Napolitano, Grillo e il popolo italiano [Controvento]

Grillo Napolitanodi Ettore Grassano

Tra i due ‘discorsi alla nazione’ previsti stasera in contemporanea (Napolitano e Grillo), va da sè che viene naturale schierarsi con la maggioranza silenziosa che li ignorerà entrambi, pensando serenamente a come concludere l’anno tra amici, per poi rimboccarsi le maniche e cercare di ‘sfangarla’ anche nel 2014. Nell’assoluta consapevolezza che né da Napolitano né da Grillo arriveranno aiuti sostanziali in caso di disoccupazione in famiglia, problemi di salute e quindi di sanità, o quant’altro. Aiutati da solo, che lo Stato non ti aiuta di certo, sembra essere sempre più la chiave di lettura a cui gli italiani devono fare riferimento, sperando in tempi migliori. Salvo poi prendere atto, naturalmente, che la logica dell’assistenzialismo (ma solo e sempre rivolta a determinate categorie) è tutt’altro che morta, e anzi rischia di essere zavorra mortale per le prospettive future.

Però rimaniamo per oggi sul dualismo Napolitano Grillo, che è comunque interessante.

Da una parte il Presidente, l’uomo delle istituzioni per autonomasia, che però nonostante il mastodontico (e pressoché acritico) supporto del sistema mediatico di cui ha beneficiato in questi anni non è, e non potrai mai diventare neppure post mortem, un presidente popolare e genuino, alla Pertini (e già il solo accostamento è irriverente). Napolitano è, ed è sempre stato dai tempi della sua militanza nel Pci e delle sue relazioni con l’Unione Sovietica, un funzionario. Prima di partito, poi di Stato, fino alla più alta carica. Su come abbia gestito il ruolo in questi anni ognuno si è fatto la propria opinione, e se la tiene, vigendo peraltro tutt’ora il reato di vilipendio alla figura del capo dello Stato, che limita assolutamente anche gli spazi di critica.

La parola definitiva spetterà alla Storia, che è pure essa spesso ipocrita, ma quanto meno nel lungo periodo consente maggior serenità. Si veda, ad esempio, l’animosità feroce con cui si giudicò ai tempi il ruolo presidenziale di Cossiga, arrivando ad insinuare il dubbio di un suo scarso equilibrio mentale. Là dove invece Cossiga faceva vera politica dal colle più alto, e (questo sì) si divertiva un mondo ad enunciare (o a far circolare tramite altri canali) verità banali, eppure scandalose.

Comunque, quel che dirà Napolitano stasera è così prevedibile che chiunque fosse costretto a scegliere, guarderebbe Grillo. In realtà però entro domattina tutti noi comunque appassionati di politica e vita pubblica avremo visto, rivisto e ‘soppesato’ entrambi: la tecnologia lo consente. E il web, davvero, è sempre più lo strumento che può fare la differenza. Senza Internet Grillo non ci sarebbe, per dire: o non con questa forza.

Che il leader politico genovese (chi lo chiama comico è un pirla, o più spesso un ipocrita: Grillo fa politica come Napolitano, Renzi e Berlusconi. E chi sia più comico tra questi personaggi è un mero giudizio personale) possa enunciare novità sconvolgenti è ben difficile. Probabile, invece, che utilizzi l’ennesimo ‘evento’ mediatico, che Casaleggio è abilissimo a costruirgli attorno, per rilanciare il proprio ruolo e quello del Movimento 5 Stelle come unica alternativa antagonista rispetto alla ‘casta’ di regime.

Là dove il sistema mediatico più o meno tradizionale, da De Benedetti ai nipotini di Agnelli, si dà un gran da fare per accreditare la ‘diversità’ di Matteo Renzi, che è l’antidodo con cui le classi dirigenti (banale parlare di ‘casta’, e sciocco pensare solo ai politici) del Paese cercano di traghettarsi dalla seconda alla terza repubblica, in maniera sostanzialmente indolore, come del resto fecero dalla prima alla seconda vent’anni fa. All’epoca ci fu qualche vittima sacrificale, e avanti con le seconde e terze file (spesso non all’altezza delle prime, viene da dire col senno di poi). Oggi conta di più la leva anagrafica, ma pure quella sarà in fin dei conti formale escamotage.

Se sia peraltro anche solo immaginabile qualcosa di diverso, rispetto all’ennesimo restyling, è questione complessa. Noi siamo convinti che i 5 Stelle non potrebbero governare il Paese se anche avessero il 60% dei voti, esattamente com’era per il Pci negli anni Cinquanta e Sessanta. Tutta questione di democrazia, insomma. E del modo di interpretarla ‘all’italiana”.