Personalmente non passa giorno che io non offra il mio minimale contributo a rilanciare Alessandria. Tirando su una serranda (anzi 4), organizzando eventi e conferenze, scrivendo su questo blog e delirando di una dimensione fantastica a misura di città che si chiama Bassavilla. Continuo su questa strada, solingo e noncurante, anche oggi con una deviazione meno ridanciana delle ultime. Perché anche il Superstite ne ha i marroni pieni, anche se a nulla serve il gridarlo.
Sto parlando, ancora una volta, dell’amianto. Problema che, dopo la storica sentenza Eternit, dovrebbe essere primario e ossessivo nella mente di chiunque. Per chiunque intendo chiunque. Ai cominciare dai cervelloni che, tanto a Roma quanto in periferia, gestiscono – o fanno finta di farlo – la res publica. Possibile che a nessuno sia venuto in mente di infilare tra i cosiddetti ecobonus le procedure urgenti per lo smaltimento dell’Eternit? Giusto un modo concreto e intelligente per procurare qualche posto di lavoro in più, far girare dell’IVA (per dirla con gergo alla Tremonti) e costringere i proprietari degli immobili e degli enti pubblici con il problema in casa o sui tetti a ottemperare agli obblighi di legge che sono decreti legislativi del febbraio ’97 e del luglio 2006. Decreti che quasi nessuno si caga.
Ma naturalmente in quest’epoca di idioti – rubo a Battiato – ci si urla contro e si pensa alla Costituzione, mentre andiamo ogni giorno di più a mollo nella cacca. E il problema amianto di tutta questa situazione è una cartina da tornasole. Come attestano dati incontestabili in provincia di Alessandria si muore ogni giorno causa Eternit. Non solo a Casale, non illudetevi.
Bisogna cominciare, anzi bisogna imparare, a guardare. Alessandria, la città, è piena di amianto nelle location più insospettabili, persino laddove si vendono fresche mozzarelle dall’invitante nome di donna. Ma la campagna, se possibile, è ancora peggio. Perché in campagna è facile occultare.
Mi rendo conto che questo articolo l’ho già scritto e che lo riscrivo di tanto in tanto. Questo è un ovvio segno dell’impotenza. Ma anche un ovvio segno che nulla cambia. Io abito nelle campagne adiacenti a Castellazzo Bormida, comune dicesi “turistico”. Zona Portanova, un po’ dopo Casalcermelli, dove abbondano le rape. Qui il luogo per i cacciatori di amianto è come la Transilvania per Van Helsing, ovvero vampiri a iosa nel cui cuore piantare il paletto liberatore. Peccato che questo è un horror autentico. C’è amianto sui tetti dei pollai, sui capannoni abbandonati, sulle cooperative agricole e sulle porcilaie. E parlo dell’amianto che si vede, figuriamoci.
C’è amianto in disgregazione sui tetti di un capannone adiacente la spettrale linea ferroviaria Ovada-Alessandria, una zona che dalle parti della stazione dismessa di Castelspina, sembra il centro di Aleppo bombardata da Assad (ogni tanto qualcuno ci ricorda che ci sono dei lavori in corso per eliminare i passaggi a livello, mica l’amianto…), e per questo problema a pochi metri dal naso e da casa con altri abitanti del circondario raccogliemmo qualche anno fa un po’ di firme che presentammo civilmente al Comune di Castellazzo. Da queste parti tira molto vento e non fatevi venire in mente di accomodarvi sull’erba a leggere, che so, un libro. Si rischia meno la vita in una casa costruita davanti a una centrale nucleare. Delle nostre firme non se ne fece nulla. Ci fu risposto pacatamente che quella era una proprietà privata e il Comune non aveva poteri operativi. Sì, forse quest’articolo l’ho già scritto.
Purtroppo ancora non so ancora per quanto il Superstite sarà tale. E affido alla Rete verba repetita. Iuvant, s’ironizzava ai miei tempi di studente al Plana. Ma occorrono menti sintonizzate con la realtà in grado di leggerle e di sentirle. E su questo fronte ho solo più dei dubbi e nessuna certezza. Guariniello, leggi il Superstite.