Gira e rigira, sempre al Pd si torna, e con il Pd si fanno i conti. Il Partito Democratico in questo periodo è sulla bocca (e nel mirino) di tanti. Un po’ per l’attesa di capire cosa succederà al congresso nazionale di dicembre (e comunque non c’è un altro partito in Italia che chieda a tutti i cittadini di scegliere il proprio segretario: questo è un fatto). Molto più spesso per evidenziarne i limiti di progettualità, soprattutto sul nostro territorio (“cosa propongono per Alessandria e per il territorio?” è un refrain piuttosto diffuso). Per non dire della recente rottura a Palazzo Rosso tra il sindaco Rossa e l’ormai ex assessore Ivaldi, entrambi esponenti del Pd cittadino. Per parlare di questo, e di altro, siamo tornati a trovare Domenico Ravetti, segretario provinciale del Partito Democratico dallo scorso giugno, e prossimo ad una riconferma ‘plebiscitaria’, poiché è il candidato unico alla successione…di se stesso. Preparato e garbato, amante del dialogo e del confronto (“ma ho un sogno: che ognuno scelga di parlare solo di ciò che conosce, e facendo proposte e non solo critiche distruttive”), l’attuale sindaco, in scadenza di mandato, di Castellazzo Bormida nelle scorse settimane sembra aver convinto molti, se non proprio tutti, all’interno del partito. E’ al lavoro ‘a pancia sotto’ su priorità che si chiamano servizi socio assistenziali, trasporto pubblico locale, terzo valico, lavoro. E, naturalmente, dissesto. E per Alessandria non ha dubbi: “basta liti, ripicche, indici puntati su questo o quel personaggio: è il tempo dell’unità e dell’ampia condivisione”. Insomma, o si rema tutti nella stessa direzione, o ‘disincagliarsi’ sarà impresa titanica.
Segretario Ravetti, si è letto che la sua sarà una riconferma ‘bulgara’, come si diceva una volta: candidato unico alla prossima segreteria provinciale..
(sorride, ndr) Ma no, le spiego come è andata. Più o meno un mese fa ho presentato un mio documento progettuale a tutti i membri della segreteria provinciale del Pd, facendo un discorso assolutamente trasparente, ossia: con tutte le emergenze che il nostro territorio presenta, e che il Partito Democratico deve dimostrare di saper affrontare e risolvere, ha senso dividerci, metterci a fare la conta su un ruolo che, lo sappiamo bene, deve essere sempre più sintesi di unità, di condivisione di valori? E mi sono proposto per continuare nel ruolo intrapreso pochi mesi fa, a giugno, a condizione che ci fosse amplissima condivisione. Così è stato, e ringrazio davvero tutti coloro che hanno compreso il senso della mia proposta, scegliendo di sostenermi.
I congressi locali, di circolo, però li fate, per eleggere i singoli coordinatori?
Certo, ma più che per eleggere delle persone, li facciamo per discutere, concretamente, di problemi. Guardi, lo so che c’è chi ama dire “cosa fa il Pd? Sono l’unico partito organizzato, ma senza idee”, e altre simili banalità. Ma non è vero, è una moda, è retorica: da quando, lo scorso giugno, sono stato eletto segretario, sarò stato a casa forse una sera a settimana. E le riunioni, lo sottolineo, sono itineranti, e raggiungono tutti i sette centri zona, e anche i paesi più piccoli: con la logica che per parlare di singoli problemi del territorio bisogna andare sul posto, incontrare le persone e ascoltare direttamente.
Parliamo di questioni concrete allora: al primo punto cosa metterebbe?
Nessun dubbio: sanità e politiche socio assistenziali legate al territorio. Cota a casa non è solo uno slogan, è la sintesi di quattro anni e mezzo di mal governo regionale del centro destra. E il bilancio della Regione, credo ormai lo sappiano tutti, è quasi all’80% sanità. E allora non basta vantarsi del fatto che la sanità pubblica alessandrina, come dicono anche recenti statistiche, è tra le migliori del Paese: quello è un grande merito di chi lavora nelle strutture socio sanitarie, e non certo del governo regionale. Che, lo ricordo, da quando si è insediato va avanti a stop and go, fare e disfare. Senza costrutto, e senza andare da nessuna parte. Prima si sono inventati le Federazioni sanitarie, poi hanno preso atto del fatto che non servono a nulla. Prima hanno puntato sulla frattura tra ospedale e servizi territoriali, poi sulla ricomposizione. Insomma, basta!
