Naturalmente in democrazia chi prende più voti vince, e chi non va a votare sceglie di non esserci, quindi non conta. Le teste più “fini” del centro sinistra alessandrino però, già in queste ore, mettono le mani avanti, e riconoscono che, quando alle urne va solo il 41% degli aventi diritto, qualcosa non funziona più.
Il punto non è delegittimare Rita Rossa, che è a pieno titolo il nuovo sindaco di Alessandria, e dovrà ora scalare una montagna fra le più ripide, tra emergenze oggettive e scelte che, per forza di cose, nei prossimi mesi potrebbero anche essere impopolari.
Però se il Pd e i suoi alleati locali si mettessero a gioire, solo perché Pdl e Lega sono messi peggio, mostrerebbero di non aver capito molto di quanto sta succedendo non solo ad Alessandria, ma in Italia.
Siamo davvero di fronte alla fine della seconda Repubblica, ed è una fine ingloriosa, per delegittimazione popolare. I partiti dell’arco parlamentare (e pure gli altri a sinistra del Pd, che subiscono il paradosso di non essere in Parlamento, ma di essere lo stesso vissuti dalla gran parte dell’elettorato come regime) sono arrivati sin qui negando l’evidenza, e facendo finta che l’alternanza centro destra-centro sinistra potesse continuare a “tenere”: non so davvero se saranno in grado, nei prossimi mesi, di “cambiare pelle” in maniera credibile, ma lo scopriremo.
Poi c’è Alessandria: che certo deve essere inquadrata nel contesto nazionale, ma che in questi anni ha anche vissuto di dinamiche proprie, e di un percorso davvero “dissipatore” da parte del sindaco Fabbio e della sua giunta. Forse soltanto il suo collega, sindaco di Parma, è riuscito a fare di peggio.
Per cui, se Rita Rossa diventa sindaco su per giù con gli stessi voti con cui Mara Scagni fu “cacciata” da Palazzo Rosso nel 2007 (per cui non proprio di trionfo si tratta), è altrettanto vero che uno sconfitto a tutto tondo in città lo abbiamo, e si chiama Piercarlo Fabbio.
Vi ricordate la netta vittoria del centro destra nel 2007? E la lunghissima luna di miele di Fabbio con gli alessandrini, tra dilettanteschi inni della città e Bruno Vespa a far da gran cerimoniere del Piano Strategico?
In parallelo però (ed erano in pochi, ed inascoltati, a segnalarlo) cominciava una gestione della finanza di Palazzo Rosso che definire creativa è certamente poco, tra teorizzazioni di “politiche anticicliche di tipo keynesiano” e privatizzazioni assai poco redditizie. “Se la vittoria ha sempre molti padri, stavolta la sconfitta non è orfana, ma ha un nonno”, mi dice spesso un amico, spirito arguto, facendo riferimento alle responsabilità (parlo di quelle politiche: delle altre si occuperà eventualmente chi di competenza) dell’ex assessore al Bilancio, prof. Vandone.
Ma certo un sindaco risponde in prima persona della scelta dei propri collaboratori, e del resto va dato atto a Piercarlo Fabbio di non aver mai scaricato colpe e responsabilità su nessuno (o almeno su nessun componente del proprio staff politico: il discorso del rapporto con i dirigenti di Palazzo Rosso è probabilmente diverso, e in parte ancora da esplorare).
Comunque: passare da un consenso ampiamente maggioritario nel 2007, a meno di 8 mila preferenze al primo turno (e circa 10 mila voti al ballottaggio) nel 2012 è una bocciatura senza appello da parte dell’elettorato. Del resto il centro destra non deve ricostruirsi solo qui da noi, ma in tutto il Paese: torneremo ad occuparcene presto.
Così come seguiremo con attenzione le prime mosse della neo sindaco, a cominciare dalla scelta dei collaboratori più fidati. Passaggio delicatissimo: chiedere per informazioni a Mara Scagni e Piercarlo Fabbio.
E. G.