Rigore, sviluppo e…crollo dei consumi! [La coda dell’occhio]

Zoccola Paolodi Paolo Zoccola

Come promesso, torniamo con questa coda a fare il punto sulla situazione italiana, e sulle argomentazioni che in perfetto assenso il Presidente della Repubblica e il Presidente del consiglio dispensano praticamente ogni giorno al popolo italiano. Che poi sono condensabili in un solo sintagma: “rigore e sviluppo”.

Ma in questi giorni appena passati sono successe tali e tante cose tra cui l’approvazione di una legge di stabilità criticata dall’universo mondo (con una vera, stupefacente perla di una nuova tassa di cinque euro per chi voglia visitare i nostri vulcani) e un decreto ‘salva Roma’ che ha dovuto addirittura essere ritirato per poi riproporlo alle Camere emendato dei contenuti più scandalosi.

Si è cioè appalesato tra gli italiani un enorme sconcerto che ha portato anche i più filogovernativi (per esempio De Bortoli, Corriere della Sera) a capire che con i piccoli passi di Letta e Saccomanni non si va da nessuna parte, tanto è vero che i consumi, stando ai dati apparsi ieri hanno fatto segnare rispetto al già tragico Natale 2012 un meno 11 per cento. Ora si aspetteranno i saldi ma è scontato prevedere che nel corso del 2014 aumenteranno ancora le chiusure dei negozi a conduzione famigliare, riducendo così drammaticamente le fila di un esausto ceto medio.

Per altro basti leggere, tra i tanti, l’articolo che Mario Sechi ha scritto per ‘Il Foglio’ di sabato 21 dicembre.
Vi si fa giustizia definitiva della promessa ripresa (che sembra si possa scorgere soltanto dai colli più alti di Roma), rottamando con elegante ironia il capitolo dello sviluppo. Una mole di dati impressionante ai quali rimando volentieri chiunque volesse approfondire la questione citando qui le riportate parole del presidente della Confindustria Giorgio Squinzi: “Siamo sul fondo. Abbiamo perso nove punti di Pil dal 2007 a oggi, il 25 per cento della produzione, abbiamo un numero di disoccupati che supera i tre milioni e il 40 per cento di disoccupazione giovanile. In queste condizioni trovo che sia difficile essere ottimisti”.

Lo stesso Squinzi che commentando la legge di stabilità aveva affermato che diNapolitano Letta questo passo per ritornare ai livelli pre crisi ci vorranno più di dieci anni.

Bene, archiviato tombalmente il capitolo sviluppo vediamo allora il tanto decantato rigore, dietro cui si nasconde l’assoluta mancanza di una politica economica e industriale italiana, sostituita dalla totale acquiescenza ai voleri della Ue a guida germanica. Intanto l’unico ‘rigore’ davvero percepibile è quello che pesa sulle spalle dei cittadini che, del tutto sconcertati dalla miriadi di provvedimenti annunciati, sospesi, cancellati, riproposti, si sono visti succhiare le tredicesime dalle crescenti pretese di uno Stato famelico. Per il resto, del rigore cioè che lo Stato dovrebbe applicare al proprio corpaccione ipertrofico e inefficiente, si è visto ben poco, per non dire niente.

Inutile a questo punto illudersi. Quel virtuoso processo additato da molti che vedeva nel deciso snellimento della spesa pubblica – non per ridurla, ma per riqualificarla con l’impiego dei fondi liberati in misure destinate a favorire lo sviluppo – questa politica, questo governo non lo intraprenderà mai. E adesso abbiamo anche appreso che i nostri quadri burocratici sono i meglio pagati d’Europa, confermando definitivamente che non esiste soltanto la ‘casta’ dei politici, ma una enorme corporazione composta da politici e burocrati che sadicamente si esercitano sul corpo dei cittadini.

Come potrebbe essere altrimenti se, visto che ormai quasi tutti hanno capito che la crisi è dovuta al venir meno della domanda interna, nella legge di stabilità si è adottato il metodo della peggiore Dc con un profluvio di aiutini per gli amici degli amici degli amici… riservando ai lavoratori una ridicola mancetta di si è no dieci euro al mese? Non può essere diversamente. Il disegno è un altro, è quello egoistico della Ue dominata dai tedeschi che vogliono farci pagare la crisi deflazionando i redditi da lavoro e da prestazione per punirci di aver vissuto ‘al di sopra delle nostre possibilità’.
Così, dopo aver subito una inflazione da Euro di almeno il 50 per cento (anche se è stata messa in piedi una vera e propria congiura per dimostrare il contrario di quello di cui ogni casalinga si accorgeva ogni volta che entrava in un negozio, arrivando alla fantasmagorica invenzione della ‘inflazione reale’ distinta dalla ‘inflazione percepita’), oggi gli italiani si trovano di fronte uno scenario ancora più tragico. con un Pil destinato fatalmente ad abbattersi – con conseguente aumento del debito – una piccola e media impresa massacrata dalle tasse, una edilizia in stato comatoso, un piccolo commercio alla canna del gas.

Se non si cambia, se non si cambia davvero, il futuro dell’Italia è segnato, almeno fino a quando i tedeschi saranno soddisfatti.