Niente sigaro d’ordinanza stavolta, ma cellulare all’orecchio per le ultime news da Torino, mentre ci viene incontro all’appuntamento concordato, in piazza della Libertà, non senza fermarsi un paio di volte a stringere mani di conoscenti alessandrini. Intercettiamo Riccardo Molinari (assessore regionale della giunta Cota con tante deleghe, di cui due davvero ‘pesanti’: enti locali e università) all’uscita dall’ennesimo summit su un’emergenza lavoro a Palazzo Ghilini: “lo so, il lavoro non è nel mio portafoglio di assessore, ma non importa: sono alessandrino e, soprattutto di questi tempi, tutto ciò che riguarda il nostro territorio mi interessa e coinvolge. Quindi sono qui ogni volta che posso, e che serve”. Proviamo, allora, a farci raccontare qual è lo stato di salute della Regione, che tanti (soprattutto nel centro sinistra, e non proprio disinteressatamente) danno per moribonda, auspicando elezioni anticipate, rispetto alla scadenza ‘regolare’ della primavera 2015. Ma con Molinari, “uomo di Lega” da quindici anni ormai (e ne ha solo trenta!), senza se e senza ma, affrontiamo anche il tema del futuro del Carroccio, che i sondaggi delle ultime settimane danno in significativo recupero e che, soprattutto, si trova oggi a governare le tre principali regioni del Nord: con quali obiettivi e prospettive?
Assessore Molinari, la si vede sempre più spesso in città: nostalgia, o che altro?
Ma che nostalgia, emergenze a raffica purtroppo. D’altra parte, soprattutto sul fronte imprese e occupazione, siamo di fronte ad una situazione di massima intensità, con tante situazioni a rischio. La Provincia, e lo dico anche se non è gestita dalla mia parte politica, mi pare stia cercando di fare fino in fondo la sua parte, ed io, come rappresentante della Regione, cerco di non far mancare il mio appoggio.
Fronteggiare le emergenze è meritorio assessore, oltre che indispensabile. Però la Regione stessa sembra in grande difficoltà, e il Pd ha lanciato la sua campagna “Cota a casa”. Succederà? Andremo a votare anzitempo, rispetto alla data della primavera 2015?
Lo escludo categoricamente, ma credo lo sappia anche il Pd, che ha lanciato una campagna demagogica. Perché guardi, è verissimo che la Regione Piemonte ha seri problemi di risorse, come tutta la macchina pubblica del Paese. Ma è altrettanto palese, e certificato persino dalla Corte dei Conti, che a portarla sull’orlo del baratro è stata l’allegrissima gestione del quinquennio Bresso, oltre magari anche a qualche errore commesso anche in precedenza. Sta di fatto che noi, come giunta Cota, quando ci siamo insediati nel 2010 ci siamo trovati di fronte al baratro. E, con un piano di rientro concordato con il Governo e portato avanti con rigore, siamo riusciti a tenere la barra dritta. Certo, questo significa inevitabilmente anche riorganizzare, e tagliare gli sprechi, che erano insostenibili.
Non soffermiamoci sul fronte sanità, che pure è quasi l’80% dei bilanci della Regione, ma non è di sua competenza. Parliamo di enti locali invece: la vicenda delle comunità montane a che punto è?
Abbiamo presentato un disegno di legge sulla montagna, che è in corso di approvazione, e che rappresenta il completamento della legge precedente. In sostanza si va a chiarire cosa succede, allo scioglimento ormai definito delle comunità montane: in termini di funzioni, di personale, di mutui e debiti pregressi. La scelta era tra accentrare le funzioni in Regione, o lasciare la gestione ai territori, e noi ci siamo orientati in questa seconda direzione.
Concretamente, cosa avverrà e quando?
