Che ne sarà dello stabilimento Michelin di Spinetta Marengo? Esistono concreti rischi di ridimensionamento, o addirittura di chiusura, o sono solo voci legate al pessimismo ormai dilagante, e talora anche esagerato?
Del tema ci siamo occupati qualche mese fa, ma il tam tam di questi giorni induce a tornarci sopra: si parla di volumi di attività in forte calo (e non è un’eccezione: sappiamo qual è il trend di vendita del comparto auto e altri mezzi di trasporto, e quindi gomme), e dell’intenzione di non rinnovare i contratti a tempo determinato e degli interinali in scadenza. Ma anche di ragionare su nuove logiche di turnazione e produttività. Probabile che i sindacati stiano affilando le lame, consapevoli che ci sarà parecchio da lottare, e attendiamo prese di posizione ufficiali.
Di certo parliamo di una realtà da 1.500 posti di lavoro, tra diretti e indiretti, e non ci vuole molto a capire cosa significherebbe la parola crisi applicata anche a Michelin, in un contesto come quello occupazionale di oggi. Del resto sarebbe miope ignorare che la multinazionale francese sta ‘razionalizzando’ ovunque, nel mondo, e che, limitatamente al Piemonte, ha sostanzialmente chiuso lo stabilimento di Torino, e investito molto sull’innovazione di quello in provincia di Cuneo. Mentre su Spinetta pare non ci sia stata, negli ultimi anni, altrettanta determinazione, con lo spostamento anche di qualche reparto e lavorazione nella provincia “Granda”.
Inoltre, elemento non trascurabile, lo stabilimento alessandrino è nell’occhio del ciclone giudiziario, con un processo in corso e accuse di lesioni personali e omicidio colposo per cinque ex dirigenti. Si parla naturalmente (come nel caso Solvay) di situazioni tutte da dimostrare, ma chi ha vissuto in Fraschetta in questi decenni, e ha conosciuto direttamente storie e casi di lavoratori delle due realtà, una sua idea in proposito già ce l’ha. I tribunali poi faranno il loro mestiere.
In tutto questo percorso, c’è però oggi un grande assente, ed è la politica. La crescita del polo industriale spinettese (non solo Michelin, naturalmente), è dovuta a scelte strategiche di sviluppo del territorio datate anni Settanta. Ossia il secolo scorso.
Ma la politica alessandrina del 2013 quale visione ha del mercato del lavoro territoriale, e che rapporti concreti coltiva con le realtà esistenti, e naturalmente con altre, potenziali e da attrarre? Se qualcuno ne sa qualcosa, ce lo segnali: a noi pare che ci sia, su questo fronte, un deficit drammatico, e una preoccupante tendenza dei nostri amministratori a barricarsi all’interno dei loro palazzi, per occuparsi esclusivamente delle emergenze gestionali e di bilancio dei propri enti. Ma è questo il compito e il senso della politica?