Ma con la Regione in profondo rosso, dobbiamo aspettarci tagli importanti alla sanità?
Sarebbe gravissimo: una riorganizzazione, anzi modernizzazione, senza tagli è possibile, meglio indispensabile. Certo, ci vuole un progetto, e questi non ce l’hanno. E soprattutto, guardi, non è accettabile che il cittadino/paziente di Borghetto Borbera, per citare un piccolo centro a caso tra i tanti, sia enormemente penalizzato rispetto a chi vive a 500 metri dall’Ospedale Civile di Alessandria. Ma oggi è così: e questo ci porta alla seconda grande questione.
Il trasporto pubblico?
Perfetto, quello. La gestione Cota lo ha ridotto a livelli larvali, marginali. Ma il trasporto pubblico su gomma (e anche quello su rotaia, chiaramente) è vitale: non si tratta solo di trasportare studenti, non è lo scuolabus insomma. E’ molto di più, è la vita o la morte di gran parte di territori come i nostri. Bisogna ridisegnarlo, ridargli vita e dignità. Puntando molto anche sulle sinergie con i privati, in maniera efficiente e virtuosa. Il trasporto pubblico è il secondo grande fallimento di Cota.
Rispetto al terzo valico, invece, il Partito Democratico rimane sulla linea del sì, ‘ma a condizione di massima sicurezza’?
Non solo: sicuramente la salute delle persone e la sicurezza ambientale, le verifiche dei rischi legati all’amianto, ma anche allo spostamento dei materiali, e alle cave dove collocarli, sono pregiudiziali fondamentali. Ma noi siamo anche allineati ai sindaci del territorio quando diciamo: il terzo valico non può certo essere solo un bel treno moderno che noi vediamo passare di qui con la coda dell’occhio. E per questo è indispensabile, per proseguire, che il progetto (nato vent’anni fa: e quindi da ‘rileggere’ in rapporto alle mutate esigenze del mercato, e anche del territorio) si leghi ad una fortissima valorizzazione della logistica dell’alessandrino. Che deve una logistica che guarda al domani, all’innovazione vera, ai saperi e alle tecnologie. Con tutte queste premesse, però, confermo che continuiamo a pensare che le grandi opere sono una sfida per modernizzare il Paese. Che è immobile davvero da troppo tempo: se vogliamo, come vogliamo, giocare un ruolo significativo in Europa, dobbiamo anche dotarci di infrastrutture adeguate.
Quanto potrebbe pesare, la questione terzo valico, alle elezioni comunali di maggio 2014? A Novi, in particolare, vostra storica roccaforte, non c’è il rischio che il movimento No Tav si saldi al Movimento 5 Stelle, e magari a qualche componente di sinistra che ha già dati ampi segnali di dissenso?
I rischi ci sono sempre. Ma a Novi il Pd si appresta ad un passaggio democratico importante, e che speriamo molto partecipato, come le primarie di fine ottobre (che in contemporanea faremo anche a Tortona): da lì sono certo che uscirà un candidato forte e autorevole, che parlerà all’elettorato con le parole della verità. Il Pd, nel basso Piemonte come altrove è e sempre più vuole essere forza centrale, di governo. E questo vuol dire anche parlar chiaro, e assumersi le responsabilità del caso.
Quindi correte per vincere ovunque? Sembra una domanda ‘non sense’, ma di questi tempi ad amministrare i comuni sono più gli oneri che gli onori…
E’ vero, ma consideri anche che, se dovesse andare in porto il disegno di legge che prevede la cancellazione delle Province (dico se, perché ormai siamo da mesi in balìa dell’incertezza sul tema: e ad oggi, in mancanza appunto di novità legislative, in primavera si dovrebbe votare anche per le Province), i comuni si troveranno ad avere, nel governo del territorio, un ruolo ancora più determinante. Noi, per limitarci ai centri principali, puntiamo certamente ad essere riconfermati alla guida di Novi e Ovada, e a conquistare Tortona e Casale. Senza se e senza ma.
Poi ci sarebbe anche Castellazzo Bormida….
(sorride, ndr) Lì io concluderò in primavera il mio secondo mandato, e già in passato vi ho raccontato quanto sia bello, emozionante e impegnativo fare il sindaco del proprio paese.