In realtà per legge entro il 31 dicembre tutti i piccoli comuni (fino a 5 mila abitanti in pianura, che diventano 3 mila in montagna, con poi una serie di ulteriori distinguo) hanno l’obbligo, salvo proroghe di cui ad oggi non siamo a conoscenza, di costituirsi in unioni o convenzioni, per continuare ad esercitare una serie di specifiche funzioni. Semplicemente, per i comuni di montagna (ma limitatamente alle funzioni tipicamente montane) il disegno di legge in approvazione prevede l’obbligo di ricorrere a unioni montane, ritenute più efficaci. Invece, per una serie di funzioni standard tipiche di tutti i comuni, rimarrà anche per loro l’opzione tra unioni o consorzi.
E i dipendenti? C’è chi, anche di recente, lamenta stipendi in ritardo…
Quella degli stipendi in ritardo è questione diversa, legata a ritardi nei trasferimenti: ma li stiamo risolvendo, e non mi sembrano così clamorosi. Dal punto di vista normativo, i dipendenti delle comunità montane verranno ripartiti tra le diverse unioni: ma, attenzione, una buona parte di loro, grazie ad incentivi regionali, ha già optato per la mobilità verso altri enti. Nessuno comunque perderà il posto di lavoro. Nel frattempo, naturalmente, c’è anche la necessità di gestire, tramite commissari, la chiusura delle comunità montane, che hanno debiti, mutui, partecipazioni. Insomma, non sono questioni che si risolvono in pochi giorni.
Altra sua delega essenziale, assessore, è l’Università: con accuse, anche recenti, di non fare abbastanza non tanto per l’Università del Piemonte orientale quanto, in particolare, per Alessandria…
Ho letto qualcosa, e ho anche avuto modo di chiarirmi con l’assessore comunale alessandrino Falleti, che francamente non mi pare avesse alcun intento polemico nei miei confronti. Anche qui occorre contestualizzare: la giunta Cota ha trovato una situazione pesantissima, e piena di buchi, Sei mesi fa, nominato assessore, ho preso immediatamente atto della situazione esistente sul fronte delle quattro università Piemontesi (Università di Torino, Università ‘tripolare’ del Piemonte Orientale, Politecnico e Università di Pollenzo), e ci siamo attivati con un approccio concreto e operativo. Cito, per non stare sul vago, le nuove regole sulle borse di studi, conformi alle normative europee, che hanno portato ad una più equa redistribuzione (certamente scarse, ma quelle sono), con una crescita del 16% proprio per l’Università del Piemonte Orientale.
Che però, assessore, come lei ricordava è ‘tripolare’: Novara, Vercelli, Alessandria. Noi non rischiamo di essere la Cenerentola del gruppo?
Non direi proprio, e mi sembra che il Rettore, Cesare Emanuel, stia invece guidando il potenziamento del polo alessandrino, come testimoniato anche dalla recente partenza, molto positiva, del corso di laurea di Economia in città. Alessandria, nel suo complesso, sta crescendo bene. Semmai si pone il problema di tutta una serie di servizi (però da calibrare con attenzione: segnalo che già oggi, su 24 posti letto disponibili per studenti ad Alessandria, la metà è vuota), e ancora prima di sede. Posso dirle che, proprio in questi giorni, mi sto confrontando con i vertici del Politecnico di Torino, per capire se la sede del Poli degli Orti non possa divenire la nuova sede di Scienze Politiche e Giurisprudenza. Baricentrando di fatto il polo universitario al quartiere Orti (tra l’altro molto più comodo e vivibile in termini di parcheggi e spostamenti), e bypassando tutta una serie di problemi e ostacoli, mi pare di non poco conto francamente, in merito ad una ‘espansione’ del Dipartimento di Giurisprudenza e Scienze Politiche, Economiche e Sociali, che oggi a Palazzo Borsalino ha oggettive difficoltà di spazi. I primi riscontri sono positivi.
Però fino ad oggi si è parlato, più che altro, di acquisizione della ex caserma di via Cavour, o di espansione all’interno della Valfrè…
Vedremo: di certo non sembrano percorsi brevi, e se dovessero emergere soluzioni alternative, e di valore, perché non considerarle? Ne stiamo parlando, e a breve avremo le idee più chiare.
