Confindustria (ma anche le altre organizzazioni imprenditoriali) e sindacati non sono mai stati tanto in sintonia nel lanciare alla politica il loro grido d’allarme: salviamo il tessuto economico del Paese, rilanciamo la produzione o siamo senza speranza.
Di qui, una serie legittima di richieste sul tema defiscalizzazione (degli investimenti, dei balzelli sugli immobili a fini produttivi, e naturalmente dei salari sempre più ‘compressi’ e inadeguati), e la speranza che il governo Letta sia in grado di ripensare, e rlanciare da subito, una politica industriale senza la quale è ben difficile che l’Italia possa continuare a garantirsi l’attuale standard di vita collettivo.
Perchè, in fin dei conti, questo è il grande equivoco nel quale tutti ci culliamo: ossia che i nostri diritti ‘acquisiti’ (lavoro dipendente a tempo indeterminato specie se pubblico, sanità gratuita, scuola gratuita, welfare socio assistenziale e via dicendo) siano conquiste inalienabili, e garantibili a priori, per legge. Ma non è così: se si ‘incarta’ il meccanismo della produzione, e dei consumi, frana a valanga tutto il resto, travolgendo naturalmente per primi i più deboli, i meno garantiti. Ma a ruota anche quella che un tempo si chiamava (con un po’ di disprezzo, vista da sinistra) piccola borghesia, e che poi, quando ci siamo resi conto di farne parte in tanti, abbiamo cominciato a definire, in maniera più asettica, classe media. La categoria oggi più a rischio di ‘scivolamento’: se sei ricco davvero, sei più o meno immune a queste dinamiche. Se sei assolutamente povero, da perdere hai così poco, che te ne fai un baffo. Chi sta in mezzo, invece, è smarrito e impaurito, e teme di veder sfumare, in pochi anni, le conquiste (e la serenità economica) conquistata nel corso di più generazioni, dal dopoguerra in poi.
C’è poi un altro elemento su cui riflettere, ossia l’art. 1 della nostra Costituzione. Quello che recita “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”.
Il lavoro oggi è ancora un diritto assoluto, o una merce di scambio come un’altra? Oltretutto, sempre meno richiesta e spendibile: basti verificare l’incidenza del reddito da lavoro sulle risorse complessive delle famiglie italiane.
E, se è un diritto costituzionale assoluto, lo Stato deve garantire a tutti il posto di lavoro a tutti noi? E’ evidente che già oggi non succede. Buona riflessione a tutti.