Le doverose condanne dei colpevoli non sono l’elemento dominante. Due sono in realtà le architravi di questo maxi processo a Solvay che riprende in Corte d’Assise di Alessandria il prossimo 7 novembre.
Una è il risarcimento dei lavoratori e cittadini morti o ammalati presenti come parti civili a centinaia, fra le migliaia di vittime della storica catastrofe ecologica provocata dal colosso chimico di Spinetta Marengo. L’altra architrave è la bonifica del sito, affinchè per il futuro non produca più morte e malattia. Ebbene, il risarcimento e soprattutto la bonifica hanno un costo assai rilevante che la ricca Solvay non vuole pagare, tentando di scaricare il barile addosso alla insolvente Ausimont, dalla quale aveva acquistato a basso prezzo lo stabilimento consapevolmente cosciente che era come una mela marcia, anzi incrementando il marcio e nascondendolo, dolosamente secondo il Pubblico Ministero, alle autorità di controllo (peraltro molto distratte e sorde ai nostri ripetuti appelli).
Così si spiega la mossa clamorosa sulla quale il Tribunale è chiamato a pronunciarsi il 7 novembre: Solvay ha chiesto alla Corte di costituirsi parte civile contro Carlo Cogliati quale
presidente dell’Ausimont, volendo dimostrare di essere stata ingenuamente raggirata dall’azienda venditrice. Si tratta, è evidente, di una richiesta senza senso, né di senso comune né di senso giuridico, che il Tribunale non potrà che respingere. Infatti Cogliati è stato dapprima presidente dell’Ausimont ma poi presidente della stessa Solvay! Dunque Solvay finirebbe per costituirsi parte civile contro se stessa! Se questa non è una palese ammissione di responsabilità!?
La società belga, pur avendo goduto di utili stratosferici, sta cercando disperatamente di sottrarsi ai costi di bonifica. In tutti i modi. Invitiamo chi legge ad affacciarsi sulla fabbrica dal castello di Marengo, o meglio aggirandolo da via della Stortigliona dopo il ponte sul Bormida, o guardando le immagini sul blog di Medicina democratica di Alessandria http://alessandriamd.blogspot.com/
Le montagne che si vedono contengono discariche di rifiuti tossici e cancerogeni, gessi fluorurati e clorurati che la Procura ha rinvenuto nelle acque, all’esterno ricoperte di argilla e teli di plastica. Questa non è bonifica ! Si tratta di una soluzione a buon mercato che posticcia non mette assolutamente in sicurezza questi siti, fra i tanti sparsi nello stabilimento. Il dilavamento dei veleni sotterrati, infatti, con la pioggia e la neve riprenderà inevitabilmente dal terreno alla già inquinata falda sottostante. Una soluzione provvisoria, sapendo che il provvisorio da noi diventa definitivo. Se questa è l’esempio di bonifica che si propone per il polo chimico di Spinetta Marengo: possiamo prepararci al disastro ecologico definitivo. I veleni non vanno sotterrati ulteriormente bensì tolti. A cominciare da quelli sotto l’impianto Algofrene che va chiuso e riallocato. La chiusura di questo impianto, che sta sprofondando, era già nei programmi della società belga con approvvigionamenti assicurati e nessun problema occupazionale, ma ora è stata sospesa come pressione nei confronti della Magistratura. Ma noi saremo ben attivi al processo.
Medicina Democratica – Movimento di lotta per la salute – Alessandria