Sono roba da far tremare i polsi, i conti di Palazzo Rosso. Si legge su Il Piccolo di ieri che “sui debiti pregressi per evitare favoritismi la decisione «salomonica» è stata di procedere cronologicamente: prima il 2008 (1,8 milioni), poi il 2009 (9,9 milioni), il 2010 (11,1 milioni) e il 2011 (26,4 milioni)”. Poi ci sarebbero anche fatture degli ultimi mesi di gestione della giunta Fabbio, per 600 mila euro. Mica bruscolini, e qualcuno dovrà pagare pure quelli.
Ma la vera voragine sono le partecipate: il sindaco ha fatto i salti mortali (mettendo in campo anche relazioni privilegiate con la Provincia) per tamponare gli stipendi di maggio, ma è evidente che lo squilibrio è strutturale. Insomma, non è questione di un mese o due, ma di capire in che direzione si vuole, e può, evolvere.
Basterà l’Imu a salvare la baracca? Attendiamo naturalmente di conoscere i numeri della “stangata” in arrivo (e che altro potremmo aspettarci?), ma ne dubito.
E poi è chiaro che, con un’economia in costante contrazione e redditi già “appesantiti” da balzelli nazionali di ogni tipo (a partire dalla benzina), è impensabile che, nei prossimi mesi e anni, gli alessandrini debbano pagare alla galassia di Palazzo Rosso un pedaggio oltre decenza.
Insomma, siamo al dunque, che è sempre quello: attività che fanno fatica a stare in piedi, con personale molto abbondante, imbarcato nel tempo (e non solo negli ultimi cinque anni, in realtà) in base a logiche intuibili.
Il precedente governo cittadino, teoricamente di centro destra berlusconiana, avrebbe dovuto avere un approccio liberal efficientista. Nei fatti sappiamo che è andata un po’ diversamente.
Ora Rita Rossa e il centro sinistra, dopo aver in campagna elettorale esaltato l’importanza dei pubblici servizi e la centralità del ruolo del Comune, avranno la forza (ma soprattutto le risorse) per scongiurare una politica di ulteriori dismissioni?
E, nel caso, cosa ancora si può vendere? “Il gas probabilmente, non certo il teatro, o il trasporto pubblico: e chi se li piglia? E poi ci sono naturalmente i servizi sociali, che vanno garantiti”, mi ha detto l’altro giorno un politico di area Pd.
E in ogni caso, anche ammesso di riuscire a risanare parzialmente i conti vendendo gli ultimi gioielli di famiglia, ciò non potrebbe (più) avvenire mantenendo al contempo costose sacche di inefficienza strutturale.
Da questo punto di vista, il dissesto è forse politicamente auspicabile. Nel senso che imporrebbe per legge una serie di limitazioni e scelte obbligate, che in caso contrario un’amministrazione di centro sinistra avrebbe qualche difficoltà a giustificare, almeno con una parte del proprio elettorato. E che però, in una situazione disperata come quella alessandrina, non si vede come possano essere comunque evitate.
E in ogni caso, gira voce che, all’idea che nei prossimi 12 mesi si debba procedere comunque con politiche di austerity e tagli, qualche potenziale assessore abbia scelto di fare un passo indietro, non volendo indossare la maglietta del rigore. Sarà vero, o è la solita storia di chi, caduto da cavallo, sostiene che comunque voleva scendere?
E. G.