Parliamo di Lega Nord, assessore Molinari. Di cui lei è segretario provinciale, e vice segretario in Piemonte. Tornare all’opposizione, sia con il Governo Monti che con l’esecutivo Letta, vi sta giovando in termini di consenso?
A leggere i sondaggi sembra di sì, ma non è questo il punto. Credo che, dopo momenti di oggettiva difficoltà, la Lega abbia ritrovato, con la gestione Maroni, una propria identità e strada. E che, quando facciamo politica, su questioni come l’immigrazione (gestita con enorme, inconcludente demagogia dal centro sinistra, in particolare: come si a contestare che in un Paese gli stranieri possano rimanerci solo se hanno un lavoro? Funziona così solo in tutto il mondo civile!) o la redistribuzione delle risorse fiscali, gli elettori ci capiscono e sostengono.
La Lega governa in Piemonte, Lombardia, Veneto. Parlare di scissioni non va più di moda: ma come questi territori cercano di ‘pesare’ rispetto ad un evidente tendenza a ritornare al centralismo romano?
Ecco, dice benissimo. L’obiettivo, ormai manifesto, dei partiti che sostengono oggi Letta, e ieri Monti, è di riportare tutto sotto il controllo di Roma. Oggi si stanno accanendo sui piccoli comuni (che sono in gran parte al nord), e vogliono eliminare le Province, che invece per territori come quello di Alessandria sono una cinghia di trasmissione essenziale per tanti piccolissimi municipi. Anche se ora anche la Corte dei Conti ha certificato, rispetto al delirante decreto legge Delrio, tutto quel che la Lega sostiene da un pezzo. Ma, ne sono, certo, poi partirà anche il tentativo di indebolire le Regioni, di cui già si intravvedono numerosi segnali. Noi, come Lega Nord, da mesi insistiamo, in Conferenza delle Regioni, perché il patto di stabilità sia abolito, almeno per i comuni sotto i 5 mila abitanti. E non rinunciamo a sottolineare che l’eliminazione delle Province (a meno che, contestualmente, non si pensi di licenziarne i dipendenti e chiuderne le sedi) non solo non comporterà risparmi, ma peggiorerà probabilmente l’attuale situazione. I nostri governatori non mollano poi, rispetto alla necessità di una maggiore autonomia da Roma per la macro regione del nord: che è l’esatto contrario degli obiettivi del Pd, in particolare: che guarda caso, istituendo le aree metropolitane, ‘sfilerebbe’ gran parte dei poteri ai Presidenti delle Regioni, a vantaggio dei sindaci dei comuni capoluogo: che sono della sua parte politica.
Però, Molinari, è evidente che oggi gran parte della protesta, che per lungo tempo al nord è stata incarnata dalla Lega, viene ‘inglobata’ dal voto del Movimento 5 Stelle. Non lo avete sottovalutato, Grillo?
No, sapevamo che sarebbe esploso alle scorse elezioni, ce n’erano tutti i segnali. Però Grillo e Casaleggio dove vogliono davvero andare a parare, cosa propongono? Ho l’impressione che gli elettori li vedano come un movimento di protesta, di sfogo, ma che si rendano benissimo conto che con loro non si va davvero da nessuna parte. Anzi, sono funzionali alla conservazione del potere da parte del ‘cartello elettorale’ che oggi sostiene Letta. Un po’ com’era il Pci nella prima repubblica rispetto all’asse governativo dell’epoca, diciamo così: anche se naturalmente è un accostamento che si ferma qui, al fatto che oggi il Movimento 5 Stelle, come un tempo il Pci, è vissuto come forza di sola opposizione al sistema. La Lega, invece, vuole essere alternativa concreta, di governo del Nord. Come già succede nelle tre regioni, appunto.
Ettore Grassano