Non sono state ancora prese decisioni sulle candidature, se ne occuperà la lista civica di centro sinistra che mi ha sostenuto, e che ha governato il comune in questi anni.
E arriviamo ad Alessandria: l’approvazione del bilancio (peraltro al centro di non poche discussioni, anche tecniche) è costata al Pd una seria frattura interna: Rita Rossa ha ‘cacciato’ Gianni Ivaldi: renziano, e anche il più votato tra tutti i consiglieri. E ora?
Francamente non credo che, sul piano istituzionale, il sindaco di Alessandria avesse molte alternative: se un tuo assessore, in un momento così delicato, ritiene di non sostenerti, non puoi che prenderne atto, e comportanti di conseguenza. Con Gianni, di cui riconosco il valore, e di cui apprezzo entusiasmo e passione, non ho ancora parlato: ma mi auguro davvero che possa continuare a dare il suo contributo alla nuova stagione del Partito Democratico di Alessandria. Mantenendo, però, toni molto bassi, come dobbiamo fare tutti: lavorando per il bene comune di Alessandria e del territorio.
A proposito di toni bassi: lo scontro mediatico tra sindaco e sindacati non ha un po’ stancato? La scorsa settimana, in un pomeriggio, nelle redazioni locali ne sono arrivati quattro, due per parte. Incontrarsi ad un tavolo e parlare davvero non sarebbe meglio?
Sono d’accordissimo, e ne approfitto per dirlo. Adesso davvero basta: è il momento dell’unità da parte di tutti coloro a cui sta a cuore questa città. Penso ai partiti, ai sindacati, alle rappresentanze imprenditoriali, alle associazioni di volontariato. A tutti i cittadini di buona volontà insomma. Vorrei evidenziare, però, che in questo anno il Pd, attraverso i suoi rappresentanti a Roma e a Torino, ce l’ha messa davvero tutta per cercare soluzioni, mentre altri partiti che hanno rappresentanze significative non mi pare abbiano dato un eguale contributo. E questo è sbagliato, quando si affrontano simili emergenze. Comunque ho un sogno: che d’ora in poi si facciano avanti e prendano la parola tutti coloro che hanno proposte concrete e costruttive, e non solo voglia di criticare, di distruggere.
Al di là dell’emergenza, però, qualcuno deve tirare le fila di un progetto collettivo: la famosa cabina di regia, insomma, un pilota deve pur averlo…
Certo, e non può che essere il sindaco di Alessandria. Con un atteggiamento il più possibile dialogante, e inclusivo, e dicendo con chiarezza dove si vuole andare.
Ci consente una provocazione? Mara Scagni, Paolo Filippi, Corrado Parise. Gianni Ivaldi non lo inseriamo, naturalmente, almeno per ora. Ma è normale che nel Pd chi dissente poi faccia la valigia? Succede ovunque, o è una peculiarità alessandrina?
Ci sarebbero altri nomi in realtà, ma non cado nella provocazione: siamo un grande partito, è normale che ci sia una dialettica interna, ed è anche naturale che, ogni tanto, ci sia chi decide di prendere altre strade. Poi, non lo dico per retorica, lei ha citato tre figure (Ivaldi non c’entra: è assolutamente nel Pd) che apprezzo e stimo. E che, se volessero anche riavvicinarsi al partito, potrebbero farlo tranquillamente. Non sono stati cacciati, insomma.
Torniamo al congresso nazionale del Pd di dicembre, segretario Ravetti. Lei fu bersaniano, contrapposto a Renzi. Significa che oggi sostiene la candidatura di Cuperlo?
Secondo me un grande partito, che ha deciso di puntare su uno strumento di straordinaria partecipazione popolare come le primarie, deve anche imparare ad usarle, e a capire che ogni volta, dopo il ricorso alle stesse, si riparte da capo, uniti. Altrimenti si torna alla logica delle correnti, e non mi pare il caso. In queste primarie (che speriamo enormemente partecipate, proprio perché aperte a tutti: ma dipende anche dai media, da quanta enfasi sarà data all’evento) io sarò assolutamente ecumenico e super partes, come giusto che sia. Ci aspettano poi sfide importanti, come il semestre europeo a guida italiana. E spero, anche, la modifica della legge elettorale, per poi tornare alle urne. Il premier Letta sta lavorando benissimo, ma rimango convinto che un governo Pd Pdl sia innaturale, e possa essere accettato solo in una logica di emergenza. Poi la parola deve tornare agli elettori.
Ettore Grassano