Una domenica qualunque [Calcio a colori]

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Poi parli di una domenica qualunque, un Novese-Vado che se i biancazzurri non avessero lasciato più punti in casa che in trasferta avrebbe potuto essere una partita di cartello ed invece è solo la seconda partita del nuovo tecnico Corrado Cotta dopo le tre sberle di Lavagna che sono costate il posto a nove (9) giocatori della rosa nella seconda settimana del mercato di riparazione.

Ingresso libero per l’ultima partita prima di Natale – il minimo dopo aver fatto pagare chi ha visto la figuraccia con il Borgosesia, ma è una ulteriore dimostrazione del fatto che è una dirigenza di signori – e tanti bambini in tribuna a tifare Novese che forse invidiosi dei loro colleghi juventini cercano in ogni modo e con ogni coro di far prendere una multa anche alla loro squadra.

La gente che viene a vedere Rossi, Longhi, Tulino – finalmente con la maglia della squadra di casa -, Merlin, Samaniego: io c’ero anche per altre due ragioni.

La prima è il Vado, neopromossa dal passato nobile che sta in testa alla classifica con le lombarde Caronnese e Giana Erminio ma ha un tecnico che dice che mancano sette punti alla salvezza matematica e poi si vedrà; è ritornato recentemente in serie D festeggiando nel migliore dei modi il centenario della società dopo una discesa negli inferi che l’ha portato a giocare anche due anni in Promozione dopo avere perso uno spareggio con il Busalla. Visto che in quanto a passato nobile anche la Novese non scherza, ieri c’erano in campo uno scudetto ed una Coppa Italia: nel 1922 i liguri superarono nell’ordine Fiorente Genova (4-3 dts), Molassana (5-1), Juventus Italia (2-0), Pro Livorno (1-0 a Livorno), PGF Libertas Firenze (1-0 dts) e nella finale disputata sul proprio campo sconfissero 1-0 dopo i tempi supplementari l’Udinese. La coppa originale venne distrutta durante il fascismo, e quella esposta è una copia realizzata nel 1992 durante i festeggiamenti per il settantennale della vittoria; in quella squadra per un gol perse il titolo di capocannoniere Levratto (nella foto) –Levratto che poi sarebbe assunto a gloria immortale nel Genoa e nell’Internazionale ed in una canzone del quartetto Cetra – che però si tolse lo sfizio di segnare nei supplementari ad oltranza della finale il gol decisivo in contropiede dopo avere dribblato due avversari con un potente esterno sinistro da venti metri che squarciò la rete ed andò a sbattere contro un monumento posto dietro la porta avversaria: l’uomo della finale aveva solo diciassette anni, e fu portato in trionfo dalla folla estasiata.

Negli anni altri aneddoti meravigliosi caratterizzarono la carriera dell’ala sinistra ligure, come il pugno preso da un giocatore dell’Inter che gli fratturò la mascella alla stazione dopo il primo Inter-Lazio 2-4 che costò ai nerazzurri uno scudetto, o la lingua del portiere lussemburghese tranciata di netto dai denti chiusi da una pallonata terrificante o ancora la rete sfondata alle Olimpiadi di Amsterdam del 1928 durante la partita – persa – con l’Uruguay.

Con un precedente simile, non sorprende che a raddrizzare la partita dei liguri sia stato, con una sforbiciata splendida praticamente rasoterra che ha indirizzato un pallonetto morbido nel sette opposto, la seconda ragione per cui ero felice di guardare quella partita: Gianluca Soragna.

La punta casalese è uno di quei giocatori che in serie D nobilitano automaticamente le squadre in cui giocano, e di lui ricordo meraviglie in serie con la maglia del «suo» Casale, del Savona, dell’Entella e recentemente anche della Novese dove non più di due stagioni fa disputò un intero campionato. Sicuramente, dall’alto della sua tribuna preferenziale, il buon Vittorio Felice avrà approvato.