenza, Scienze Politiche, Economiche e Sociali dell’Università degli studi del Piemonte Orientale Amedeo Avogadro, a distanza di non molto tempo dall’ultimo approfondimento, in gran parte dedicato al concetto di cabina di regia del territorio.
E lo facciamo perché ci pare importante che la nostra nuova sezione, AlGiovani, sia ‘tenuta a battesimo’ da un intellettuale capace di indicarci quale può essere il tragitto da percorrere perché l’Ateneo alessandrino diventi davvero il ‘lievito’ della società locale. Ma anche perché ci sono, ad oggi, alcune criticità, sia sul piano logistico che dell’offerta di servizi alla popolazione universitaria, rispetto alle quali è senz’altro utile tentare una riflessione. Cosa manca davvero ad Alessandria, insomma, perché la sua Università (di riconosciuta qualità, con punte di eccellenza) sia il ‘propellente’ che rimette davvero in moto il territorio, per ragionare di futuro non in termini di sopravvivenza, o ‘resistenza’, ma di sviluppo e di creatività? E il famoso campus universitario nascerà, e dove? Il tempo stringe, e una crescita mal gestita può anche diventare controproducente…
Professor Rizzello, il polo alessandrino dell’Università del Piemonte Orientale è anticiclico rispetto alla crisi, come va di moda dire: insomma non conosce rallentamenti, e anzi cresce. E’ così?
Parlano i numeri: io le fornisco naturalmente quelli del mio Dipartimento, ma so che anche a Scienze il trend è assolutamente positivo. Noi possiamo parlare addirittura di exploit: quest’anno abbiamo circa 500 matricole, contro le 250 dell’anno scorso. Pesa, naturalmente, l’avvio del corso di laurea in Economia, che va ad arricchire la nostra offerta formativa, e che da solo ha portato 180-190 nuovi iscritti. Ma la crescita riguarda in realtà tutti i corsi di laurea: compresa Giurisprudenza, che un po’ ovunque in Italia vive anni difficili, ma da noi continua ad essere scelta e apprezzata.
Oggi, complessivamente, quanti sono gli iscritti al polo giuridico-politico-economico?
Abbiamo circa 1.500 iscritti, con la previsione di continuare a crescere in maniera significativa nei prossimi due/tre anni. Il che pone, con ancora maggior forza, una serie di problemi di natura logistica ed edilizia. Di cui già si è parlato nel corso del 2013, ma che ora vanno davvero affrontati e risolti. La vede questa planimetria? (è appoggiata sulla scrivania, e ce la mostra, ndr)
Da gennaio avremo, nella nostra sede di via Mondovì, una nuova aula da 100 posti, e un’altra analoga ricavata qui a Palazzo Borsalino, al secondo piano. Ma sono soluzioni di emergenza, ottimizzazione delle strutture esistenti, che però sono ormai inadeguate a fronteggiare la crescita.
Si è parlato a lungo (e lo abbiamo fatto anche nella nostra precedente intervista) di un campus universitario che avesse Palazzo Borsalino come ‘cuore pulsante’, e si espandesse nella direzione delle due ormai ex caserme che sorgono ai suoi lati. Che fine ha fatto il progetto?
Per noi rimane validissimo, e attuale. L’idea che quest’area, a ridosso del centro cittadino, dei palazzi delle istituzioni, e anche della stazione ferroviaria, possa e debba essere la porta dell’Università sulla città, facendo nascere tra le due ex
caserme, la Barengo e la Valfrè, una vera e propria piazza della Cultura. Quindi l’ateneo con i suoi corsi, la didattica, la ricerca. Ma anche gli altri servizi che rendono vivo e vivibile un campus universitario 7 giorni su 7: le residenze,
le mense, i luoghi di ritrovo dove produrre cultura in senso lato: dalla presentazione di libri a concerti, mostre, dibattiti. E’ questo, oggi, il salto di qualità che serve all’università alessandrina, e credo a tutta la città.
Però, ad un certo punto, nei mesi scorsi, è spuntata l’ipotesi che il campus universitaria si faccia altrove, agli Orti. A preannunciarlo fu l’assessore regionale Riccardo Molinari, alessandrino doc peraltro, proprio in un’intervista al nostro magazine. Quel progetto a che punto è? E come lo vede?
