Censimento 2011: scomparsi quasi 6 mila alessandrini

Alessandria come la provincia cinese, o indiana. Ossia con un numero di residenti che fluttua allegramente tra gli 89 e i 95 mila, a seconda dei rilevamenti. Ma non siamo nell’epoca dei controlli elettronici incrociati? Se ogni nostro singolo movimento è tracciato e controllabile, vi pare possibile che la stessa residenza, e forse esistenza, di tanta gente possa essere in dubbio?

Eppure secondo l’Istat, in base ai risultati del censimento 2011, siamo 89.490, per l’anagrafe del Comune molti di più: 95.192 a fine 2010. E, con le elezioni amministrative alle porte, nei prossimi giorni avremo senz’altro qualche altro dato significativo.

Ma questo “giallo” dei quasi 6 mila alessandrini fantasma è emblematico del fallimento di questo Paese. Perché non si scappa: o l’anagrafe di Palazzo Rosso non sa fare il proprio mestiere. Oppure la manifesta incapacità è del censimento, delle sue metodologie e del personale che se ne occupa. Francamente sono più propenso a questa seconda ipotesi, considerata anche la tecnica “volontaria” utilizzata: in sostanza un’autodichiarazione, con minaccia di ammende “a babbo morto”.

Ebbene, sapete quanto è costato un censimento del genere, a livello nazionale? 590 milioni di euro, evidentemente assai mal spesi. Rimango dell’opinione che la strada per salvare il Paese (oltre naturalmente a far piazza pulita di nomenklature corrotte) non sia tagliare servizi e diritti, salassando gli italiani onesti, come sta facendo Monti con la complicità di Pdl, Pd e Udc.

Si devono invece dimezzare i costi di una spesa pubblica folle, satura di progetti e iniziative “da parata” o da falsa statistica, completamente inutili e finalizzate solo alla conservazione dell’apparato.

Chiunque riesca a farlo avrà il plauso della totalità del popolo italiano. E dico totalità per segnalare tutti i rischi correlati.

E. G.