Geat, piattaforme integrate per la logistica

Rossi Bruno“Sei riuscito a far parlare Bruno Rossi?”, chiede un ‘pezzo da novanta’ del mondo cooperativo alessandrino incontrato casualmente poco dopo la chiacchierata in Geat. Perché il presidente della cooperativa alessandrina specializzata in logistica (800 soci lavoratori, e un fatturato che si dovrebbe avvicinare nel 2013 ai 30 milioni di euro, in crescita costante) gode fama di uomo ‘del fare’, più che del ‘parlare’. “Per carità, la mia foto non la metta, che poi mi chiamano per dirmi che sono finito sul giornale…”. Ma poi ci concede anche quella: ma, soprattutto, ci aiuta ad inquadrare meglio un settore, quello della logistica, di cui spesso si discute in termini di ‘occasioni mancate’, e che invece rappresenta già oggi un comparto solido, naturalmente non privo di difficoltà legate alla crisi, ma anche di opportunità che occorre saper cogliere.

“Cominciamo col dire – spiega Rossi – che i nostri politici di logistica han sempre e solo parlato, sprecando risorse senza concludere nulla. Fumo, chiacchiere, e null’altro: purtroppo non è una novità, in questo Paese la politica ci ha abituati così. In realtà chi vuole fare logistica (penso a Gavio, all’Interporto di Rivalta, e anche ad altri soggetti meno noti) la fa, da sempre e senza tante chiacchiere. Su Alessandria e il suo retroporto assistiamo da tanti anni a diatribe vergognose e fini a se stesse, che non hanno mai portato a nulla. Del resto, il nostro capoluogo ha scelto, in passato di abbandonare l’industria, puntando su commercio e servizi, e oggi ne paghiamo il conto”.

Bruno Rossi parla con cognizione di causa: da 38 anni opera nel settore della logistica, e dalMagazzino 3 1984 è alla guida di Geat, realtà che nacque come cooperativa di produzione e lavoro, specializzata in facchinaggio, per poi evolvere nel tempo, e strutturarsi con una serie di competenze, know how e strumenti che le consentono oggi di essere uno dei principali player della filiera della logistica. “Operiamo con aziende di tutta la nostra provincia – spiega Rossi – a parte il casalese. Ma siamo presenti anche ad Asti, Torino, Milano, Genova. E poi abbiamo una costola importante della nostra attività in centro Italia, tra Abruzzo e Marche: più di vent’anni fa un nostro cliente piemontese decise di aprire là uno stabilimento, e ci chiese di seguirlo. Da lì sono poi decollate altre collaborazioni, e ci siamo ramificati anche in quel territorio”.

 

Magazzino 5Ma chi, come Bruno Rossi, ha attraverso Geat un’esperienza territoriale diversificata, nota particolari differenze tra la provincia di Alessandria e il resto del Paese? Insomma, la crisi morde qui più che altrove? “In realtà la crisi colpisce ovunque – spiega il presidente della cooperativa alessandrina  – ma questo non ci sta impedendo di crescere, nonostante anche il mondo cooperativo abbia non poche difficoltà. Geat ha però una struttura capace di porsi come interlocutore credibile e qualificato, in grado di gestire in toto impianti e piattaforme di distribuzione, in tutti i suoi aspetti, e con una forte informatizzazione. E questo aiuta ad essere assai competitivi. Nell’alessandrino, peraltro, aziende sane ce ne sono ancora, e non poche, per fortuna. Quel che constatiamo è che talora preferiscono rivolgersi, per l’esternalizzazione, a partner extraterritoriali, di Milano o di Bergamo. E questo fondamentalmente per due motivi: da un lato per riservatezza piemontese, ossia perché preferiscono non far sapere gli affari loro a chi, comunque, è insediato ed opera sul loro stesso territorio. Il secondo motivo è un po’ più pratico: talora si va alla ricerca del massimo ribasso, e in giro si trova di tutto. Mentre noi, se un contratto non è remunerativo, o se per esserlo prevede che non si rispettino diritti e parametri retributivi dei soci lavoratori, preferiamo rinunciare”.

Insiste non poco, Bruno Rossi, sul rispetto delle regole, che talora non è così scontato. “E’ vero,Magazzino 8 purtroppo, che il mondo cooperativo è una giungla, e che ci sono alcuni soggetti senza scrupoli, che rischiano di screditare tutto il comparto. Noi siamo da sempre iscritti a Confcooperative, e soprattutto fin dall’inizio abbiamo sempre cercato di combattere il clima da far west, e di sottolineare gli aspetti etici che devono caratterizzare la cooperazione. Pur nel rispetto del business naturalmente, e del fatto che dobbiamo competere su un mercato del lavoro sempre più aggressivo. Diciamo che nel 2002 entrò in vigore un protocollo di intesa importante, sul fronte del rispetto di determinati parametri retributivi, che noi peraltro applicavamo già in precedenza. La situazione complessiva oggi è un po’ migliorata, ma ci sono altri tipi di furberie: nascono e muoiono cooperative e consorzi ogni 2 o 3 anni, per eludere obblighi, controlli e contestazioni. Oppure si dichiarano stati di crisi in continuazione, per ottenere l’abbattimento di alcuni elementi della retribuzione. Per chi, come noi, cerca di stare sempre alle regole significa certamente doversi confrontare con concorrenza sleale”.

Magazzino 10Peraltro, se è vero che nessuno è profeta in patria, va anche ricordato che Geat ‘lievita’ in maniera costante in termini di numero di addetti e di fatturato (“siamo a circa 800 soci lavoratori, e puntiamo a chiudere il 2013 con un fatturato intorno ai 30 milioni di euro”), e che sta lavorando ad un progetto con un importante cliente alessandrino, che dovrebbe consentirle a breve di crescere ulteriormente sul nostro territorio: “ma di più non posso dirle, non fosse altro per scaramanzia”.

E il fronte pagamenti? Qui Bruno Rossi (che è anche appassionato motociclista) fa un’altra riflessione importante: “Geat non ha enti pubblici tra i suoi clienti, e questo dalle nostre parti soprattutto in questo momento non può che essere un sollievo. Il problema dei mancati pagamenti, e il rischio di fallimenti, è però molto forte anche nel privato, e gli accorgimenti non possono che essere due: da un lato, rifiutare appalti all’eccessivo ribasso. Dall’altro, in caso di insolvenza prolungata, staccare la spina. Noi abbiamo esposizioni fino a 100 giorni: oltre, la situazione diverrebbe troppo rischiosa e non conveniente, ossia insostenibile”.

Ettore Grassano