Molto onestamente, il progetto di campus agli Orti, come alternativo rispetto allo scenario di cui abbiamo appena parlato (e a cui si lavora da anni, sotto diversi punti di vista) ci ha un po’ presi in contropiede, e stupiti. Ho letto e poi ascoltato con attenzione la proposta avanzata dall’assessore, e ne abbiamo discusso con il rettore. Il confronto è aperto, anche se la paternità del progetto rimane nebulosa, così come permangono parecchi punti interrogativi. I locali del Politecnico, per intenderci, sono attrezzati per ospitare credo 400 studenti, e noi già oggi siamo 1.500, ma cresceremo ancora parecchio, secondo tutte le previsioni. Si è parlato di acquisire spazi da un privato, in una zona limitrofa, sempre agli Orti, ma mi sembra un percorso lungo. Così come mi pare esista anche una questione, non banale, di centralità del campus rispetto alla città: che a mio avviso dovrebbe essere un’agorà a stretto contatto, anche fisico, con istituzioni e cuore cittadino, non una struttura collocata in periferia.
Ma adesso che succederà?
Siamo in attesa di chiarire, in maniera rapida e concreta in queste settimane, se l’ipotesi campus agli Orti è concretamente realizzabile a breve, e se esistono sia
un progetto logistico che la disponibilità di risorse per realizzarlo. Se così non fosse, occorrerebbe procedere immediatamente sul fronte recupero ex caserma qui di fronte, perché davvero per noi l’emergenza edilizia sta diventando stringente.
Ma anche lì si porrà un problema di risorse….o non è così?
Lì esisteva già un accordo, parecchi anni fa, con la Provincia, proprietaria dell’immobile. Oggi sappiamo bene che molte cose sono cambiate, ma una soluzione rapida ed efficace, che coinvolga sia l’Università che la Fondazione CrAl e la società Ream (sgr controllata dalla stessa Fondazione, ndr), e che tenga conto delle esigenze di tutti i soggetti in campo, credo sia possibile trovarla. Ripeto: si tratta davvero di imboccare, con decisione e senza più tentennamenti, una strada di crescita non solo dell’Ateneo o del nostro Dipartimento, ma di tutta la città.
A proposito di Fondazione CrAl, professor Rizzello: il ciclo di conferenze che avete organizzato in sinergia con la Fondazione nei mesi scorsi avrà un seguito?
Mi auguro proprio di sì, ne riparleremo presto. Si è trattato di incontri davvero di altissimo profilo, indirizzati non tanto agli studenti (che in verità qui in facoltà occasioni di approfondimento ne hanno già tantissime, più volte alla settimana) ma alle istituzioni e al tessuto della classe dirigente, pubblica e privata, del territorio. E, anche grazie all’eccellenza dei protagonisti delle lezioni, si è trattato di vere e proprie occasioni di confronto vero, su problematiche di stringente attualità. Anche questa è una strada importante di crescita di tutto il tessuto alessandrino. Così come stiamo collaborando, a tutto campo e su diversi progetti, con il comune di Alessandria, con la Provincia, con Confindustria e con la Camera del Lavoro. L’Università in senso ampio è questo: lievito per la città, non semplice attività didattica, esami e produzione di laureati.
Rimane il grande, oggettivo limite di un ateneo che ‘chiude’ alle 18 o 19, e di una città che, la sera e nel week end, si spegne e diventa dormitorio…
Per questo sostengo che il campus universitario è indispensabile non tanto per noi docenti, e non solo per gli studenti, ma per tutta la città. E, in attesa di farlo nascere, cercheremo da subito di rendere Palazzo Borsalino sempre più aperto verso l’esterno. Mi piacerebbe, ad esempio, utilizzare la parte al pianterreno che dà su corso Cento Cannoni come area di incontro e iniziative rivolte non solo agli iscritti, ma a tutti gli alessandrini, con particolare riferimento agli studenti delle scuole superiori: un modo per incuriosirli, attrarli, fare in modo che comincino a respirare, già a 17 o 18 anni, l’atmosfera universitaria.
Ettore Grassano